Ut pictura poesis

Inauguriamo, dunque, con questa introduzione al tema della narrazione e traduzione per immagini di descrizioni poetiche, una serie di racconti esemplari
Loretta Secchi

Un celebre detto di Simonide di Ceo (VI -V secolo a,C.) recita: “La pittura è una poesia muta, e la poesia una pittura parlante” . Il tema dell’affratellamento delle due forme d’arte, per immagini e per parole, emerge anche in uno scritto retorico, Progymnàsmata, ovvero Esercizi preparatori, attribuito a Ermogene di Tarso (II sec. d.C.). Qui l’èkphrasis è definita come “Un discorso descrittivo che pone l'oggetto sotto gli occhi con efficacia”.

Sono enumerati quali temi della descrizione caratterizzata dall’enàrgeia: da intendersi come forza di rappresentazione visiva, “le persone,i momenti, i luoghi e tempi e molte altre cose”. Per la conoscenza del mondo antico le èkphrasis offrono motivi di interesse e non solo in un'ottica meramente letteraria: le descrizioni di luoghi, armi, oggetti, avvenimenti, cerimonie pubbliche, riti religiosi, persone, sono una preziosa miniera di informazioni, cui gli studiosi hanno attinto fin dagli albori degli studi antiquari per problemi di topografia, di storia dell'arte, di fisiognomica e di antiquaria. L’èkphrasis è sempre un descrivere con eleganza. Celebri esempi ne sono le descrizioni dello scudo di Achille nell’Iliade omerica e dello scudo di Enea nella virgiliana Eneide ma anche molti passi della Divina Commedia dell’Alighieri. L’èkphrasis è una descrizione del visibile in parole, come spiega Umberto Eco, in un suo saggio sulla traduzione intitolato “Dire quasi la stessa cosa”. La locuzione latina Ut pictura poesis, formulata dal poeta latino Quinto Orazio Flacco (I secolo a. C.), tradotta letteralmente significa "Come nella pittura così nella poesia" a dire "la poesia è come un quadro" o "un quadro è come una poesia". 

Giove pittore di farfalle - Dossi Dosso

Il Poeta spiega che esiste un tipo di poesia che piace maggiormente se vista da vicino, ed un'altrache piace solamente se guardata da lontano, o riosservata una seconda volta, o analizzata con un occhio critico, come avviene per la pittura. Fin dagli antichi il legame fra la poesia e la pittura è sempre stato dibattuto. Orazio con la sua "Ars Poetica" ("L'Epistola ai Pisoni", uno testi di riferimento fondamentali per tutto il discorso filosofico e storico sull'Estetica, fino ai giorni nostri) mette in risalto come in poesia e in arte esistano opere immediatamente comprensibili, lampanti, ed altre meno decodificabili.

Tradurre un testo letterario in un testo visivo è compito di quelle mitografie pittoriche rinascimentali e barocche che mirano a conservare il principio dell’equivalente estetico, per preservare la potenza espressiva del linguaggio di origine, sapendo che esso subirà una trasformazione ma non una perdita del suo originario significato, malgrado la traduzione imponga adattamenti tali da implicare forme di calcolato e talvolta inevitabile tradimento della potenza di immaginazione che la descrizione “per verba” è in grado di generare nel lettore.  Stabilire il grado di corrispondenza tra testo e immagine è impresa ardua: ogni qualvolta sicerchi di riportare in immagine un testo poetico, ci si accorge di quanto la forza narrativa ed evocativa dell’autore subisca una trasformazione a rischio di riduzione di senso. Se però accogliamo il principio della ricerca dell’equivalente estetico, inteso come sforzo di trasportare un contenuto da un contesto estetico ad un altro, sarà tollerabile il concetto di adattamento funzionale.

La difformità dei linguaggi, infatti, non deve trarre in inganno. L’attinenza tra due nature testuali talvolta è restituzione filologica di un racconto, talvolta, piuttosto, un richiamo evocativo a un significato simbolico del racconto che, restituito per immagini, risulta condensato e sintetizzato, certamente trasposto in una forma plasmata su un modello semantico e stilistico a cui deve rifarsi e di cui deve rispondere. Qualcosa di straordinario avviene proprio quando leggiamo un mito descritto nei poemi latini, basti pensare al poema epico mitologico Le Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone (I secolo a.C. – I secolo d.C.) in cui tutti gli episodi cantati hanno come origine una delle cinque grandi forze motrici del mondo antico: Amore, Ira, Invidia, Paura e Sete di conoscenza; e non esistono azioni, né di Dei né di uomini, non riconducibili a questi motori invisibili.

Inauguriamo dunque con questa introduzione al tema della narrazione e traduzione per immagini di descrizioni poetiche una serie di racconti mitologici esemplari, volti a farci capire cosa significhi muovere da un dato oggettivo per volgere in direzione di uno sviluppo simbolico della narrazione e così trasfigurare il reale in ideale, oppure il reale in una sintesi esistenziale, filosofica e concettuale. Opere classiche e medievali ci condurranno in questo percorso in cui tratteremo la struggente storia di Orfeo ed Euridice, la consolante favola di Amore e Psiche, l’Ulisse omerico e quello dantesco, l’Amore di Paolo e Francesca, e molti altri racconti esemplari in cui incontrare i principi universali di perdita e separazione, sacrilegio e ricomposizione.

 

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