L'Universo tra le dita

Storie di scienziati, ipovedenti e non vedenti, che possono aiutarci ad abbattere i pregiudizi che ecludono i portatori di tali disabilità dallo studio delle discipline scientifiche
Alberto Zanelli

A metà luglio, appena venuto a conoscenza dell'esistenza di questo libro, ho scritto all’editore per chiedere se ci fosse la versione digitale e lui mi ha prontamente risposto: "Al momento no, forse nei prossimi mesi." Mi sono quindi armato di videoingranditore e ho affrontato questo agevole volumetto in cui Michele Mele, classe 1991, ricercatore ipo-vedente in Ottimizzazione Combinatoria presso l'Università degli Studi del Sannio, racconta le storie di nove scienziati e una scienziata ipo-vedenti o non-vedenti del passato e del presente. Le dieci biografie sono presentate in ordine cronologico ma l’autore ricorre a frequenti richiami delle storie degli altri personaggi rendendo la lettura piacevole e coerente.

Euler, che noi italiani conosciamo come Eulero, è indubbiamente il protagonista più famoso, gli altri sono poco conosciuti ai più, ma merita conoscerli per capire, anche dalle loro parole nel caso dei viventi, come hanno fatto a intraprendere carriere scientifiche nonostante il deficit visivo, per dirla con Francesco Guccini: "con ali più piccole per lo stesso volo".

L'Universo tra le dita - Michele Mele, Edizioni Efesto, copertina del libro

Se i teoremi di Eulero sono abbastanza noti, quello di Baggett, altro matematico non vedente, è roba per specialisti ma Baggett suscitò talmente tanta fiducia nei suoi colleghi da essere eletto direttore del Dipartimento di matematica nella sua università. Si parla anche del matematico statunitense Nemeth inventore del codice per insegnare matematica superiore ai non vedenti ma anche del modo corretto per dettare ad alta voce la matematica (MathSpeak) entrato poi nei corsi di formazione per insegnanti in generale, e non solo per quelli di supporto ai non-vedenti.

L’autore individua nella fiducia di genitori, educatori, compagni di vita e colleghi, la condizione per consentire a ipo e non-vedenti di soddisfare le proprie aspirazioni liberando così l’entusiasmo che stimola a sfruttare al massimo il potenziale della mente. “Non è poi così difficile creare un ambiente inclusivo, un contesto che consente alle menti dei non-vedenti e degli ipo-vedenti di seguire una naturale vocazione”. Proseguendo sempre con le parole del dott. Mele: “In un mondo quasi esclusivamente visivo come la scienza, l’astrazione raggiungibile da una mente non vincolata da un senso a volte fuorviante come la vista, può svelare nuovi sentieri mai battuti prima [ … ] Anche se identificati come sinonimi, vedere e osservare non sono propriamente la stessa cosa. Chi vede si limita a ricevere un impulso luminoso sulla propria retina, chi osserva ha un preciso obiettivo, nel caso di un esperimento è la comprensione di ciò che vede. In poche parole, chi osserva vede ma non è detto che chi vede osservi. "Gli altri protagonisti sono ancora matematici e fisici, due ingegneri, un medico, un entomologo e due chimici tra i quali voglio menzionare l’unica donna raccontata nel libro, la dott.ssa Mona MInkara, “primo accademico donna di fede islamica e non-vedente della storia degli Stati Uniti” che nel 2019 è stata insignita del Holman Prize, premio dedicato alla memoria dell’avventuriero non-vedente britannico James Holman. Ed ora che con il mio videoingranditore ho letto questo libro cartaceo mi rendo conto che la versione digitale è poco importante perché “L’universo tra le dita” merita di essere letto soprattutto dai cosiddetti normo-vedenti per abbattere quei pregiudizi che escludono ipo-vedenti e non-vedenti dalle discipline scientifiche e non consentono loro di esprimere le proprie potenzialità portando un contributo intellettuale non mediato dal senso della vista.

Con questo libro Michele Mele aveva visto giusto perché nell’aprile 2022 ha ricevuto il Premio Speciale Logos Cultura alla rassegna letteraria Città di Cattolica tra migliaia di concorrenti di tutto il mondo.

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