Coscienza geografica. La mission del museo

"... Occorre prendere in considerazione un più ampio sistema rispetto al quale il cervello rappresenta solo un elemento. La coscienza non è qualcosa che il cervello ottiene da solo. La coscienza richiede l'operazione congiunta del cervello, del corpo e del mondo." Alva Noë, Perché non siamo il nostro cervello. Una teoria radicale della coscienza, 2010.
Fabio Fornasari

Il Museo Tolomeo ha alcune parole chiave intorno alle quali si è fatto spazio: geografia, ascoltare e leggere. Tra queste la parola GEOGRAFIA che da sola motiva la scelta del nome del museo. Al museo non interessa una conoscenza erudita o superficiale della disciplina quanto sviluppare esperienze di coscienza geografica; in altre parole aiuta a sviluppare capacità di comprendere le relazioni spaziali tra le persone, le comunità e l'ambiente fisico, e di comprendere quanto questa dimensione sia importante per uno sviluppo vitale della persona. L’uomo non può conoscere apprendere, creare, sviluppare la propria mente se non attraverso il corpo immerso nel proprio ambiente, un corpo globale sia nel percepire che nell’esprimersi che nell’apprendere. Per primi sono i bambini a sviluppare la propria persona e la conoscenza del mondo attraverso gli scambi che stabiliscono ed assumono con il proprio ambiente. Si tratta di una esperienza motoria, non statica, ma in movimento, in cammino nell’atto della conoscenza di sé riflesso nel paesaggio. È quindi nell’esperienza spaziale, geografica che il bambino maturerà le sue affinità il linguaggio, l’organizzazione senso-percettiva, rappresentativa, simbolica. La realtà corporea permette al bambino di esplorare e conoscere l’ambiente che lo circonda per ordinarla e classificarla secondo un iter personale di apprendimento, secondo motivazioni, energie e ritmi propri. Cresciamo per contatto con il mondo, immersi nel mondo. Per crescere dobbiamo toccare il mondo, ma anche essere toccati dal mondo.

Restituire esperienze di attraversamenti urbani - Bologna

Mikel Dufrenne nel suo volume "L’occhio e l’orecchio" scrive che: “essere al mondo, è essere a contatto, cosa tra le cose, che allo stesso tempo tocca ed è toccata. Il tatto, è l’apice della prossimità; e allo stesso tempo ho anche bisogno della contiguità del mondo, perché manifesta al meglio questa reversibilità per la quale la mia carne è innestata sulla carne del mondo: non tocco le cose che per quanto esse mi toccano, e spesso esse prendono l’iniziativa; [...] Le cose non sono allora tangibili che tanto quanto lo sono io: noi siamo della stessa specie.

Comprendere Sant'Angelo: esplorare, conoscere, abitare il mondo e i suoi spazi prendendoli e agendoli con mano - Bologna

È da questo fondo di co-naturalità che emergo.” Quindi prendere coscienza dell’ambiente, essere toccati dal paesaggio intorno a noi, è vitale per la nostra crescita. Essere toccati vuol dire essere coinvolti da qualcosa che comprende la totalità della nostra esistenza. Non si tratta, quindi, di essere toccati da qualche parte. Siamo toccati. Ma anche che siamo toccati perché con il mondo formiamo un tutto; ancora meglio è nel mondo e con il mondo che prendiamo la nostra forma.

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