Oltre il web:
il social network

di Francesco Levantini

Dalla società dell’informazione alla società della conoscenza e delle relazioni.

“Lo chiamo o non lo chiamo...” Da più di mezzora è il tormento di Carlo. Col telefono in mano si rode nel dramma dell’indecisione. “Certo lo chiamo e gli chiedo se mi presta la macchina ma... avaro com’è. Figurati se mi presta la sua preziosissima macchina! Vado da lui col cappello in mano per ottenere solo un rifiuto... tempo perso ma... accipicchia la macchina mi serve davvero... vada come vada lo chiamo.” Carlo inizia a comporre il numero ma il tarlo preme. “Comunque non me la darà mai è un impossibile egoista e non ha mai fatto nulla per nessuno...” Il telefono squilla. “Figurati, chiedere la macchina a Rodolfo. È solo tempo perso e...” Dalla cornetta esce la voce di Rodolfo: “Pronto?” “Ciao, sono Carlo. Senti... vai all’inferno tu e la tua macchina razza di egoista che non sei altro!”... È una vecchia storiella che circola nelle aule di sociologia e per me molto importante, gli devo uno tra i concetti più difficili che sia riuscito ad imbrigliare: l’importanza di capire la forma e il modo di navigare correttamente nelle reti di relazione dei social network e dei work group. Questi infatti altro non sono che la rappresentazione digitale di un piccolo sottoinsieme della ben più importante rete di amici, colleghi, famigliari che costituiscono il network del mondo reale in cui costruiamo quotidianamente la nostra integrazione e la nostra autonomia. La moderna sociologia ne sta facendo un cavallo di battaglia (H. Chesbrough, “Open Innovation”, Oxford University Press) e l’autorevolezza accademica ne sta già dimostrando i primi teoremi (A. Barabasi, “Link”, Einaudi). L’intera umanità è una rete di relazioni ed è dimostrabile che dati due punti qualunque è sempre possibile congiungerli in un numero finito e relativamente piccolo di hop, salti di connessione. Ci ho pensato. Tra i miei amici c’è un giornalista che ha studiato con un senatore democratico molto amico di Hillary Clinton che, presumibilmente conosce Barack Obama. Quattro salti quindi e se volessi comunicare col presidente degli Stati Uniti potrei farlo ma... Attenzione a non commettere l’errore di Carlo. Se volessi esprimere a Barack il mio consenso sul suo operato in materia di sanità pubblica presto fatto. Una e-mail all’amico giornalista prontamente girata al parlamentare americano e via verso Hillary e il presidente! Ma se volessi dire a Obama che sta sbagliando tutto? La navigazione precedente si bloccherebbe subito. Forse l’amico controvoglia potrebbe anche comunicare il mio dissenso al senatore ma tutto si fermerebbe lì nell’imbarazzo generale. La rete di relazioni è la cosa più importante di cui disponiamo, ma è anche quella in cui commettiamo gli errori più gravi. Perdere il posto di lavoro, per esempio, o incappare nei forse più drammatici problemi affettivi di una separazione o di una grave malattia improvvisa ci porta ad aggrapparci a tutto e, principalmente, alla nostra rete di relazioni. La cosa più importante che abbiamo e su cui facciamo conto sembra sparire completamente. Telefoniamo al vecchio collega, chiamiamo l’amico di prima del “fattaccio” e... sorpresa! La rete non c’è più. Tanta solidarietà, pacche sulle spalle, ma l’aiuto? Siamo davvero soli? Si è davvero dissolto tutto? L’altro giorno mi ha telefonato un ex collega da qualche mese in pensione. Prima del congedo era solito entrare in ufficio trasmettendoci il suo entusiasmo: “Appena smetto di lavorare finalmente potrò dedicarmi seriamente allo studio del greco e del latino!” “come vanno gli studi?” Gli ho chiesto al telefono pensando di fargli piacere. “Sì, bene ma sai... il greco e il latino... Senti non hai qualche cosa da farmi fare. Prova a parlarne col capo e...” Domanda sbagliata e navigazione sbagliata nella “vecchia” rete di relazioni.

Immagine - Esempio di home page di facebook

Se io non avessi letto i testi di Chesbrough e Barabasi... imbarazzo, pacca sulla spalla e chiusura della telefonata con il per lui tristissimo “Dai, ci si vede...” che sancisce la “rete spezzata”. È stato però fortunato e io ho corretto il suo errore. Per lui rappresentavo solo il primo livello di rete che si alimenta con la comunione quotidiana di obbiettivi e intenti che col suo pensionamento sono venuti meno. Ognuno di noi però è una porta verso altri livelli di rete. Conosco infatti un docente impegnato in un progetto per creare ad uso dei non vedenti una sintesi vocale per lo studio del greco. “Senti” gli ho detto. “Che ne pensi di dare una mano ad un amico che ha bisogno di affrontare informaticamente un problema di greco antico?” Il primo livello della rete di relazione è quello che ci conosce meglio e può aiutarci ad entrare in livelli nuovi se lo navighiamo correttamente. Se sbagliamo diventa un muro di gomma quando va bene e il dramma della distruzione della rete quando va male. FaceBook, Twitter, MySpace, LinkedIN, sono solo le icone più famose del social network: l’Information and Communication Technology, l’informatizzazione della nostra rete di relazioni, che ci consente di uscire dal web, il mondo sulla scrivania, e far entrare famigliari, amici e colleghi nel nostro piccolo mondo personale, condividere la quotidianità, ma soprattutto navigare le nostre relazioni attuali e potenziali. FaceBook è la virtualizzazione del cortile, della casa di ringhiera in cui i gruppi di amici organizzano la serata o le vacanze ma, attraverso le sottoreti (gli amici degli amici, per usare la metafora dello stesso FaceBook) sono la porta di nuove relazioni navigabili con la potenza investigativa del data mining, di una vera e propria banca dati e non con quella limitata del “ricordo che...”. Se il mio ex collega in pensione avesse scavato tra i miei amici su FaceBook avrebbe trovato lui stesso il docente di greco e avrebbe potuto chiedermi di introdurlo o, scavalcandomi, contattarlo direttamente usandomi come referenza. Da parte mia non mi sarei sentito investito della responsabilità di aiutare una persona in difficoltà, ma di contribuire al rafforzamento di un altro nodo della mia sottorete guadagnandoci in prestigio sociale. A differenza di FaceBook, basato sul concetto di “amico”, LinkedIN prende forma sul principio della “collaborazione” e dei “contributori”. Le sotto reti nascono, crescono e si modificano grazie ai progetti in cui ci sentiamo di contribuire, ma anche in questo caso costituiscono un potentissimo

strumento di navigazione tra le relazioni. Tra i work group di LinkedIN in cui il lavoro mi ha introdotto non ci sono amici ma partner professionali. Abbiamo in comune obiettivi di progetto, ma non condividiamo necessariamente anche principi ed opinioni. Ecco allora che navigando nelle reti di relazioni potrei facilmente trovare una conoscenza di area repubblicana negli USA con cui iniziare una navigazione verso Barack Obama che, invece di passare da Hillary Clinton, arrivi al Presidente via John McCain che non avrebbe nessun imbarazzo nell’esprimere al Presidente un eventuale mio dissenso sul suo operato. Twitter si basa invece sul principio del Broadcasting mirato verso i “Follower”, gli osservatori di un nodo. Viene usato da alberghi, cinema, teatri per informare i clienti su nuove iniziative o cambiamenti di orari nei servizi. Radio e televisioni se ne avvalgono per fidelizzare il proprio pubblico informandolo sul backstage delle loro trasmissioni preferite. Ma anche in questo caso si innesca subito la navigazione nelle reti di relazione tra amici che si “seguono” a vicenda in una sorta di email permanente e collettiva che permette a personaggi dello spettacolo, dello sport, della politica e dell’informazione di raggiungere i propri fans indipendentemente dai buchi nella rete. Barack Obama, per esempio, potrebbe cercare il mio consenso per una sua iniziativa attraverso i suoi diversi sottonodi. Poco male se la catena viene interrotta dal ramo di McCain, arriva comunque a me dal sottonodo di Hillary Clinton o da qualche altro meandro delle mie relazioni che neppure sospettavo di avere o poter gestire. Altri intenti, principi, logiche di navigazione caratterizzano i blog, MySpace, Youtube, Second Life o gli altri social network che vestono Internet. Io però mi fermo qui. Lascio al lettore il piacere di scoprire da solo le infinite potenzialità dell’ingegnerizzazione informatica di una rete di relazioni. Consentitemi però di chiudere con un importante monito. Attenzione, ogni vostro contributo in un social network ha la forza di un tatuaggio, facilissimo da applicare ma praticamente impossibile da cancellare. Ogni informazione che date su di voi viene immediatamente replicata all’infinito negli spazzi virtuali e digitali dei vostri amici, prima, ma di centinaia di migliaia di utenti poi, e se, suggerite da un vostro momento sbagliato, potrebbero essere causa di un imbarazzo destinato ad accompagnarvi per molto, troppo tempo. 
Immagine - Una pagina del sito twitter