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Gli anni TRENTA

Il commissario regio

Il primo atto di Cavazza fu di dimostrare al Ministro dell'Istruzione che l'Istituto aveva ottenuto risultati validi, attento ai nuovi compiti fissati dalle autorità, alla disciplina e all'amministrazione. Si mostrò però incerto se accettare l'incarico affidatogli. La risposta autografa del ministro Balbino Giuliano fu tale da convincere Cavazza , anche se non toglieva i dubbi sulla strada da intraprendere per attuare le riforme.

La vicenda mostrava come il clima dell'Istituto si fosse guastato e in questo contesto risultò determinante la posizione del vice-commissario Bruno Ferrari, scelto per affiancare Cavazza nel difficile compito della trasformazione dell'Istituto, convincendolo della necessità dell'operazione, sostenendolo nell'iniziativa, mantenendo i buoni rapporti con l'U. I. C. Ciò permetteva a Ferrari, quasi sconosciuto, di acquisire autorità, ed evitava l'inconveniente che Cavazza, messo improvvisamente da parte, divenisse il punto di riferimento per l'opposizione. Un'operazione delicata, nella quale il tatto e la fermezza di Ferrari, che seppe anche mantenere la assoluta fedeltà alle direttive di Nicolodi (il futuro direttore) ebbero un ruolo essenziale. Nell'estate 1930, Cavazza ripresentò le proprie dimissioni, motivandole sia con l'essere già avviate le riforme, sia con la gravosità dei propri impegni. Il Ministro accettò, chiamando a succedergli lo stesso Ferrari.

la morte di marabini

Si apriva così una nuova fase, non meno delicata della precedente, nella quale Marabini, dapprima invitato da Ferrari a ritirarsi dall'incarico di direttore, prese in considerazione l'idea a patto che la liquidazione fosse adeguata al lavoro svolto e ai benefici non goduti, e tale da togliere ogni sospetto di un licenziamento che sarebbe stato lesivo del suo buon nome. Siccome però la sostituzione del direttore era indispensabile per le altre riforme Ferrari, nel gennaio 1931, si affidò ad un avvocato: la procedura si presentava inevitabile, ma non era vantaggiosa per l'Istituto. La soluzione arrivò inaspettata: mentre ispezionava delle impalcature nell'edificio, Marabini cadde nella stanza sottostante. Uscitone illeso, accusò però ben presto forti dolori e, almeno per qualche tempo, non poté svolgere le proprie mansioni. La necessità di una sostituzione e l'opera di persuasione di Cavazza convinsero Marabini ritirarsi, mentre il commissario cercava di soddisfarne le richieste. La pratica si era appena conclusa che Marabini, forse per i postumi della caduta, morì.

due direttori in successione

A sostituirlo venne chiamato Alberto Costa, direttore a Reggio Emilia, che accettò l'incarico; il vero direttore, però era Nicolodi, del quale Costa appariva il delegato, anche se fu lui a raccogliere elementi che avrebbero dovuto essere decisivi per la ristrutturazione. Ammalatosi anch'egli, morì però dopo pochi mesi, nel settembre del 1931. Durante la malattia si deliberò di sostituirlo "pro tempore" con Paolo Bentivoglio, segretario regionale dell'U. I. C, in relazione con Ferrari, che venne nominato direttore nel settembre, lasciando definitivamente da parte Nicolodi.

Si era quasi giunti al cinquantesimo dell'Istituto, una data che, oltre ad essere motivo di celebrazioni e di pubblicità, si prestava a presentare nella luce migliore quanto era avvenuto in quell'ultimo anno, coprendo disillusioni e volontà di protesta alla vigilia della trasformazione definitiva.

Il cinquantenario

La riuscita delle manifestazioni produsse una buona impressione anche nei confronti dei provvedimenti già presi e della stessa figura del commissario. E, anche in questo caso, tutto procedette nel migliore dei modi: fu sciolto il Consiglio e tolto ogni motivo di contrasto fra "Unione" e dirigenti dell'Istituto, si risolsero alcuni dei maggiori problemi interni, si dichiararono disponibili da ogni punto di vista il Ministero e le autorità. Con deliberazione del Commissario, in accordo con le autorità, F. Cavazza fu insignito del titolo di presidente onorario a vita e l'Istituto fu intitolato al suo nome. Entrambi i riconoscimenti commossero Cavazza, che insistette perché il titolo comparisse già nel volume da pubblicarsi per il cinquantennio. Le manifestazioni celebrative, realizzate con larghezza di mezzi, riuscirono molto bene, anche per la fitta partecipazione di ex allievi: fu, insomma, una grande "festa in famiglia", che segnava insieme la conclusione di un passato, rappresentato ormai solo da Cavazza, ultimo superstite del gruppo dei fondatori, e l'inizio di un nuovo periodo.

Cambiamenti a fine decennio

Le celebrazioni del Cinquantesimo, consacrandone la posizione nella storia dell'Istituto, rialzarono il morale di Cavazza, che rimase in rapporto col Commissario e con tutti coloro che, giovandosi del suo nome e del suo prestigio, potevano procedere sulla via delle riforme. Innanzitutto fu sfoltito, per contingenze economiche più generali (la crisi del '29, la Guerra d'Etiopia) il corpo insegnanti, poi fu stilato un nuovo regolamento per il personale e gli allievi, la cui preparazione fu lunga a laboriosa e che teneva conto delle nuove esigenze e delle esperienze compiute. Il regolamento del personale limitò il personale in pianta stabile aumentando il numero degli avventizi. Quello dei convittori riaffermò con la massima chiarezza la necessità della disciplina non tollerando più, quindi, episodi come quelli del '26.

Ci fu poi un maggiore aggravio di spesa (alle quali contribuì anche lo Stato) per trasformare ll'edificio di Via Castiglione ed adattarlo alle nuove esigenze, scartata definitivamente l'idea di spostare altrove l'Istituto.

INDICE

Capitolo 7 - Gli anni quaranta

Premessa

Capitolo 1 - Dalle origini agli anni novanta dell'ottocento

Capitolo 2 - Tra i due secoli

Capitolo 3 - L'inizio del novecento fino alla guerra mondiale

Capitolo 4 - L'Istituto e la "grande guerra"

Capitolo 5 - Gli anni venti

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