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Premessa

Il "Cavazza" nacque nel 1881 dalla volontà di Francesco Cavazza come iniziativa dettata dal suo spirito filantropico di aiuto e di assistenza ai bisognosi, di pietà verso i sofferenti, di paterno interesse dei ceti più abbienti verso i diseredati. Fu iniziativa volta a togliere i ciechi da uno stato di abbandono e a dare loro un'istruzione, sostituendo gli "orbini" oggetto di pietà con persone oggetto di ammirazione per i progressi compiuti nello studio e nella vita civile.

Il percorso civile fu dei convittori fu parallelo alla trasformazione dell'Istituto nel senso di un aggiornamento degli obiettivi e dei programmi: un processo che non solo andava di pari passo con lo sviluppo della tiflologia ma si affiancava ai mutamenti della società italiana ed era sollecitato dal desiderio di riscatto personale dei ciechi.

Le esperienze di avanguardia nate e sviluppate nel "Cavazza" non rimasero poi chiuse tra le sue mura: l’Istituto fu infatti un laboratorio per il movimento dei ciechi e fornì un contributo essenziale alla loro crescita, divenendo un motore trainante in ambito nazionale, rispetto a tutti gli altri istituti italiani. Una svolta in questo senso fu rappresentata dal congresso di Bologna, organizzato nel 1910 da Francesco Cavazza, dove egli affermò gli obiettivi per gli anni a venire e anticipò le ragioni che porteranno, nel primo dopoguerra, alla fondazione dell’Unione Italiana Ciechi.

Da un lato ci sono Cavazza e i suoi amici, figli del loro tempo, uomini che nel loro spirito liberale e moderato, in particolare profondamente permeato dei valori universali del cristianesimo, furono nel loro tempo innovatori e promotori di opere di assistenza e carità, uomini che usarono le loro ricchezze anche per fini umani e sociali. A fianco del fondatore, Francesco Cavazza, si riscoprono tanti personaggi illustri delle più note famiglie bolognesi, che seppero creare le basi che portarono l'Istituto ad inserirsi intimamente nel tessuto sociale, civile e culturale della città.

Dall’altro ci sono gli assistiti, che dei quali si seguono le difficoltà, la ricerca drammatica di vincere l'emarginazione, la disperata volontà di voler "vivere del proprio lavoro", la determinazione di passare dalla condizione di assistiti al ruolo di protagonisti. Infatti oltre un migliaio di giovani ciechi, provenienti da tutte le regioni d'Italia ed alcuni anche dall'estero, hanno ricevuto dal “Cavazza” formazione ed emancipazione scoprendo nell'amore per gli studi e per il lavoro una ragione di vita, raggiungendo in alcuni casi (ricordiamo Augusto Romagnoli) posizioni di prestigio.

Questa ricerca non è, dunque, solo la ricostruzione di un periodo della vita dell'Istituto che corrisponde all'incirca o quasi per intero agli anni dell'impegno di Francesco Cavazza; è anche un affresco del quotidiano e del privato di tutti coloro che ne fecero parte, è la storia dello spirito di carità e solidarietà nel suo concreto realizzarsi nelle opere, è la storia del cammino di uomini che attraverso una dolorosa esperienza lottarono per costruire in piena dignità la propria esistenza, per diventare artefici del proprio destino, alla pari di tutti gli altri uomini.

INDICE

Capitolo 1 - Dalle origini agli anni novanta dell'ottocento

Capitolo 2 - Tra i due secoli

Capitolo 3 - L'inizio del novecento fino alla guerra mondiale

Capitolo 4 - L'Istituto e la "grande guerra"

Capitolo 5 - Gli anni venti

Capitolo 6 - Gli anni trenta

Capitolo 7 - Gli anni quaranta

Contatti

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