L'Assoluto in Natura, tra Oriente e Occidente

Assaporare l’esistenza accettandone la transitività
Loretta Secchi

Nello scorso inverno, a Bologna, presso il Museo Civico Archeologico, si è svolta un’importante esposizione di stampe giapponesi dedicata all’opera di due maestri incontrastati dell’Ukiyo-e: Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige. Con il termine Ukiyo-e, che tradotto significa rappresentazione del mondo fluttuante, si allude al principio di impermanenza di tutte le cose in natura. La poetica della transitorietà si diffuse in Giappone nel tardo periodo Edo, in un clima di rilettura culturale di antichi principi filosofici e mistici e portò l’Ottocento nipponico a reinterpretare i fondamenti filosofici buddisti del Mondo fluttuante. Il genere Ukiyo-e fece la sua comparsa nella stampa giapponese alla fine del Seicento ma il vocabolo ha origini molto antiche: inizialmente implicava una significazione buddista negativa, secondo la quale la vita (yo) sulla terra sarebbe tediosa (uki) e soprattutto transitoria, impermanente e destabilizzante in tutti i suoi aspetti fisici, in contrasto con la via della salvezza, possibile solo mediante un percorso interiore teso all’assenza di desiderio. Questa visione austera si addolcì progressivamente in un’epoca più intimista ed estetizzante, quale fu l’epoca Edo (1615-1867). Il vocabolo uki venne indicato da un ideogramma cinese differente, a rappresentare il significato di “fluttuante”. Con questa nuova significazione Ukiyo divenne un’esortazione a vivere, quindi ad assaporare l’esistenza accettandone saggiamente la transitorietà. La celebrazione della caducità della bellezza, mai privata di un’etica in cui forma e sostanza tendono a corrispondere, è però un'inevitabile presa di coscienza della finitezza umana e malgrado non si veni solo di malinconia, ha in sé la delicata poesia e la lieve tristezza dell’inizio e della fine delle cose. Spesso la stampa giapponese è un’istantanea, quasi una contrazione di sensazioni e sentimenti suscitati dalla natura, uno squarcio di poesia che affiora alla coscienza umana, esattamente come lo è uno haiku: breve componimento poetico nato in Giappone nel XVII secolo. Generalmente composto da tre versi per complessive diciassette more (sonorità) secondo lo schema 5/7/5. Il genere haiku, nonostante già noto e diffuso in Giappone, conobbe un fondamentale sviluppo tematico e formale nel periodo Edo (1603-1868), quando numerosi poeti, tra cui Matsuo Bash, Kobayashi Issa, Yosa Buson, utilizzarono questo genere letterario per descrivere la natura e gli accadimenti umani, intesi come fenomeni non meramente accidentali.
Great Wave off Kanagawa (La Grande Onda di Kanagawa - Hokusai

Una forza di contrazione ed espansione caratterizza l’haiku, esso condensa in pochissime parole un sentimento, per capacità di osservazione e sintesi della natura delle cose, con l’adozione di metafore intuitive e per funzione contemplativa e introspettiva della poesia. Nulla è superfluo in un componimento haiku, nulla è scontato. Tutto nasce per folgorazione e con grazia, esattamente come nella stampa giapponese che talvolta ospita versi poetici, non per sole funzioni illustrative, piuttosto per ragioni evocative. La ricerca puramente tecnica o scientifica nella restituzione dei fenomeni in natura sembra non toccare il genere Ukiyo-e. Proprio nelle opere di Hokusai e Hiroshige, ricondicibili rispettivamente alle Trentasei vedute del Monte Fuji e alle Cinquantasei stazioni di posta del T kaid, si avverte la delicatezza e profondità di una riflessione spontanea sulle costanti e sulle variabili della Natura. La stereotipia non tocca il genere Ukiyo-e, incline a cogliere il vero, come accade in un dipinto impressionista, senza obbligo di verosimiglianza. E non stupisce quanto i Maestri del genere Ukiyo-e fossero cari ai pittori francesi della seconda metà dell’Ottocento e quanto la tradizione olandese e romantica nordica avesse segnato gli artisti del Sol Levante. Qualcosa di affine traspare nella Grande Onda di Katsushika e nel Monaco in riva al mare di Caspar David Friedrich: per quanto diverse, le due rappresentazioni, vi è in esse un principio di compensazione interno che rende la tragedia (non palesata) del naufragio delle imbarcazioni al largo della costa di Kanagawa, un evento pervaso di coscienza corale dell’indomabile forza della natura, e la contemplazione del Monaco, al cospetto dell’incommensurabile, un interrogativo che, per umana condizione, indipendentemente da ogni fede e dogmatismo, resta senza risposta. Il Paesaggio assoluto di Hokusai e quello infinito di Friedrich, opere presenti in versione tattile presso il Museo Anteros, ed esplorate da persone non vedenti e ipovedenti orientali e occidentali, sembrano vedute, ma sono geometrie dell’anima.

 

Lettura tattile del bassorilievo "La Grande Onda" (Hokusai) - Museo Anteros Istituto Cavazza

 

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