Eredità e problemi
Tra i lasciti, quello del prof. Pietro Gamberini, luminare della Università di Bologna e cliente del Banco Cavazza, parve risolvere i problemi finanziari ed organizzativi dell'Istituto: fu allargato il Consiglio e sistemata la segreteria amministrativa, furono avviati lavori di restauro della nuova sede e si poterono accogliere nuovi allievi. Questa prosperità ebbe, paradossalmente, anche conseguenze negative: alcuni possibili finanziatori, infatti, si dedicarono ad altri settori di beneficenza ritenuti più bisognosi. Il fenomeno diventò particolarmente rilevante negli ultimi anni del secolo, ingenerando qualche preoccupazione nel Consiglio, al quale invece sembrava di non riuscire mai a fare quadrare il bilancio. Inoltre le traversie amministrative, dovute all'accoglimento di alcune eredità, durarono lunghi anni ed arrivarono fino al tempo del commissario regio, possiamo ben immaginare con quanto dispendio di fatiche, energie e risorse finanziarie.
Il Problema del lavoro
Lo scopo educativo si può dire in quegli anni raggiunto. Non altrettanto si poteva affermare per quello di porre i ciechi in grado di bastare a se stessi con il proprio lavoro. Sotto questo aspetto, il desiderio di allestire un "laboratorio esterno" rispose all'esigenza di consentire il lavoro dei ciechi usciti dall'Istituto, dal momento che non erano poche le difficoltà di trovare clienti per il proprio lavoro.
In pratica, l'attenzione dell'Istituto si orientò su due piani differenti: da un lato (il laboratorio interno) il desiderio di insegnare uno o più lavori ai giovani, dall'altro, la ricerca di sistemazione all'esterno. Problema più complesso, sia per le difficoltà di collocamento e di clientela, sia per essere questi lavori, in genere, scarsamente redditizi. Il moltiplicarsi poi, con il giungere al ventunesimo anno di età, delle dimissioni dei primi allievi ricoverati agli inizi dell'Asilo, e la loro difficoltà, una volta sottratti a un avvenire di miseria morale e materiale, di inserirsi all'esterno, spingevano su questa direzione.
Il "laboratorio esterno"
Accertate le difficoltà che i ciechi incontravano nel trovare ed eseguire lavori in proprio, la soluzione migliore sembrò quella di tenerli raggruppati in un unico stabilimento. L'istituzione del "laboratorio esterno" ebbe subito risultati: recuperò un gruppo di giovani ciechi al lavoro e alla speranza, trovò una via rispettosa della loro dignità per sostenerli economicamente, evidenziò davanti all'opinione pubblica il problema. Forse personaggi come Cavazza, Franchi e Salina, esperti di finanze e di investimenti, non erano del tutto convinti che il progetto potesse diventare produttivo, ma sentivano tuttavia di non dover lasciare inesplorata questa via. Fecero quindi di tutto perché l'iniziativa fosse produttiva e redditizia, cercando tutte le strade per promuovere le vendite e chiedendo agli interessati di "accontentarsi" dello scarso salario. L'esperimento iniziò nel 1899 e si concluse nel 1902 per la mancanza di sbocchi tali da far intravedere prospettive future.
Così si modificarono le cose: intanto il "laboratorio esterno" fu trasferito nell'Istituto, e poi si riesaminò la situazione dei ciechi dell'Istituto per limitare le spese. La ricerca di parità dei ciechi con i vedenti e la questione del fondo di assistenza erano ad una svolta. Il ruolo dell'Istituto sarebbe stato in entrambi i casi importante. E avrebbe avuto come riferimento il nome di Augusto Romagnoli.
Luci ed ombre
Gli anni 1898-1907 segnarono un profondo rivolgimento per l'Istituto: dall'ammissione di nuovi consiglieri al laboratorio esterno, dai problemi finanziari a quelli del personale, dalle dimissioni di alcuni consiglieri al cambiamento del rettore alla fondazione della sezione "Margherita", fu un susseguirsi di fatti dai quali
la fisionomia complessiva uscì profondamente segnata. I contraccolpi economici del fallimento del laboratorio esterno interessarono anche il personale: l'aspetto più significativo riguardò i maestri, in particolare quelli di musica, il cui insegnamento venne progressivamente ridotto. Altri elementi rendevano il quadro oscuro: tra essi ricordiamo un maggior numero di casi di malattia ed anche di morte fra gli allievi e la discussione sul concetto di cecità e semicecità. Si registrarono, però, anche una volontà di rinnovamento e di adeguamento dei servizi, risultati positivi nel campo dell'istruzione, l'installazione di un impianto di riscaldamento, l'acquisto di una macchina per scrivere ecc..
Il nuovo rettore
Questa 'crisi di crescita' portò al disaccordo fra il Consiglio e il rettore Angelo Pensa, che diede poi le dimissioni. Personalità forte, convinto, energico, ma insieme attento alle situazioni degli allievi, impegnato nella propria missione educativa, Pensa, sostenuto da Salina, si trovò a divergere in più di un punto dalle decisioni del Consiglio. Il dissidio era iniziato forse con l'avvio del laboratorio esterno, ma si era esteso a causa delle difficoltà di rapporti con gli allievi. Comunque fosse, dopo undici anni Pensa presentò le proprie dimissioni, che vennero accettate senza particolari commenti, ma solo facendo riferimento alle divergenze accertate. L'incarico di rettore, dopo essere stato assunto per un breve periodo da Salina, fu poi assegnato al prof. Alessandro Graziani. Al contrario di Pensa, che era venuto all'Istituto in giovane età, Graziani vi arrivava a conclusione di una brillante carriera. Un elemento che avrebbe contato - unitamente agli altri fattori di evoluzione dell'Istituto - nel diverso rapporto da lui instaurato con il Consiglio.
INDICE
Capitolo 3 - L'inizio del novecento fino alla guerra mondiale
Capitolo 1 - Dalle origini agli anni novanta dell'ottocento