“Una rete per l'inclusione”

Intervista al Direttore Generale della Banca di Bologna Alberto Ferrari
Luca Torrente
Matteo Zocca

Prosegue il progetto “Una rete per l’inclusione”, promosso dal nostro Istituto per valorizzare esperienze e realtà particolarmente attente ai temi dell’inclusione e della disabilità. Il referente del progetto, Luca Torrente riporta in questa intervista l’impegno della Banca di Bologna attraverso le parole del suo Direttore Generale. Il gruppo, presente sul territorio con 34 filiali, rappresenta un riferimento per la comunità locale anche per l’impegno sociale e valoriale.

 

Quali sono le buone pratiche della sua azienda nel supportare realtà come la nostra che si occupano di disabilità e inclusione?

 

Alberto Ferrari, Direttore Generale della Banca di BolognaDa quando ricopro il ruolo di Direttore Generale, ho sempre pensato che una realtà del territorio debba contribuire al miglioramento della comunità in cui opera. Per questo motivo, abbiamo realizzato diversi progetti legati alla solidarietà, alla cultura e al sostegno dei giovani. La nostra missione non si limita a remunerare gli azionisti, ma include anche il ritorno al territorio di una parte dei nostri utili. Collaborare con realtà come l’Istituto Cavazza, con la sua lunga storia e il suo impegno costante nel sociale, è stato per noi un vero piacere.

 

Quali sono gli elementi che considera essenziali per l’inclusione di persone con disabilità in un’azienda e più in generale nella società?

 

Ritengo che l’elemento fondamentale sia la cultura. È necessario creare un contesto accogliente in cui ogni individuo possa dare il proprio contributo. Ognuno può farlo nella vita privata, ma le aziende hanno la possibilità e la responsabilità di fare un passo in più. È importante non limitarsi agli obblighi normativi, come le liste e le disposizioni relative alle disabilità, ma considerare le persone come vere portatrici di valore. La cultura dell’inclusione va costruita attraverso ambienti dove le persone possono esprimersi al meglio, sentendosi accolte e valorizzate.

 

Pensa che il territorio del bolognese sia attento al mondo della disabilità?

 

Conosco bene il territorio, perché ci vivo e lavoro quotidianamente, e ritengo che sia sensibile a questi temi. Le aziende locali mostrano attenzione e impegno, ma credo che ci sia ancora margine di miglioramento. Alcuni livelli di disabilità sono più complessi da gestire, e in questi casi serve un’attenzione ancora maggiore. Tuttavia, l’interesse e la disponibilità delle imprese esistono e rappresentano una base importante su cui costruire ulteriori azioni.

 

Cosa può fare l’imprenditoria bolognese per incentivare la cultura dell’inclusione delle persone con disabilità?

 

È fondamentale trasferire questa cultura all’interno delle aziende e verso l’esterno, comunicando i progetti e le iniziative in modo chiaro. Coinvolgere i dipendenti, spiegando le motivazioni che stanno alla base di queste azioni, permette di creare una sensibilità diffusa e una catena virtuosa. Le persone, nella loro vita privata e in famiglia, assimilano questi valori, contribuendo a un contesto più attento e inclusivo. Nei nostri progetti, spesso i dipendenti stessi sono stati proponenti di iniziative, dimostrando che la sensibilità e l’impegno nascono anche dal coinvolgimento attivo di tutti.

 

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