Al centro della guerra

Dal Pronto Soccorso del Sant’Orsola a Gaza con Emergency: la testimonianza del dottor Giorgio Monti
Silvia Colombini

Dopo ormai quasi un anno passato in Palestina nella clinica di Emergency, il dottor Giorgio Monti, medico dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna, ha visto e vissuto tutti gli orrori di una guerra che pare non avere fine. Lo ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato.

 

Lei è in Palestina dall’ottobre 2024. Come si è evoluta la situazione da allora?

 

I cambiamenti sono stati molti. Al mio arrivo le azioni militari ed i bombardamenti erano continui per cui, per motivi di sicurezza, c’erano molte restrizioni anche solo per gli spostamenti. La popolazione di Rafah (città completamente distrutta) era per la totalità sfollata nell’area “umanitaria” così come molti abitanti della città di Gaza e di Khan Younis. Le città avevano subito imponenti danni, ma alcune strutture ospedaliere in precedenza danneggiate riuscivano a continuare l’attività. Le aree di residenza erano degli accampamenti fatti in fretta con pali di legno e teli di plastica dopo fughe precipitose. Non c’era stata la possibilità di pianificare la costruzione di cucine, servizi igienici né procurare rifornimento di acqua pulita. Le condizioni di vita erano per tutti difficili in particolare per i più sfortunati e i meno abbienti che si sono rifugiati sulla riva del mare sulla costa ad Al Mawasi. Con l’arrivo dell’inverno sono stati quelli che hanno pagato un ulteriore pegno alla guerra; è in questi posti che alcuni bimbi sono addirittura morti per il freddo. Proprio in questa zona, in attesa di ottenere i permessi per costruire una nuova clinica, abbiamo aperto una collaborazione con un’organizzazione locale per la gestione di un ambulatorio di medicina di base. A gennaio abbiamo aperto anche la “nostra” clinica. Nello stesso periodo è stato raggiunto un accordo per il cessate il fuoco che però è stato rotto a marzo. In contemporanea sono stati chiusi i confini all’ingresso di generi alimentari e materiale medico. Rapidamente le condizioni di vita quotidiana sono molto peggiorate per carenza di medicinali, cibo ed acqua pulita, aumento di feriti diretti per azioni militari, distruzione progressiva di strutture sanitarie come ambulatori ed ospedali. Il numero di accessi alle nostre cliniche è progressivamente aumentato. Le continue richieste di apertura dei confini e della cessazione dei bombardamenti sono rimaste senza risposta e così i pochi prodotti presenti al mercato hanno raggiunto prezzi proibitivi. La farina a 20 dollari al chilo, pomodori 15 dollari, 1 uovo 5 dollari, niente carne o frutta fresca. Rapidamente sono aumentate le patologie legate alle carenze alimentari e alla scarsa igiene: gastroenteriti, scabbia. L’attacco via terra di maggio su Khan Younis ha spinto altre persone a cercare rifugio nell’area “umanitaria” peggiorando le condizioni di vita. La malnutrizione (malattia sconosciuta in precedenza a Gaza) è diventata un flagello fino (ad agosto) alla dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dello stato di carestia.
Quando le azioni militari si sono, a settembre, concentrate a Gaza City dove abitavano 90.000 persone non c’era più posto per le centinaia di migliaia di persone che hanno comunque cercato riparo aumentando la densità abitativa a valori incredibili: 11 volte la densità di città come Milano. L’otto ottobre l’annuncio del cessate il fuoco ha acceso una luce in fondo al tunnel. Nel momento in cui scrivo è ancora presto per sapere se questa promessa sarà mantenuta.

Palazzo distrutto a Gaza City - foto Archivio Emergency

Qual è la vostra attività nella clinica di Emergency?

La clinica di Emergency ad Al Qarara (Khan Younis) è suddivisa in diverse sezioni. Un’area di Pronto Soccorso dove stabilizziamo feriti o malati instabili; una sala per medicazioni dove rivediamo anche pazienti operati in altri centri; nei 4 ambulatori di medicina di base malati acuti sono per la maggioranza minori con malattie dell’apparato respiratorio, infezioni gastroenteriche, infezioni della pelle e infestazioni di scabbia e pidocchi. I malati cronici sono adulti e anziani affetti da ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, diabete mellito. Nel consultorio con assistenza materno infantile supportiamo i sistemi di family planning. L’ostetrica e la ginecologa fanno controlli a donne in gravidanze ed in allattamento. In collaborazione con il Ministero della Salute abbiamo giornate dedicate alle vaccinazioni per neonati e bambini in età scolare. In collaborazione con UNICEF facciamo screening per valutare lo stato nutrizionale in particolare di bambini e donne in gravidanza o in allattamento. Quelli (non pochi) che presentano le caratteristiche cliniche della malnutrizione vengono presi in carico dal personale del nostro staff con visite settimanali e diamo loro cibo terapeutico e integratori alimentari.

Il dottor Giorgio Monti - foto Archivio Emergency

Le persone fragili, i bambini, chi sopravvive, cosa può sperare per il suo futuro?

Sarà molto difficile per tutti ritrovare un sistema di vita non solo possibile, ma anche dignitoso. La quasi totalità (90%) di case, strade, sistema di distribuzione di acqua ed elettricità è stata danneggiata in modo grave. Sono come sempre i più fragili ad essere più esposti. Si stima che siano necessari fino a 20 anni per ripristinare le infrastrutture distrutte. I bambini non hanno scuole né spazi per socializzare o giocare; non dimentichiamo che si stima che il 10% degli ordigni sganciati siano inesplosi e rimangono pericolosissimi in particolare per i bambini che con la loro curiosità potrebbero scambiarli per giocattoli.

 

Dove trovate l’energia e il coraggio per affrontare questi drammi, lei e i suoi colleghi di Emergency?

A volte le giornate sono difficili. L’onda delle emozioni è forte, ma siamo esperti e addestrati ad affrontarle. La motivazione che ci spinge, associata all’esperienza accumulata da tutta la famiglia di Emergency in 30 anni di impegno in aree di guerra e di emergenza dove la violenza purtroppo è quotidiana ci sostiene e ci aiuta a trovare le risposte che possono sembrare troppo grandi. Per noi è anche molto sentito il supporto che arriva con il sostegno e le attestazioni di stima ed affetto delle persone. Ci fanno capire quanto sia importante essere parte di un’umanità che ha in mente quali siano i valori di solidarietà e aiuto che stiamo cercano di portare anche a nome di tutti loro.

Nuova clinica, due bambini seduti osservano gli operatori - foto Archivio Emergency

C’è qualcosa che possiamo fare noi dalle nostre case per aiutare?

Innanzitutto, vorrei ringraziare tutti quelli che, come voi, si interessano a quanto succede. È importante che si mantenga attiva l’attenzione e la consapevolezza riguardo questo dramma. Per essere poi anche pratici, è sempre possibile supportarci economicamente con donazioni che possono essere effettuate attraverso i canali che Emergency mette a disposizione.

 

Questa guerra che sembra un’Apocalisse biblica, cos’ha di diverso rispetto a quelle che lei ha attraversato in passato?

Le guerre sono sempre lo strumento sbagliato per risolvere le dispute. La sofferenza dei civili è un prezzo inaccettabile. In questa guerra l’accanimento sulla popolazione civile è stato massimo con la distruzione sistematica di strutture, case, ospedali e scuole. In tutte le guerre le persone cercano riparo con la fuga, generando flussi di profughi in cerca di rifugio; la striscia di Gaza è un’area chiusa. Non ci sono aree sicure. Nessuno è potuto scappare amplificando il numero di vittime e dolore. Ci sono famiglie che hanno montato e smontato fino a 10 volte le povere tende improvvisate spinte dai movimenti dei carri armati o dalla frequenza degli attacchi militari, ma anche le cosiddette aree umanitarie sono state fatte oggetto di bombardamenti. Tutto qui è amplificato proprio da questo continuo alternarsi di paura, persone ferite, violenza e il ripetersi di tentativi di fuga alternati alla certezza di essere nuovamente in pericolo.

Palazzi distrutti a Gaza City - foto Archivio Emergency

 

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