Nel Cenacolo di Leonardo da Vinci si rappresenta il momento più drammatico e significativo delle ultime ore di vita di Cristo, narrate nel Vangelo secondo Giovanni, quando il Redentore annuncia consapevolmente il suo destino, pronunciando le seguenti parole: “Uno di voi mi tradirà”. All’ascolto della terribile previsione, gli apostoli atterriti si animano, passando da gesti di stupore a gesti di stizza, incredulità, dubbio, e incertezza. La traduzione tridimensionale del Cenacolo, esposta presso il Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, dove si colloca il capolavoro originale, frutto dell’ingegno e delle sperimentazioni tecniche di Leonardo da Vinci, ha richiesto di restituire i valori prospettici visivi, tipicamente quattrocenteschi, in valori plastici tattilmente percepibili. Le linee guida ricavate in piani convessi corrispondenti a profili staccati, aggettanti rispetto al piano di posa, codificano la prospettiva e la rendono dato tangibile. La realizzazione in scala ridotta, rispetto all’originale, della traduzione in bassorilievo del dipinto murale, tiene conto delle soglie tattili ed è stata curata in ogni minimo dettaglio, per restituire al lettore le qualità estetiche del dipinto, e permetterne un adeguato apprezzamento. Similmente, nella traduzione in disegno a rilievo del capolavoro, progettata e realizzata in collaborazione con il Museo Tolomeo, sono stati rispettati gli stessi valori formali e iconografici, per riprodurre in forma sintetica ma esaustiva la medesima composizione pittorica. Per una descrizione approfondita dell’opera, vale leggere le parole di Johann Wolfgang Goethe che, dopo febbrile gestazione, nel 1817 scrisse forse le pagine più belle che si ricordino sull’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. La sua descrizione risulta folgorante per chiunque si accosti al capolavoro e desideri penetrarne con sensi, cuore e intelletto, il contenuto evangelico e umano. Il poeta e pensatore tedesco restituisce al lettore il flusso di emozioni che attraversa i dodici apostoli, mentre Cristo annuncia consapevolmente il suo destino. All’ascolto del Maestro, gli apostoli atterriti si animano, passando dallo stupore all’incredulità, dal timore all’incertezza, dall’annichilimento alla reattività: ne deriva una riflessione lucida e sincera sulla natura umana e sulla sua complessità. I tredici personaggi, scrive Goethe, sono ritratti “dall’adolescente al vegliardo: uno pacatamente rassegnato, uno spaventato, undici eccitati e turbati dal pensiero di un tradimento in seno alla famiglia. Qui si osserva l’atteggiamento più mite e più composto fino all’esternazione delle più violente passioni. Se tutto questo doveva essere preso dalla natura, quale il tempo richiesto per scovare tanti particolari e rielaborarli nell’insieme! Perciò non è affatto inverosimile che Leonardo abbia atteso all’opera per sedici anni, senza giungere a conclusione né col traditore, né col Dio fatto uomo, e proprio perché entrambi sono soltanto concetti, che non si vedono agli occhi”.
Il Cenacolo è infatti un’opera totale, in cui si coglie l’ineguagliabile forza con la quale l’artista penetra la natura fisica e metafisica delle cose, la verità e il mistero, in termini sia teologici che filosofici. Anche per questo l’opera, frutto della tecnica pittorica sperimentale di Leonardo, dipinta a tempera e olio su gesso, afflitta da lento ma inarrestabile degrado, evoca in noi i principi di transeunte ed eternità, nonostante il soccorso e il meraviglioso recupero operati nell’ultimo restauro. Nei primi giorni di maggio il Museo tattile Anteros dell’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza di Bologna ha dato formazione professionale alle guide del Museo del Cenacolo e ai referenti dei servizi educativi della Pinacoteca di Brera, mediante lezioni di descrizione ed esplorazione tattile del Cenacolo vinciano. Ne è emersa un’esperienza di indiscusso valore, profonda sia per la competenza e l’impegno delle guide, sia per la volontà di apprendere e applicare stabilmente le metodologie didattiche acquisite, con un servizio educativo strutturato, dedicato ai visitatori non vedenti e ipovedenti, da tempo pensato.