Il tempo dell'attesa

Tra eventi sospesi e attività rallentate, l 'Istituto Cavazza non si è fermato cercando di garantire servizi e sostegno anche in questi mesi difficili
Silvia Colombini

Questo numero di Vedere Oltre esce quando ci troviamo, ancora, al centro di un presente che, a volte, sembra non possa mai diventare futuro. Abbiamo attraversato diverse fasi e speriamo che, presto, non ci sia più bisogno di numerarle. La tragedia che, purtroppo, ormai conosciamo nel dettaglio, ha coinvolto, come tutti, anche l’Istituto Cavazza e le sue attività. Tra le altre, quelle dei Centri di Consulenza Tiflodidattica, che sono proseguite con un servizio di supporto legato alla didattica a distanza. Un team di esperti si è messo a disposizione per aiutare quanti si sono trovati ad affrontare problematiche informatiche, purtroppo frequenti con questa nuova modalità di insegnamento. Allo stesso modo, si sono intensificate le consulenze educative e pedagogiche necessarie per rimanere a fianco di famiglie e docenti durante le difficoltà, anche psicologiche, legate al periodo. Già, perché il lockdown e il nuovo modo di vivere hanno penalizzato ognuno di noi, ma soprattutto chi, sempre, vive una condizione diversa. Tutto il dibattito dei mesi passati, però, ha forse poco approfondito il tema delle persone disabili e non autosufficienti. Queste, sfavorite da servizi spesso carenti in situazioni cosiddette normali, si sono trovate a fronteggiare condizioni estreme senza, a volte, ricevere le dovute attenzioni. Per loro, l’affollamento di moduli ha provocato un paradossale deserto di procedure. Non sono stati a sufficienza presi in considerazione individui abituati a convivere con la fragilità ma, come e più degli altri, non attrezzati a orientarsi nel mondo profondamente cambiato dall’emergenza. Abbiamo imparato bene cosa significa distanziamento sociale che, per due milioni di ciechi, ipovedenti e pluridisabili, rischia di diventare sinonimo di isolamento. L’Uici (Unione italiana ciechi e ipovedenti), tramite il suo presidente Mario Barbuto, ha lanciato un appello per sensibilizzare Istituzioni e opinione pubblica sulle tante criticità affrontate. La carenza di supporti tecnici e assistenziali, dall’aiuto nelle uscite alle piattaforme di didattica online accessibili, ha reso ancora più problematico il periodo vissuto. Per questo l’Uici ha dovuto potenziare una rete di volontariato su tutto il territorio italiano, cercando di far fronte alle richieste e alle esigenze accresciute di tutti coloro che si trovano in una condizione di disabilità. Certo, una situazione come quella attuale prefigura un domani che potrebbe profondamente cambiare la quotidianità di ognuno di noi e avere conseguenze importanti per chi, ad esempio, non vede. Basti pensare all’impatto dovuto all’obbligo dei guanti per coloro che, attraverso il tatto, entrano in contatto con il mondo esterno. Per non vanificare le conquiste ottenute in termini di integrazione sociale e autonomia, sarebbe bene riflettere e trovare norme dedicate che possano permettere di mantenere una buona qualità della vita, compatibilmente con le regole che la nuova situazione impone per evitare la diffusione del contagio. Purtroppo, in questi mesi tanti eventi importanti, celebrazioni, lezioni, occasioni di studio e di incontro si sono dovuti fermare.

Rover in via Guerrazzi a Bologna durante i mesi del lockdown - foto di Silvia Colombini

È, però, rimasto sempre acceso il motore della passione, dell’impegno, della speranza che ha portato, ognuno di noi, a vedere oltre nel vero senso della parola. Mai come oggi, è vedendo oltre che possiamo immaginare un mondo nuovo. Vedere oltre, per cambiare le nostre prospettive, trovare nuovi orizzonti e, speriamo, nuovi modi di stabilire un contatto autentico, capace di sentire e di far sentire l’altro, chiunque esso sia, davvero vicino a noi.

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