John Martin Hull: i significati del buio

La sua esperienza accompagna i vedenti verso una consapevolezza visiva maggiore e infonde alla persona cieca energie tali da significare la sua vita
Anna Maria Farabbi

La testimonianza sorprendente di Andrea Camilleri spalanca l’interpretazione della cecità come una sottrazione di un senso che, tuttavia, intensifica, la percezione, la concentrazione, la precisione dell’ascolto, l’orientamento interiore. Per un glaucoma incurabile lo scrittore siciliano perse la vista, e con essa l’amata lettura, l’osservazione del corpo delle parole formarsi nel foglio tra gli odori dell’inchiostro. Proprio per la sua condizione di cieco concepì il monologo Conversazione di Tiresia da lui stesso recitato di palcoscenico in palcoscenico, dando voce alle profondità del mito. L’esperienza di John Martin Hull, invece, offre un altro contributo, forse ancora più potente sia per vedenti che per ciechi, narrando ogni aspetto quotidiano, esistenziale, pratico, sociologico, e spirituale. Da una parte accompagna i vedenti verso una consapevolezza visiva maggiore, dall’altra indica modi e sensibilità per stare accanto alla persona cieca senza flettersi in un assistenzialismo iper protettivo. Ma, di più, infonde alla persona cieca energie tali da significare la sua vita, comunque e ovunque, risvegliandola con infinite motivazioni che attingono dalla propria umanissima, intellettuale, religiosa sfera autobiografica. Hull narra il suo percorso dentro il buio, le paure angoscianti, i blocchi mentali, fatti precisi, episodi, dinamiche relazionali che generano malintesi, mortificazioni, senza mai cadere in sentimentalismi pietistici, ma con un registro di scrittura che attraversa la drammaticità anche con ironia. Di fatto, infonde energia e vigore, scardinando comprensibili ma letali vittimismi. Oltre questo, ritengo che la più straordinaria qualità di Hull, sia nella rivisitazione della Bibbia dentro cui, con estremo rigore e altrettanta passione, coglie i passi in cui la cecità e l’ipovedenza sono protagonisti. La copertina di "All'inizio era il buio" di John Martin HullContestualizza storicamente gli accadimenti narrati e individua le radici di storture culturali e sociali che ancora oggi gravano, come l’attribuzione della malattia a Dio, con la successiva autocolpevolizzazione, e la difficoltà se non l’impossibilità di svolgere il sacerdozio. Hull sostiene che la scrittura della Bibbia sia stata fatta da persone vedenti, le quali in modo inconsapevole hanno proiettato una prospettiva della disabilità tale da permanere anche ai giorni nostri, considerando l’occidente nella sua impostazione dicotomica, dentro cui la luce viene coniugata alla purezza, alla divinità, alla rivelazione e il buio nel suo opposto come simbolo delle tenebre, del peccato, dell’inquietante caos. Ho dedicato molti anni allo studio dell’opera di John Martin Hull, intervistandolo in Il significato del buio, Terra d’Ulivi, 2021 e traducendolo in All’inizio era il buio, conversazioni di un cieco con la Bibbia, 2022, Al3vie. Queste due opere, assieme a Il dono oscuro, Adelphi, 1990, costituiscono l’unico accesso italiano al suo pensiero. Ciascuna ha una leggibilità trascinante, al contempo, impegna in vie di teologia, psicologia, sociologia, dentro cui sostare, riflettere mettendo in discussione un proprio comportamento abituato o, per la persona cieca, rinunciatario.

 

John Martin Hull (1935 – 2015) nasce a Birmingham dove è stato Professore di teologia e scienze religiose. Nel 2016 è uscito il film documentario Notes on Blindness di Peter Middleton e James Spinney, vincitore del primo premio ai British Indipendent Film Awards.

 

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