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Dalle origini agli anni novanta dell'ottocento

Gli inizi

L'origine delle iniziative per i ciechi a Bologna, il preludio alla fondazione, nel 1881 da parte di Francesco Cavazza aiutato da alcuni suoi amici dell'Istituto che poi da lui avrebbe preso il nome, parte dal 1877, quando il poco più che diciottenne Francesco incontrò Garagnani, figlio di un capostazione telegrafista e telegrafista egli stesso convinto come lui della possibilità di fornire un mestiere e una vita dignitosa ai ciechi. Nel marzo 1880 Garagnani aveva aperto una scuola per i ciechi nella sede delle scuole di S. Domenico, trasferitasi, nell'ottobre, Via D'Azeglio. Il gruppo di allievi era di poche unità e di età diverse, ma i problemi erano troppi per le sue sole forze. Trovò così appoggio e concreti aiuti in Francesco Cavazza. al quale si aggregarono poi gli amici Arrigo Franchi, Luigi Salina e Antonio Scarselli. L'età non era molto diversa (Garagnani aveva a quell'epoca ventotto anni) e l'impresa era "bella"; per di più, a quanto lo stesso Francesco Cavazza ebbe a ricordare, il padre, Felice, da tempo coltivava l'idea di una iniziativa per i ciechi.

La fondazione

Le date diventano importanti perché l'evoluzione dei rapporti fra Garagnani e il gruppo di Cavazza fu molto rapida. Tutti nobili o di altissimo livello sociale, avvezzi a trattare problemi economici e patrimoniali, collegati ai rappresentanti del potere civile e finanziario, questi giovani (il cui sodalizio rimase compatto per 25 anni) potevano impostare il problema in modo convincente e ottenere gli appoggi necessari. Fino al febbraio-marzo 1881, Cavazza e gli amici gli avevano lasciato a Garagnani la direzione della scuola, riservandosi il resto: già a gennaio il gruppo si era costituito in "comitato provvisorio" che aveva stilato un regolamento e promosso le prime azioni da 3 lire annue per sostenere l'iniziativa. Ai primi di febbraio i giornali cittadini diedero pubblicità all'inizitiva, appoggiandola con entusiasmo così come con favore furono accolte le richieste di sussidio rivolte ai vari Enti morali. La formulazione di uno Statuto, la richiesta di appoggio alla stampa, lo spostamento della scuola in zona più adatta (in Via Orto Botanico, 5), la chiamata, per la sua apertura ufficiale, di una maestra con buona conoscenza del metodo braille, Antonietta Della Casa, la scelta di un assistente spirituale: tutte queste scelte provarono la sicurezza dei protagonisti e l'intenzione di andare in una direzione diversa da quella di Garagnani, che ebbe l'incarico di sovrintendente.

I primi anni ‘80

I primi ricoverati, tutti maschi, poveri e giovani (si era infatti stabilito di accogliere i ciechi per "educarli e istruirli" e quindi l’età doveva andare dai 5 ai 12 anni), furono tre, poi quattro: Leopoldo Bonetti, Emilio Pazzaglia, Gerardo Lorenzini e Carlo Grimandi. La gestione della "Scuola-Asilo per fanciulli ciechi poveri" rimase a Garagnani fino al marzo del 1882: dopo quella data divenne insanabile il dissidio con la maestra e teso il rapporto con il Comitato e con gli alunni e quindi rgli fu invitato a lasciare il posto dal 1 maggio.

Tra ‘82 e ‘83 furono ammessi 7 allievi e nel maggio dell'83 l’Istituto si trasferì, per necessità di spazio, in Via S. Vitale n. 23 (palazzo Fantuzzi) e poi al n. 28-30 (Palazzo Borghi) dove rimarrà fino al maggio 1887; dall’87 all'88 passerà poi in Via S. Felice (poi Saffi) 19.

Nell’85 fu la richiesta la dichiarazione di Ente morale e il nome dei promotori fece sì che essa non fosse respinta. Il padre di Francesco, Felice Cavazza, sbloccò infatti la pratica promettendo una donazione all'Istituto se fosse stata accolta la domanda: questa ebbe esito positivo conferendo un importante prestigio all'Asilo che vedeva così riconosciuta ed esaltata la propria funzione educativa.

Linee di metodo

Quando Cavazza e i suoi amici si trovarono d'accordo nell'appoggiare l'iniziativa di Garagnani, dovettero anche scegliere: limitarsi a sostenerla finanziariamente o entrare nel merito dell'istituzione? Partecipare ad una iniziativa di beneficenza o svolgere un'azione rigorosamente costruttiva? Prima di avere interpellato altri Istituti o conosciuto altre esperienze, prepararono un programma, completo ed elastico, con intenzione di attuarlo. Si promuoveva l’educazione dei ciechi di ogni età e di ogni condizione, senza distinzione di sesso, sia di chi avesse attitudine all'istruzione, come di chi potesse solo apprendere un mestiere. Si fissarono poi l'età minima e la massima. Le limitazioni nelle ammissioni dei convittori fecero sì che la prima offerta non desse praticamente risultati, perché la provincia non contava quasi nessun fanciullo di quell'età e con quelle caratteristiche. Ciò diede una boccata di ossigeno per la nascente istituzione e consentì il suo allargarsi anche ad altre zone, fuori dall’ambito cittadino. Poi ci fu il rapido allargarsi degli arrivi e anche dei rapporti con altri Istituti italiani (e poi esteri), in particolare con Firenze (da cui veniva la Della Casa) con Genova e Milano (da cui invece venivano utili indicazioni per il lavoro manuale).

I docenti e l’insegnamento

Da subito si comprese quanto la musica potesse essere importante nell’educazione dei ciechi: furono così assunti Enrico Milanti come maestro di violino e Guglielmo Zuelli come maestro di pianoforte. L’Istituto aveva acquistato così un primo pianoforte e anche cinquant'anni dopo, quando l'Istituto divenne "scuola di specializzazione musicale" questo strumento rimarrà a ricordo di quel momento.

La Della Casa aveva il compito dell'insegnamento del braille e, assieme ad Oreste Alvisi, si curò di tutta l'istruzione "elementare", alla quale collaboravano anche i componenti del Comitato, soprattutto Salina.

Questa preoccupazione educativa guardava con attenzione alla crescita morale dei ragazzi: il cieco che voleva inserirsi nel "mondo" senza fare appello alla compassione, doveva possedere una forza morale, una convinzione e una capacità di organizzare programmi a lunga scadenza che lo rendesse accetto. Ancora non erano ipotizzabili studi ginnasiali, liceali e universitari: già fu una novità l'avvio di studi di tipo "medio". Andava poi, contemporaneamente ampliandosi la ricerca di lavori manuali remunerativi quali la confezione di stuoie, l’incannatura, l'avvio dell'arte dell'accordatura dei pianoforti.

Crescita dell'Istituto

Il passaggio dell’Asilo a "corpo morale" non risolse tutti i problemi, ma chiuse un periodo della sua storia. I lasciti e le eredità avrebbero consentito il salto qualitativo e l’accoglienza di un maggior numero di alunni.. La visita della regina Margherita, la partecipazione all’Esposizione di Bologna del 1888 furono tra gli avvenimenti più rilevanti degli anni Ottanta dell’Ottocento.

Se il riconoscimento fu tra i fatti di maggiore peso, grandissima importanza ebbe la visita reale per l’avallo che essa dava all'Istituto e per la ricaduta finanziaria. La partecipazione all'Esposizione di Bologna del 1888, promossa nell'ambito delle celebrazioni centenarie dell'Università, oltre a concludersi favorevolmente per l'Istituto, costituì poi una buona occasione di farsi conoscere.

Vi furono anche modifiche nell’andamento interno dell’Istituto: la più importante fu la rottura con la Della Casa. La maestra aveva infatti aperto una sua scuola per fanciulle cieche che inevitabilmente diminuiva il suo impegno, ponendola nel ruolo ambiguo di insegnante in un Istituto e di fondatrice e direttrice di un altro. La scuola femminile della Della Casa, però naufragò definitivamente tra 1897 e ’98, quasi contemporaneamente alla creazione di una sezione femminile nell’Istituto.

La nuova sede

Fra il 1890 e il '91 fu acquistato uno stabile in Via Castiglione che dava maggiore stabilità alle iniziative dell'Ente: miglioramento didattico, ampliamento delle conoscenze degli allievi, lavori che potessero dare reddito, attenzione ai docenti.

A questo proposito il crescere dell'età media dei convittori, l'aumento degli allievi, l’attivazione della sezione femminile richiese un maggiore numero di docenti, poiché si ampliò l’insegnamento oltre a quello elementare. Ci piace poi ricordare in particolare il settore musicale prima affidato al maestro Zuelli per l’insegnamento di pianoforte, organo, solfeggio e composizione e poi a Luca Briganti Mobili. L'importanza di questo settore fu compresa da subito, come già abbiamo ricordato ma, dalla fine degli anni Ottanta essa fu impartita ai soli ciechi che a giudizio del Consiglio dimostrassero di avervi disposizione. Allo stesso periodo si ascrive l'acquisto prima di un pianoforte e poi di un organo. Inoltre si aprì una scuola di accordatura nella quale, dall'85 era insegnante il maestro Ugo Dondi

Patrimonio e lavoro

Gli anni '88-'96 sono indubbiamente fruttuosi dal punto di vista patrimoniale, grazie all’accoglimento da parte dell’Istituto di numerose eredità (Simoni, Testi, Sassoli, Trenti, Albertini, Gamberini ecc) con le quali poté aumentare i propri beni, che si andavano ad aggiungere alle donazioni delle stesse famiglie dei fondatori e di quelle di alcune famiglie facoltose della città (Cavazza, Salina, Isolani). Ma non mancò anche la ricerca di un auto-finanziamento legato alla necessità dell'insegnamento di un mestiere e a quella di un autonomo mantenimento o contributo da parte dei convittori. L’Istituto, infatti, poneva attenzione ai lavori affidati ai convittori, al loro apprendimento di mestieri proficui e alla ricerca da parte loro, una volta usciti, di una sistemazione soddisfacente. Risalgono a questo periodo i primi tentativi di collocamento che vanno dall’impiego saltuario alla completa autosufficienza.

INDICE

Capitolo 2 - Tra i due secoli

Premessa

Capitolo 3 - L'inizio del novecento fino alla guerra mondiale

Capitolo 4 - L'Istituto e la "grande guerra"

Capitolo 5 - Gli anni venti

Capitolo 6 - Gli anni trenta

Capitolo 7 - Gli anni quaranta

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