I soldati ciechi volontari in guerra

Hanno dimostrato che, molte volte, la volontà può aiutare a compensare le limitazioni poste da un handicap e che la società può e deve abbattere le barriere psicologiche e sociali
Irene Schiff

Tratto da 'La Voce dell'UNUCI' Notiziario della Sezione di Bologna dell'Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d'Italia di Gennaio-Aprile 2021

 

Esiste una pagina della nostra storia, militare e sociale nello stesso tempo, una storia che non tutti conoscono e che invece è importante ricordare o far conoscere a chi la ignora. Uomini ciechi che si sono offerti volontariamente come soldati aerofonisti, cioè come radar umani nella Seconda guerra mondiale. Persone scartate dal Servizio Militare, perché ritenute inadatte, inferiori, che invece si sono rilevate militari importantissimi e, ai tempi in cui il radar non era ancora stato inventato, insostituibili. Erano reduci, feriti nella Prima Guerra Mondiale, o giovani, o padri di famiglia che avevano perso la vista per incidenti sul lavoro o per patologie. Ci si rese conto che essi avevano un grande dono: avevano compensato il deficit visivo sviluppando una particolare sensibilità uditiva. Le persone non vedenti, non hanno un apparato acustico maggiore dei vedenti, ma si sono abituate a raffinarlo, a sfruttarlo meglio per riconoscere l’origine dei suoni. È un concetto totalmente diverso di come percepire il mondo circostante. Aerofonista cieco - cartolina 1942Per le persone vedenti, le cose sono la realtà e i rumori un’astrazione; per il non vedente, i rumori sono la realtà mentre le cose, spesso, sono un concetto astratto. Dal ritmo dei passi, riconoscono le persone dal tono nel parlare capiscono lo stato d'animo, dalla provenienza e tipologia di rumori, riescono a farsi una mappa mentale del luogo nel quale si trovano. Quali persone meglio di loro potevano ascoltare e quindi riconoscere il rumore di un aereo, la provenienza, quali persone meglio di loro potevano capire se si fosse trattato di un aereo amico o nemico e il numero degli aerei di una flotta? All’inizio della guerra, fu fatta la proposta di utilizzare questa loro sensibilità nel riconoscere gli aerei nemici e poter predisporre immediatamente l’attività di contraerea. Furono fatte molte prove e gli uomini ciechi risultarono sempre, non solo affidabili, ma anche superiori ai soldati vedenti. L’Esercito chiese allora alle persone cieche di diventare soldati volontari. Soldati, con la stessa divisa grigioverde e con sopra, la scritta “cieco’’ in oro. La risposta non si fece attendere: le domande per potersi arruolare furono più di 2500. La selezione fu molto severa: apparato uditivo bilaterale perfetto, prove di ascolto, percezione voci e rumori, prove militari con l’aerofano e con l’allenatore d'ascolto detto simulatore d’aereo. Caratteristiche psicologiche: grande forza di volontà, tenacia, coraggio, spirito di gruppo. Era gradito un buon grado d’istruzione. Alla fine 823 uomini ciechi superarono tutte le prove e furono dichiarati idonei. Il volontario soldato cieco più anziano, di cui si hanno i dati, era del 1882 il più giovane, del 1925. Foto di gruppo di aerofonisti ciechi - 1940/1945Con la Legge dello Stato 20 novembre 1939 N. 1827 i ciechi d’Italia entrarono con onore ed onere fra i cittadini soldati. Erano Reparti delle Milizie Contraeree ed Artiglieria Marittima per la ricezione aerofonica. L’aerofono, o ascoltatore, prima dell’avvento del radar, era l’unico apparecchio idoneo ad individuare un aereo in volo sia di giorno, ancora prima che fosse visibile, sia quando l’aereo risultava invisibile perché coperto dalle nubi o in voli notturni. Questi soldati erano quindi molto richiesti ed, in particolare, nelle zone più rischiose. La loro postazione era all’aperto, sopraelevata, senza alcun riparo di alcun genere. Erano esposti alle intemperanze delle stagioni, di giorno e di notte, dovevano mantenere massima concentrazione per lungo tempo, non potevano permettersi distrazioni né stanchezza. Sapevano che l’esercito, i civili, i loro commilitoni si fidavano di loro e si affidavano a loro. L’aerofono, che non avevano mai visto con gli occhi, era per loro una realtà precisa e lo “vedevano” con il tatto, l’udito, l’intelligenza. Rimanevano nella loro postazione anche sotto lo scrosciare dei proiettili, lo scoppio delle bombe, l'incursione dei nemici. Tra di loro ci sono stati morti, feriti, fatti prigionieri.Aerofoni sulla copertina de L'illustrazione Italiana - agosto 1939 Molti i riconoscimenti e le lodi che hanno ricevuto e molte, quasi un centinaio, le testate giornalistiche che hanno pubblicato servizi su di loro. Hanno dimostrato che, molte volte, la volontà può aiutare a compensare le limitazioni poste da un handicap e che la società può e deve abbattere le barriere psicologiche e sociali che troppe volte invece edifica. Uomini fra uomini, soldati fra soldati, non uccisero ma difesero. Alcuni di loro furono Decorati al Valore. Vorrei ricordarli e onorarli per l’esempio che hanno dato a noi tutti. Grazie a tutti loro e, se me lo permettete, grazie a mio padre che è stato uno di loro.

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