Per aspera ad astra

Per comprendere il significato letterale e figurato della Divina Commedia è utile conoscere la differenza che sussiste tra simbolo e allegoria
Loretta Secchi

Ricorre quest’anno il VII centenario dalla morte di Dante Alighieri che la collettività vive in un clima di attesa e speranza. Per comprendere il significato letterale e il linguaggio figurato della Divina Commedia, e del valore iniziatico ivi contenuto, è utile spiegare la differenza che sussiste tra simbolo e allegoria. Il termine simbolo è, secondo alcuni studiosi, un fenomeno in cui convivono un senso diretto e uno indiretto. La colomba, ad esempio, oltre ad essere un volatile (senso diretto) è anche simbolo di pace (senso indiretto). Il primo contenuto del simbolo non scompare quando si precisa la natura del secondo. Tutti e due sono importanti. Il rapporto fra senso diretto e indiretto resta sempre stretto e deve basarsi su un rapporto di analogia e somiglianza. La particolarità del simbolo sta nel fatto che esso non è mai chiaramente interpretabile nel suo celato contenuto. L´allegoria, invece, è una figura retorica consistente nella costruzione di un discorso in cui i significati letterali dei singoli termini passano in secondo ordine rispetto al significato simbolico dell´insieme, che generalmente rinvia a un ordine di valori metafisici, filosofici e morali. Un messaggio è allegorico quando un testo può essere interpretato secondo il suo senso diretto o letterale e secondo uno o più sensi indiretti e figurati. Una delle differenze tra simbolo e allegoria consiste nel fatto che il secondo senso dell'allegoria non è mai inesauribile e inattingibile. L'allegoria trasmette valori sovrasensibili e nascosti, ma comunque decifrabili all'interno di un determinato accordo, o codice condiviso. Questi valori rappresentati come reali e concreti, diventano allusivi di una realtà diversa e, più generalmente, non hanno bisogno di spiegazioni ulteriori. Secondo Umberto Eco, nel Medioevo simbolo e allegoria furono intesi come sinonimi. Solo in età romantica, con Wolfgang Goethe, emerse una prima distinzione tra i due termini. Il procedimento dell’allegoria rivestì particolare importanza per gli uomini del Medioevo, per i quali la realtà terrena rimandava sempre ad un’altra, ultraterrena e provvidenziale. Essi vedevano quindi, in ogni aspetto della realtà naturale, un significato simbolico, una pansemiosi metafisica. Secondo questa prospettiva religiosa e trascendente, i segni impressi da Dio, al mondo manifesto, dovevano essere opportunamente decifrati. La Divina Commedia illumina Firenze - Domenico di Francesco Santa Maria del Fiore, Firenze (1417 - 1491)Il simbolo è dunque un riferimento a un’unità perduta che va ricomposta; perciò è logico che ogni aspetto della realtà naturale rinvii a un’essenza soprannaturale tale, da corrispondergli perfettamente. Così Dio si rivelerebbe agli uomini: attraverso la realtà, gli oggetti materiali e le Sacre Scritture. In entrambi i casi il senso letterale delle cose della natura, o delle parole sacre, si completerebbe nel significato allegorico delle stesse. Dante, con la sua Commedia, crea qualcosa di simile: nelle tre cantiche che la compongono, entro un flusso allegorico continuo, fatti storici e personaggi contemplati hanno insieme valore concreto e metaforico. Un noto critico tedesco, Erich Auerbach, ha cercato di dare una convincente motivazione al prepotente realismo che caratterizza l’escatologia dantesca. Egli ha osservato come nel Medioevo i fatti storici narrati nella Sacra Scrittura fossero stati interpretati come anticipazione di altri eventi particolarmente significativi nella storia della salvezza umana. Ad esempio l’esodo degli Ebrei dall’Egitto, di cui si parla nell’Antico Testamento, è un fatto storico, ma ne prefigura anche un altro, quello della liberazione dei cristiani dal peccato, ad opera di Cristo, fatto quest’ultimo che riguarda il Nuovo Testamento. Dunque il primo è “figura” del secondo e il secondo è “adempimento” del primo.Paolo e Francesca e Dante e Virgilio - Dante Gabriel Rossetti Santa Maria del Fiore, Firenze (1417 - 1491) Tale concezione, propria dell’esegesi biblica, sta anche alla base della Divina Commedia, dove ciascun fatto o personaggio non significa solo se stesso ma anche l’altro di cui è figura, mentre l’altro è completamento del primo e in qualche modo lo comprende. Lo sforzo di tradurre la poesia teologica dantesca in raffigurazione iconica, o illustrazione sussidiaria, comporta l’accettare di vedere pericolosamente “confinato” al contenuto didascalico, sia pur altamente estetico, il valore anagogico della visione. Anagogico è ciò che Dante definisce "sovrasenso", ovvero il significato spirituale che si somma a quello letterale, tipico delle Sacre Scritture. Il percorso di Dante, spiegato dal semiotico russo Jurij M. Lotman, è il cammino ascetico del pellegrino; mentre quello di Ulisse è il viaggio dell’esploratore. Entrambi, nella ricerca della verità, procedono, per aspera ad astra, letteralmente e metaforicamente naufraghi di se stessi: toccati dalla Pietas e sovrastati dal cielo.

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