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Cavallo Morel Favorito

Autore: 

Giulio Romano (Roma, 1499 – Mantova, 1546) e aiuti (scuola)

Datazione: 

1525-1527

Collocazione attuale: 

Palazzo Te, Sala dei Cavalli (Parete est) – Mantova

Tecnica e dimensioni dell'opera originale: 

Affresco; cm 223 x 245

Tecnica e dimensioni della traduzione plastica: 

Bassorilievo prospettico in gesso alabastrino, cm 65 x 63 x 10

Soggetto iconografico: 

La celebrazione dei cavalli è una tradizione propria all’iconografia gonzaghesca e tema introdotto in altri palazzi della celebre Signoria. La Sala dei Cavalli, la più grande della Villa, fu la prima ad essere ideata per le sue funzioni di rappresentanza e si configura come un pantheon degli esemplari equini più belli e amati, appartenuti al Marchese Federico II e quindi ai rinomati allevamenti mantovani. Sulle sue pareti si stagliano sei imponenti effigi dei campioni delle razze di corte. Dipinti tra finte architetture e scene mitologiche allusive alle imprese belliche ed alle virtù di Federico, questi purosangue catturano l’attenzione con i loro nitidi profili. La calma imponenza di Morel Favorito, il grigio mantello di Glorioso, riprodotti naturalisticamente, oltre a rammentare l’originaria destinazione del luogo a scuderie, svelano la grande passione equestre del Duca. Montare uno stallone di razza Gonzaga era un grande privilegio, riservato a re, a papi, all’alto clero, a signori, cavalieri, principesse e dame. I nomi scritti sul basamento dei ritratti hanno consentito di individuare alcuni tra i destrieri più cari al marchese Federico, a cominciare da Morel Favorito, scomparso il 19 ottobre del 1524. Le specchiature che simulano bassorilievi sono dedicate alle storie di Ercole: un soggetto largamente diffuso, adatto a un principe guerriero. Quattro scene appartengono al ciclo delle Fatiche (Il leone di Nemea, Il toro di Creta, l’idra di Lerna, Il cane Cerbero, quest’ultimo collocato proprio in corrispondenza del ritratto di Morel Favorito); le altre due sono invece avventure collaterali (Il ratto di Deianira, Ercole e Anteo).

Descrizione dell’opera: 

Il rilievo presenta una forte aggettanza della volumetria del cavallo, rispondente alla pittura di Giulio Romano e alla possanza fisica del destriero. Il profilo della testa è stato volutamente integrato con il completamento dell’occhio destro, per permettere al lettore la percezione dell’anatomia senza soluzione di continuità rispetto al profilo sinistro, necessariamente più visibile perché esposto. Si consiglia una lettura bimanuale che muovendo dalla conoscenza della testa, scenda verso la fronte, profilo e narici, proceda sull’incollatura, avvolga l’animale, come in un abbraccio, dopo averne percepito l’elegante linea sulla quale si possono leggere in progressione, con la mano sinistra, il collo e la spalla. Con la mano destra, si propone di leggere il garrese, alla base dell’incollatura, il dorso, poi la morbida curvatura della groppa, fino alla contenuta coda; a seguire, la lettura sincronica degli arti anteriori e posteriori, per un apprezzamento della loro postura, e la conoscenza dettagliata di ogni parte anatomica.
Morel è un cavallo possente da carica, il cosiddetto destriero. Stagliato sullo sfondo di un paesaggio di pianura è aggettante rispetto alle lesene che contengono la veduta entro una “bucatura”. Dalla struttura anatomica si evince che si tratta di un cavallo intero, viste le caratteristiche dell'incollatura e l’evidenza dello scroto. La razza è autoctona dei rinomati allevamenti dei Gonzaga, e discendente a sua volta da lontane specie nordiche calate in seguito alle invasioni barbariche ma insanguate abbondantemente con razze orientali. Da ciò il profilo rettilineo della testa. Il nome Morel deriva dal colore del suo mantello, comunemente percepito come grigio scuro, oppure nero, e in gergo equestre correttamente indicato con il termine morello. Di questo splendido esemplare possiamo vedere il profilo, quindi il fianco sinistro. La testa è leggermente rivolta verso l’osservatore; sulla nuca Morel Favorito porta il pennacchio, mentre il ciuffo è coperto da una cuffia di protezione e sormontato dal frontalino. La capezza è accuratamente descritta in ogni suo particolare: vi è il correggiolo per l’attacco della longia che si discosta dal profilo e sporge a sinistra, il montante del morso, il morso a forma di S, la capezzina, il sottogola e il sopracapo, infine le redini poggiate in alto, sul collo. L’arto anteriore destro è lievemente arretrato rispetto al sinistro, mentre i posteriori sono in assetto perpendicolare anche se non perfettamente allineati, da ciò la possibilità di percepire anche il profilo dell’arto posteriore destro.
Stilisticamente la pittura di Giulio Romano in questa Sala è di grande ricercatezza e improntata al Rinascimento maturo.
I colori sono tenui eppure luminosi. Le visioni prospettiche e l’impianto decorativo di grande pregio, lineari nelle geometrie e solenni. L'illusionismo pittorico emerge nella simulazione di architetture classicheggianti, spiccano capitelli corinzi dalle tinte argentee e l'originale "bucatura" dei finestroni, aperti a contemplare vedute pianeggianti, tipiche del paesaggio locale. A corredo dei ritratti compaiono marmorizzazioni, statue di divinità e personaggi storici, bassorilievi a sanguigna, simulanti il bronzo, con la rappresentazione delle “fatiche di Ercole”. La prevalenza dell'apparato architettonico sulle scene pittoriche è un segno della supremazia gerarchica della sala che costituisce l'ambiente di rappresentanza del Palazzo, arricchita da un soffitto ligneo a cassettoni intagliato e dorato e da un monumentale camino rustico.
Tra le varie notazioni, una è di particolare interesse: lo studio di questi ritratti consente di confermare un dato interessante. È dimostrato attraverso i documenti che Giulio Romano in Palazzo Te non dipinse ex novo il ritratto di questi cavalli, ma con ogni probabilità li copiò da disegni preesistenti o li eseguì su indicazione di chi li aveva visti e accarezzati.

Cenni sull'artista: 

Giulio Pippi, conosciuto come Giulio Romano, nasce a Roma nel 1449 ed è conosciuto per essere stato tra i più importanti architetti e pittori del Rinascimento e manierismo italiano. La ricostruzione della sua biografia si basa sulle Vite vasariane. Giulio Romano fin da giovane entra nella bottega di Raffaello Sanzio e diviene tra i suoi maggiori collaboratori, eseguendo alcuni affreschi nella villa Farnesina e nelle logge vaticane. Alla morte di Raffaello avvenuta nel 1520, Giulio Romano eredita la sua bottega, realizzando alcuni lavori effettuati nella sala di Costantino con Gian Francesco Penni. Nel 1524 si trasferisce a Mantova, come artista di corte presso il Duca Federico II Gonzaga che, per onorare la sua presenza e stimata opera, gli dona un pregiato cavallo di razza Gonzaga. Tra il 1525-35 realizza, dunque, Palazzo Te, eseguendo anche, insieme ai suoi allievi, gli affreschi e stucchi delle stanze; progetta inoltre il Padiglione della Rustica e si occupa di decorare l’appartamento di Troia a Palazzo Ducale. Nel 1526, nominato superiore delle vie urbane, ristruttura il Duomo di Mantova. Muore nel 1546 e viene sepolto nella chiesa di San Barnaba, ma la sua tomba nel 1737 viene dispersa.

Dipinto: 

Ritratto

Contatti

Contatti:
Tel: +39 051.33.20.90 Fax: +39 051.33.26.09

Mail: istituto@cavazza.it
 

Orari di apertura al pubblico:
venerdì dalle ore 9:00 alle ore 18:00
sabato dalle ore 9:00 alle ore 13:30

Per visite guidate, attività didattiche e consulenze
è richiesta la prenotazione.

Curatrice del museo:

dott.ssa Loretta Secchi

loretta.secchi@cavazza.it

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