Osservando il braille

Matteo Stefani e Sara Savini

Il racconto di due diverse sensibilità che ci fanno superare il concetto di visione collegato alla sola vista e riconducono il “vedere” all’interconnessione di tutti i sensi

È da alcuni anni, esattamente dal 2015, che frequento il Museo Anteros, prima come utente, essendo cieco, poi come collaboratore, e certamente questi ultimi due anni sono stati i più complessi, come è comprensibile. Nonostante il Covid, tranne nei momenti in cui era sospesa l'attività nei musei, siamo riusciti comunque a continuare le nostre attività accogliendo visitatori anche se in forma ridotta.

Tra questi vi è Sara Savini, fotografa recentemente diplomata all'Accademia di Belle Arti di Bologna, con cui ho svolto un percorso di esplorazione di alcuni bassorilievi su più incontri.

Qui di seguito la mia intervista a Sara dopo la mia visita alla sua mostra fotografica Aptico conclusasi lo scorso 14 gennaio.

Ritratto di Sara Savini - BolognaMi racconteresti brevemente la tua storia e come ti sei avvicinata alla fotografia?

Sono nata a Roseto degli Abruzzi, in una piccola cittadina vicino al mare e ho iniziato a scattare fotografie grazie a un vicino di casa che mi ha regalato una piccola macchina digitale all’età di dieci anni. Da quel giorno la mia vita è cambiata, mi piaceva catturare momenti della quotidianità o costruire dei set per fare delle foto.

Come hai poi sviluppato questa tua passione?

Ho deciso di portare avanti questa passione, intraprendendo studi inerenti, l’ultimo è stato il master in Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Cosa significa per te adesso? Che ruolo ha attualmente il fare foto nella tua vita?

Oggi fotografare significa rendere tangibile i miei pensieri, infatti attraverso il medium fotografico indago i temi come quello dell’inclusione, della cecità e la percezione del concetto di visione nella società contemporanea. La fotografia mi permette di trasformare in immagine tutto quello che apparentemente non vediamo nella nostra quotidianità e mi spinge a riflettere su cosa significa un’immagine, ossia non un prodotto unicamente retinico ma anche creato attraverso l’interconnessione dei sensi.

Come nascono le tue foto?

Attualmente le mie foto nascono dal concetto di visione, che nel mondo di oggi, ha principalmente un uso collegato alla vista. In realtà, il vedere, è qualcosa di strettamente interconnesso con i sensi che ci permette di costruire lo spazio in cui viviamo quotidianamente.

Mi parleresti della tua ultima mostra?

La mia mostra è stata inaugurata il 14 Dicembre 2021 e conclusasi il 14 Gennaio 2022 presso la Galleria Attitudes - spazio alle arti di Bologna.

È stata curata da Viviana Gravano e Loretta Secchi, con il Patrocinio dell’Istituto dei Ciechi F. Cavazza, i quali vorrei ringraziare immensamente. L’Istituto, inoltre, mi ha dato l’opportunità di stampare le didascalie e i testi in mostra in braille. Il progetto intitolato Aptico nasce da un’urgenza di sensibilizzazione sociale rivolta al tema dell’accessibilità; in questo lavoro la mia attenzione è rivolta verso il braille. Inoltre il medium fotografico mi ha permesso di isolare dal loro contesto i punti braille presenti sulle confezioni di medicinali ed alimenti e di trasformare la loro natura scultorea in un’immagine fotografica di natura bidimensionale.

Locandina della mostra ApticoMi potresti dare una descrizione generale del materiale che hai esposto?

Precisamente ho esposto diciotto fotografie di diverso formato stampate su carta fotografica e montate su un pannello di dibond con un distanziatore di 2 cm dalla parete, che dà una sorta di tridimensionalità a ogni opera esposta. All’interno dell’esposizione ci sono undici fotografie che sono disposte secondo l’alfabeto braille creando la parola VEDI. Ogni immagine è affiancata da una didascalia che riporta le lettere presenti nell’opera sia in braille che in nero.

Perché esporre delle immagini visive in cui è presente il codice braille che nasce e principalmente viene utilizzato come codice tattile per chi non può usare la vista?

Vorrei che le persone si focalizzassero di più a osservarlo. Che si sensibilizzassero all’importanza di introdurre il nome e le date di scadenza in braille nei prodotti di uso quotidiano, ad esempio negli alimenti, medicinali o prodotti di bellezza.

Che significato assumono i puntini del braille nelle tue opere?

I puntini sono come una sorta di abbecedario, al fine di spingere le persone a leggerlo e impararlo, visto che è un mezzo di comunicazione molto utile per scrivere e leggere.

Infatti ho affiancato a ogni fotografia, una didascalia dove c’è scritto il significato della parola in scrittura in nero e in braille. Inoltre è anche una riflessione su cosa significhi “scrivere”.

Mi spiego meglio: nel mondo contemporaneo viviamo una situazione in cui la scrittura e la lettura sono qualcosa “che si vede con gli occhi”. A mio parere, la società di oggi dovrebbe accogliere maggiormente la scrittura in braille perché permette di esplorare il senso del tatto e rendere più accessibile la comunicazione.

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