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La Morte di Marat

Autore: 

Jacques-Louis David (Parigi, 1748 – Bruxelles, 1825)

Datazione: 

1793

Collocazione attuale: 

Musée Royaux des Beaux Arts - Bruxelles

Tecnica e dimensioni dell'opera originale: 

Olio su tela – cm 162 x 125

Tecnica e dimensioni della traduzione plastica: 

Bassorilievo prospettico in gesso alabastrino; cm 61 x 46,5 x 8

Soggetto iconografico: 

Durante la Rivoluzione francese il giacobino Jean-Paul Marat, giudicato sia l’”amico del popolo” che “l’uomo più terribile della rivoluzione”, venne assassinato nella sua vasca da bagno il 13 luglio 1793, dalla sostenitrice della Repubblica, vicina alla causa federalista-girondina, Charlotte Corday.
Marat era stato uno degli uomini politici più discussi, amati e odiati della fase più cruenta della Rivoluzione francese. Laureato in medicina, le sue idee materialistiche, in campo scientifico, e rousseauniane, in campo politico, gli valsero l’allontanamento dalla cultura ufficiale.
Charlotte Corday, artefice dell’assassinio, agì senza complici, dopo essersi convinta che la guerra civile che stava per scoppiare in Francia, con conseguente catastrofe sociale e politica, avesse potenziale origine nell’ami du peuple. Marat soffriva di dolori reumatici e di una particolare malattia della pelle che lo costringeva a restare molte ore immerso nell’acqua, allo scopo di lenire il dolore. Charlotte lo sorprese durante uno di questi bagni medicamentosi e, dopo aver aggirato gli ostacoli che le avevano impedito di incontrarlo, con l’espediente di rivelare i nomi di alcuni girondini da giustiziare, conquistò la fiducia di Marat, raggiunse Rue de Cordelliers, dove egli risiedeva, e dopo essere stata ricevuta nella sua abitazione lo raggiunse ed accoltellò.
Jacques Louis David, il pittore della Repubblica e della Rivoluzione, aveva un’ammirazione incondizionata nei confronti di Marat e per questo lo dipinse come un martire della rivoluzione, imprimendogli quella dignità che aveva letto nel Cristo deposto di Caravaggio, opera alla quale si ispirò per eseguire questo celebre dipinto.

Descrizione dell’opera: 

Eroismo e composta intensità espressiva si compenetrano in questo celebre ritratto di Marat assassinato. Diversamente da quanto avrebbero fatto altri artisti contemporanei, David evita di indulgere nella descrizione contingente dell’ambiente in cui si consuma l’assassinio e tende ad una estrema sintesi compositiva. La formazione neoclassica dell’artista e la sensibilità romantica lo inducono a studiare e ad assimilare i modelli pittorici cinquecenteschi e seicenteschi.
David era amico di Marat, forse ne aveva ammirato tenacia e generosità. Anche per questo nella sua opera gli rende giustizia, evidenziandone i tratti più nobili.
Nel ritrarlo, infatti, sceglie un momento pregnante: l’istante successivo l’assassinio, quando il corpo inanimato mostra la cruda realtà della morte, stagliandosi su uno sfondo scuro, il cui vuoto evoca silenzio e solitudine.
Scorrendo con le mani lungo il perimetro del rilievo, ci accorgiamo che l’opera è inscritta all’interno di un rettangolo la cui altezza è superiore alla larghezza. La composizione è divisa in due parti determinanti ai fini della significazione spaziale e concettuale dell’opera: nella parte inferiore vi è il corpo di Marat, immerso in una vasca, in quella superiore il vuoto e un’oscurità contraddetta solo da una luce diffusa che filtra da destra, in alto, rispetto al lettore.
Nel contrasto evidente tra pieno e vuoto è già dichiarata la modernità della scelta strutturale ed espressiva di David.
Per comprendere la posizione del corpo di Marat, ormai privo di vita e immerso nella vasca piena d’acqua rivestita da un lenzuolo, è utile partire dalla testa che si dà rovesciata all’indietro e, rivolta verso l’osservatore, ne rivela il volto. Il capo avvolto in un telo acconciato a guisa di turbante poggia su un sostegno leggermente sopraelevato rispetto l’altezza della vasca e ciò permette all’artista di sostenere quel viso che, altrimenti, sarebbe totalmente abbandonato alla forza di gravità.
Scorrendo con le mani lungo i profili esterni delle braccia e del busto di Marat, utilizzando i polpastrelli come pennelli ed entrando nei sottosquadri, per poi abbracciare a mano piena la superficie intera del corpo inanimato, ci accorgiamo che il busto è rappresentato in scorcio prospettico. Il braccio destro è abbandonato, privo di forze e leggermente flesso per l’appoggio della mano sul pavimento. Tra indice e medio della mano destra è inserita una penna d’oca allusiva all’improvvisa interruzione dell’attività di scrittura in cui il cittadino era intento al momento della morte. La posizione del corpo di Marat, così lirica, sia pur verosimile, evoca quella del Cristo deposto di Caravaggio. Il braccio sinistro di Marat, leggermente piegato e portato in avanti, poggia su una tavola coperta da un panno verde; copre la vasca e funge da improvvisato scrittoio.
La spalla destra è in primo piano, ribassata rispetto alla sinistra che è meno aggettante. Il torace è rappresentato di tre quarti, in scorcio prospettico. Sotto la clavicola destra è visibile la ferita mortale infertagli da Charlotte Corday. È questo un altro elemento che lo assimila al sacrificio di Cristo. Sembra che il personaggio sia osservato da un punto di vista leggermente sopraelevato, ad altezza d’uomo. Per questo risultano coerentemente visibili lo scorcio della vasca, e quello del corpo di Marat. Nel volto abbandonato al sonno della morte, nelle palpebre abbassate sugli occhi, nel lieve cedimento della guancia destra rispetto alla sinistra, provocato dall’effetto gravitazionale; nelle braccia solide, dalle vene rilevate e muscolature definite, David documenta con realismo e idealità questa composta morte. Leggermente spostato sulla sinistra dell’osservatore, al suolo, abbandonato da Charlotte, troviamo il coltello macchiato di sangue. L’acqua della vasca, rossa per il fluire del plasma, è un altro dato che conferisce solenne drammaticità alla scena e rimanda alla mescolanza di sangue ed acqua sempre presente nell’iconografia cristologica. Infine, poche macchie di sangue sul lenzuolo candido, sembrano un ulteriore richiamo al sudario di Cristo e alla sua passione.
Nell’interpretazione della scena si propende per l’ipotesi che Marat stesse rispondendo a una lettera inviatagli da una cittadina francese, che versava in gravi difficoltà economiche, e si era rivolta a lui per chiedere aiuto. Sullo scrittoio ligneo, sopravanzato rispetto la vasca, compaiono gli strumenti della scrittura, il calamaio e una seconda penna d’oca, insieme ai segni tangibili, oltre che emblematici, della sua generosità: la lettera in risposta e l’assegno riservato alla donna diventano tracce inequivocabili delle virtù morali di Marat, volutamente evidenziate da David. Tale devozione si coglie nella dedica che, citando testualmente suona così: “A’ Marat”, e che David firma e riserva al personaggio, “imprimendola” volutamente quale intaglio posto sul sostegno laterale dell’umile scrittoio ligneo. Sotto la dedica, in prossimità del bordo inferiore della superficie di legno si può leggere l’anno d’esecuzione dell’opera, 1793, e la dicitura francese “an – deux” che tradotta allude all’anno secondo del calendario rivoluzionario.
La lettera che Marat regge nella mano sinistra sembrerebbe correlata alla penna sostenuta dalla mano destra e, invece, pur essendo una presenza decisiva, appare estranea al controllo di Marat. Essa risulta elemento indipendente, alieno e al tempo stesso cruciale per capire il tessuto della narrazione. Si tratta della lettera scritta da Charlotte Corday ed è la rivendicazione del suo gesto omicida. Dal testo in francese, traducendo, si legge: “13 luglio 1793, Marié Anne Charlotte Corday al cittadino Marat. È sufficiente il mio dolore per avere il vostro perdono”. Dinanzi al corpo “deposto” di Marat, l’osservatore percepisce la fine di una vita e ne legge i caratteri contingenti e universali proprio grazie a questa rappresentazione di un dignitoso trapasso. È a questo punto che lo sfondo vuoto, apparentemente subordinato agli elementi pittorici che hanno intessuto la narrazione, si offre in tutta la sua forza strutturale, ha peso e non incombe perché concorre all’equilibrio compositivo e allo sviluppo semantico della scena.
Il grande vuoto è qui uno spazio scuro, dai toni terrosi, silenzioso, esso separa nettamente la realtà fisica, propria al mondo tangibile e corporeo, dalla rarefazione atmosferica che, impalpabile, sembra voler tradurre l’idea metafisica di un luogo altro, oltre l’umano, la partecipazione attiva e vitale, il patimento, per lasciare spazio al sentire, oltre la ragione e la sua operosità.

Cenni sull'artista: 

Jacques-Louis David nasce a Parigi il 30 agosto 1748 e muore a Bruxelles il 29 dicembre 1825.
David incarna la prima fase del Neoclassicismo, quella detta “pre – rivoluzionaria e rivoluzionaria”. Dopo una formazione ricevuta in un contesto culturale tradizionale, ancora seguendo il gusto rococò, Jacques-Louis David ottenne l'ambitissimo Prix de Rome che, nel 1775, gli permise di raggiungere l'Italia. Il quinquennale soggiorno romano fu per lui un periodo tormentato e difficile, poco soddisfacente dal punto di vista creativo; eppure, ricco di esperienze fondamentali, come lo studio diretto dell'arte classica, la scoperta dell'arte rinascimentale e barocca e, verosimilmente, la conoscenza degli scritti di Winckelmann, Mengs e altri teorici del Neoclassicismo, di cui David divenne il capofila in Francia. Politicamente attivo nel club dei Giacobini e amico di Robespierre, in seguito divenne sostenitore di Napoleone e suo pittore ufficiale.

Dipinto: 

Soggetto storico

Contatti

Contatti:
Tel: +39 051.33.20.90 Fax: +39 051.33.26.09

Mail: istituto@cavazza.it
 

Orari di apertura al pubblico:
venerdì dalle ore 9:00 alle ore 18:00
sabato dalle ore 9:00 alle ore 13:30

Per visite guidate, attività didattiche e consulenze
è richiesta la prenotazione.

Curatrice del museo:

dott.ssa Loretta Secchi

loretta.secchi@cavazza.it

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