Pieces of a woman

Rendersi conto di essere soli, singole pedine nell’immenso puzzle dell’incomunicabilità umana
Enzo Vignoli

La traduzione letterale di Pieces of a woman è “Pezzi di una donna”. Drammaticamente efficace il titolo del film, che preannuncia la disgregazione della protagonista all’interno della storia. L’unità si sgretola perché le singoli parti che la compongono non trovano più le controparti cui aderire. L’utilizzo della brutale e meccanica parola “pezzi” può portare all’immagine dell’“essere a pezzi”, anche se il termine induce qui il senso di una lacerazione fisica e mentale che il tempo e l’usura hanno sottratto a tale espressione.

Lo scollamento di Martha Weiss dal senso di realtà avviene attraverso il piano sequenza lungo 23 minuti in cui assistiamo al suo parto fra le mura di casa, col rapido precipitare in tragedia. L’intensità drammatica di quei momenti interminabili inchioda lo sguardo di chi osserva. Impossibile definire una linea unitaria che descriva le potenziali reazioni emozionali degli spettatori di fronte a quella scena e a tutto ciò che ne consegue. Da quel momento, la protagonista si rende conto di essere sola, e di fronte allo schermo non si è che singole pedine nell’immenso puzzle dell’incomunicabilità umana.

Locandina del film "Pieces of a woman"La donna smarrirà le coordinate che le consentivano di gestire i propri complicati rapporti personali con le figure di riferimento: il compagno e la madre. Il primo non riuscirà a percepire quella tragedia in consonanza con Martha, tornerà vittima di alcool e stupefacenti e finirà col perdersi inseguendo un illusorio orizzonte amoroso, forse pago di un’ipotesi irreale e, pertanto, inconfutabile: “vorrei averti conosciuto prima”, dirà alla disponibile cugina/avvocato di Martha. Quasi defilata (dunque perfetta) l’interpretazione di Shia LaBeouf.

Più complesso e duro sarà l’urto con la madre Elizabeth, personaggio misto di patetismo e paternalismo centrato impeccabilmente da Ellen Burstyn. L’attrice si cala credibilmente nell’ingrato ruolo fallimentare di madre, dapprima incapace di evitare che la figlia si senta inadeguata nei suoi confronti e sostituendosi a lei nel cancellare la figura di Sean, non ritenendolo in grado di offrire a Martha una vita degna di questo nome.

A Martha non resta altro che rintanarsi in un rifugio alienante ma rassicurante: un fantasma che si aggira per le strade grigie e gelate di Boston avvolto nell’assenza sensoriale con l’atmosfera circostante.

In questa dolorosa storia l’uomo sembra non esistere, ma la donna pare quasi non avere un passato. È come se l’umanità fosse assente, incapace di dare un senso all’esistenza, niente di più di una gigantesca marionetta i cui plurimi fili siano azionati da una mano beffarda e indifferente. Ma la protagonista, non appagandosi della ricerca di un capro espiatorio per la sua tragedia umana, riesce ad uscire da quel cono d’ombra e manderà assolta dalle accuse di omicidio colposo e negligenza personale l’ostetrica che l’ha assistita. Soprattutto, poi, dimostrerà alla madre - con cui riannoda i fili di un rapporto spezzato – di voler tornare a vivere e di saper tracciare da sola il suo cammino esistenziale.

Scena del film "Pieces of a woman" - Nell'immagine gli attori Shia Labeouf e Vanessa KirbyAlla fine, però, la speranza è riposta nella natura. I semi di mela fatti germogliare da Martha daranno luogo agli alberi su cui si arrampicherà la figlia Lucy, che finalmente vivrà. Ma non c’è nessuna retorica consolatoria in tale conclusione, né l’adesione esplicita alla necessità di una trasformazione green del mondo, di cui oggi parlano in tanti, forse senza avere la capacità visionaria di realizzarla. Semmai, sembra confermata l’implicita impotenza dell’essere umano (nessun padre appare all’orizzonte) e, forse, l’impossibilità di sperare nell’azione di una provvidenziale mano esterna.

Si direbbe che la vicenda travalichi l’importanza di ogni aggancio storico e temporale e, come tale, sembra avere un valore universale, assoluto. Però, l’utilizzo di un dato tecnologico specifico fa retrodatare di diversi anni dall’oggi l’azione, e tale trasposizione nei momenti in cui si utilizzava ancora la pellicola fotografica si è forse resa necessaria per rendere più pregnante il calarsi degli autori nella propria vicenda autobiografica.

Il film - una cogestione di Canada, Usa e Ungheria - è visibile sulla piattaforma Netflix ed è vietato ai minori di 14 anni. Presentato in concorso al 77° Festival cinematografico di Venezia, che ha assegnato a Vanessa Kirby il Premio Volpi quale migliore protagonista femminile, Pieces of a woman , diretto da Kornél Mundruczó e sceneggiato da Kata Weber, è considerato da più parti il possibile destinatario dell’Oscar per il miglior film straniero.

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