Dal 27 giugno al 6 luglio 2015, presso il campeggio Villaggio del Sole di Marina Romea, si è svolto il Campo estivo riabilitativo Irifor “Un tuffo nel sole” rivolto a bambini e adolescenti con disabilità visiva e pluridisabili.
La vacanza, resa possibile dalla preziosa collaborazione dell’Istituto F. Cavazza di Bologna, è nata dal desiderio di offrire ai bambini/ragazzi non vedenti e ipovedenti un tempo e uno spazio per incontrarsi, stringere amicizie, divertirsi e mettersi alla prova in situazioni ed attività nuove.
Infatti, nel tempo libero e soprattutto durante il periodo estivo, quando le scuole sono ormai chiuse, per i bambini e gli adolescenti con disabilità visiva non è così scontato trovare, sul proprio territorio, contesti di aggregazione in grado di offrire ad un tempo momenti divertenti di svago ed attività formative e riabilitative specialistiche.
Con poche opportunità per sperimentarsi lontano da casa e dalla propria famiglia, molto spesso nei ragazzi disabili visivi appaiono rallentati o ostacolati i processi di separazione e individuazione che hanno a che fare con il crescere, diventare grandi, scoprire di farcela da soli, rendersi più autonomi e quindi accrescere la propria autostima e il senso di autoefficacia, imparando dal confronto con l’altro anche a conoscere meglio se stessi, superando alcuni ostacoli ma anche accettando i propri limiti.
Inoltre, soprattutto per quei bambini/ragazzi che partecipano per la prima volta, tale iniziativa rappresenta il primo incontro con altri bambini e adolescenti con una disabilità uguale o simile alla propria, il primo importantissimo momento di confronto con l’altro diverso ma simile a sé.
Appare evidente che i due fondamentali obiettivi del campo estivo erano: le AUTONOMIE e LE AMICIZIE. Potremmo certamente considerarli due pilastri del benessere personale, fondamentali nella vita e nella crescita di tutti i bambini e di tutti gli adolescenti, disabili e non disabili. Questi due aspetti sono reciprocamente connessi e sempre si influenzano poiché, se ci pensiamo, se ho degli amici non solo imparo dal confronto con loro ma per stare con loro io devo essere autonomo, io voglio essere autonomo. Inoltre, se sono autonomo (e meno dipendente dagli adulti di riferimento) sarà un po’ più facile per me stringere amicizie ed essere integrato nel gruppo dei pari.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati i 9 operatori (tra i quali la coordinatrice con esperienza pluriennale nel settore e una psicologa specialista delle problematiche connesse alla disabilità visiva in età evolutiva) hanno attuato alcune specifiche strategie, tra le quali: promuovere la motivazione e stimolare i bambini/ragazzi a fare da soli, attraverso uno stile educativo costruttivo, fiducioso, accogliente ma non assistenzialistico; valorizzare le risorse di ciascuno, rendendo i ragazzi più consapevoli e maggiormente responsabili nella gestione di sé e delle proprie cose; sviluppare situazioni esperienziali non solo nella relazione tra educatori e ragazzi ma anche attraverso il confronto e il tutoring tra pari.
Gli operatori si sono avvalsi di uno strumento di osservazione e di valutazione delle abilità e delle competenze personali: una griglia tratta dall’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, OMS 2001) costruita in base alle esigenze particolari di questo campo. Tale strumento è stato utile per mettere a fuoco specifici metodi operativi, per definire gli obiettivi e per personalizzare, ove necessario, gli interventi.
Il team organizzatore conosceva già quasi tutti i partecipanti (18 giovani di età compresa tra 9 e 16 anni) in quanto utenti del Servizio di Consulenza Educativa dell’Istituto F. Cavazza di Bologna: questa circostanza favorevole ha consentito di progettare attività mirate, con un’attenzione particolare alle situazioni di pluridisabilità per le quali sono stati previsti tempi, modalità e attività specifiche e personalizzate.
Impossibile elencare tutte le esperienze che sono state occasione di scoperta e di crescita per i giovani partecipanti al soggiorno, ciò nonostante si può tentare di raggruppare le attività svolte in 5 macro aree:
1 - orientamento e mobilità grazie all’intervento dello specialista Marco Fossati;
2 - attività creative e ricreative (laboratori espressivi-teatrali, laboratori musicali, momenti di gioco e di svago al mare o in piscina ed attività ricreative organizzate dal campeggio stesso);
3 - attività per il potenziamento di abilità manuali (laboratori di cucina e di piadina, laboratorio di mosaico, laboratorio di origami, giochi di modellazione e manipolazione con la pasta di sale, giochi volti a favorire il coordinamento bimanuale e la motricità fine);
4 - attività motorie e sportive: Judo con l’istruttore Marco Fossati; baseball grazie alla generosa collaborazione dell’Aibxc (Associazione Italiana Baseball Giocato da Ciechi); canoa; giochi col pallone e in acqua;
5 - laboratori di autonomia domestica/personale, attuati sia in momenti specifici (come disfare/fare la valigia o mettere in ordine la propria camera) sia nel quotidiano: riconoscere gli indumenti, piegare, vestirsi/svestirsi, rifare il letto, lavarsi e asciugarsi, versare l’acqua, provare ad utilizzare tutte le posate durante i pasti).
Un soggiorno di 10 giorni lontano da casa e dalle famiglie di origine ha favorito, nella maggior parte dei partecipanti, l’assunzione di una maggiore responsabilità nella gestione di sé, dei propri oggetti, delle proprie terapie mediche (es. assunzione di colliri) e nell’autogestione dei propri spazi e del tempo.
Il confronto con gli altri ragazzi ha consentito di innescare in alcuni la motivazione e l’orgoglio a fare da soli (anche solo a provare) uscendo dalla logica dell’assistenzialismo e dell’essere accuditi.
Si sono dunque verificati alcuni miglioramenti nelle autonomie personali e domestiche (lavarsi, vestirsi, a tavola), nel tenere in ordine le proprie cose e nella gestione autonoma delle proprie terapie.
Tali traguardi, però, risulteranno vani se il lavoro sulle autonomie non proseguirà nella vita quotidiana dei ragazzi, in famiglia e a scuola!
La presenza di un gruppo eterogeneo, ha consentito a molti dei partecipanti di sperimentarsi anche nel ruolo inedito di helper (aiutando, sostenendo, prestando le proprie cure ad altri bambini/ragazzi) e uscendo, dunque, dal ruolo che ben conoscono e che sperimentano ogni giorno di helped (ovvero di chi ha bisogno e riceve aiuto e cure dagli altri): le relazioni d’aiuto tra pari e di tutoring talvolta sono state incoraggiate dall’intervento degli operatori, altre volte sono nate spontaneamente fra i ragazzi.
Durante il soggiorno sono nate, o si sono consolidate, relazioni amicali e affettive fra i bambini/ragazzi molto intense e significative: formare un gruppo di amiche/i del cuore, così come intrecciare i primi rapporti amorosi sono aspetti fondamentali, soprattutto in adolescenza, per la costruzione dell’identità e per l’autostima di questi ragazzi.
I momenti informali tra pari, così come i laboratori espressivi-teatrali, hanno favorito nei giovani partecipanti il confronto, la riflessione sulle proprie e sulle altrui emozioni e una maggiore consapevolezza di sé.
Gli aspetti relazionali sono probabilmente quelli più sollecitati durante un’esperienza del genere e quelli che, anche nel breve periodo (anche in un soggiorno di soli 10 giorni), possono innescare cambiamenti evidenti e miglioramenti nel benessere dei ragazzi, nell’autostima, nella consapevolezza e nell’accettazione più serena di sé.