Esiste un dipinto dell’età matura di Tiziano Vecellio, oggi custodito presso la National Gallery di Londra, che presenta una complessa costruzione allegorica e al Museo Tattile Anteros è presente nella collezione di bassorilievi, in forma di traduzione tridimensionale della pittura dedicata alle persone non vedenti e ipovedenti. L’Allegoria della Prudenza è un’opera emblematica e, come spiegano Erwin Panofsky e Fritz Saxl, in un saggio iconologico del 1926, si dà come “Una massima filosofica illustrata mediante un’immagine visiva anziché un’immagine visiva investita di connotazioni filosofiche”. Nel dipinto il significato concettuale è impenetrabile al primo sguardo. Esso ha tutte le caratteristiche dell’emblema, poiché partecipa della natura del simbolo, ma è particolare anziché universale; dell’indovinello, ma non è altrettanto difficile; dell’apoftegma, di natura visiva anziché verbale, e infine del proverbio, ma di carattere erudito, anziché tenere del luogo comune. Questo, di Tiziano, è inoltre l’unico dipinto in cui compare un vero e proprio motto o titulus che in latino recita: EX PRAETERITO PRAESENS PRVDENTER AGIT NI FVTVRA ACTIONE DETURPET, e tradotto suona: “Dalla [esperienza del] passato, il presente agisce prudentemente per non guastare l’azione futura”.
Gli elementi di questa scritta, tripartiti, sono disposti in alto nella composizione, e corrispondono coerentemente alle tre coppie di volti umani e di teste animali che rappresentano rispettivamente: passato, presente e futuro. Le tre divisioni del tempo sono poi subordinate al momento morale generato dalla condizione della Prudentia, una delle quattro virtù cardinali, a sua volta risultante dalla triplice e connessa scansione di memoria, intelligentia, providentia.
La rappresentazione di tre volti umani colti in tre età diverse: gioventù, maturità, vecchiaia, è da intendersi come visualizzazione dello scorrere del tempo, e anche se per diacronia volessimo leggere l’opera da destra a sinistra, secondo una traccia temporale lineare, ben presto capiremmo che, per essere penetrata nel suo significato iconologico, essa va letta da sinistra verso destra e in relazione all’iscrizione latina. Il riferimento all’immagine tricefala composta da un muso di cane, di leone e di lupo, va dunque connessa allo stesso concetto di temporalità ma storicamente deriva dall’attributo anticamente assegnato al Dio Serapide, equivalente egizio del Dio greco Apollo, simbolo di forza e ciclicità cosmica. All’origine l’immagine del mostro tricefalo prevedeva anche la presenza di un serpente che doveva avvolgere nelle spire i tre animali e rappresentare la ciclicità del tempo. Partendo da sinistra, in rapporto all’autoritratto di Tiziano anziano, compare un lupo; al centro invece, sotto il volto del figlio Orazio, vediamo un leone, e infine a destra, in asse con il ritratto del giovane nipote di Tiziano, Marco, scorgiamo il muso di un cane. Tiziano si autoritrae con toni cupi, quasi monocromi, pennellate sfibrate e pittura magra. Il suo volto è scavato dall’età e presenta lineamenti affilati che ritornano idealmente nella trattazione del muso del lupo, il cui profilo e i cui contorni sembrano confondersi con lo sfondo scuro. Si tratta di un colore a olio diluito, steso a campiture rapide, metafora di un sembiante che prelude l’estinzione fisica.
La testa del leone è quasi antropomorfa, lo sguardo del felino ricalca infatti quello di Orazio e volge in direzione dell'osservatore.
Qui la pittura si fa corposa. Vi è infine il cane mansueto e fiducioso associato a Marco. La mitezza dell’animale sembra accordarsi alla dolcezza e alla bellezza dei lineamenti regolari del giovane nipote. La luce invade il suo profilo e lo trasfigura. Potremmo dire che il futuro viene così presagito e immaginato fecondo.
E come il lupo è simbolo del tempo divoratore che consuma e conduce all’oblio i ricordi, rendendoli sfocati, il leone si offre quale segno di forza affermativa e vigorosa del presente, mentre il cane si dà come equivalente di speranza e aspettativa nei confronti del futuro.
Va detto che Tiziano realizzò questo capolavoro dell’intelletto e della pittura a scopi privati, forse proprio per ornare un “repostiglio” nel quale custodiva documenti importanti e valori raccolti in una vita attiva e colma di riconoscimenti.
Ancor più significativo è scoprire che l’artista celebra così la sua idea di eredità: materiale e spirituale al contempo. É un lascito per gli eredi il suo, ma anche un monito e un messaggio ai posteri, qualcosa che ancora oggi affascina l’osservatore, stimola l’immaginazione dei bambini e porta a riflettere tutti, indistintamente, sull’idea di continuità generazionale e su ciò che possiamo costruire e lasciare a chi opererà oltre il nostro agire e verrà dopo di noi.