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La Fornarina

Autore: 

Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520)

Datazione: 

1518-1519 circa

Collocazione attuale: 

Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini - Roma

Tecnica e dimensioni dell'opera originale: 

Olio su tavola - cm 85 x 60

Tecnica e dimensioni della traduzione plastica: 

Bassorilievo prospettico in gesso alabastrino – cm 74,5 x 72,5 x 20

Soggetto iconografico: 

Il genere del ritratto si diffonde ampiamente in età rinascimentale sulla scia delle funzioni celebrative ad esso assegnate nel quindicesimo secolo. Al ritratto rinascimentale si attribuiscono anche qualità di indagine fisionomica e psicologica del soggetto. La Fornarina può essere considerata un esempio di restituzione simbolica e al tempo stesso naturalistica di un corpo femminile. La postura aggraziata della giovane donna, qui ritratta discinta e a mezzo busto, la dolcezza del suo sguardo, la morbidezza dell’incarnato e il confronto tra il corpo tornito e lo sfondo arboreo sono tutti elementi che uniscono vero e ideale in un modello di pittura cinquecentesca in cui la realtà si dà con puntualità descrittiva ma anche con forza evocativa.

Descrizione dell’opera: 

Per una buona restituzione al tatto della bellezza morbida della Fornarina di Raffello Sanzio, la traduzione tridimensionale del dipinto – la cui dimensione ha misure leggermente inferiori all’originale – presenta rilievi modulati volti a garantire il riconoscimento immediato delle volumetrie del viso e dello sviluppo morbido del corpo, quindi del panneggio trasparente che vela delicatamente e pudicamente il busto della fanciulla.
Dopo avere fatto scorrere le mani lungo lo sviluppo perimetrale del rilievo, è possibile iniziare la lettura tattile sincronica e bimanuale del volto muliebre, percependo il lieve scorcio di tre quarti del viso, rivolto verso lo spettatore, rispetto alla delicata inclinazione del busto. Quest’ultimo risulta infatti più esposto nella sezione a destra del lettore, con aggettanza di spalla sinistra e rispettivo braccio, e meno evidente nella parte a sinistra del lettore, quindi destra per la Fornarina. Con un’esplorazione avvolgente, e di contenimento tra le mani dei volumi, si coglierà la dolcezza del volto della giovane, l’espressione riflessiva dello sguardo, la natura pronunciata delle palpebre e il disegno definito degli archi sopraccigliari, anche nel raccordo delle stesse con la sella nasale, infine le guance con zigomi alti, l’eleganza del mento e della bocca, le cui labbra risultano ben disegnate e sembrano accennare a un lieve sorriso. Nel ritratto originale la tecnica pittorica, improntata alla resa della fisicità del soggetto e ai toni caldi, è eseguita con velature e tocchi di colore sicuri che restituiscono punti di luce e delicati chiaroscuri sul viso.
Nella traduzione tattile del dipinto, questi valori pittorici sono stati trasformati in sensazioni tattili. Il disegno del turbante annodato sul capo della fanciulla lascia scoperta parte dei capelli pettinate a bande laterali con scriminatura al centro, e tattilmente è stato restituito con una superficie meno liscia, percorsa da striscioline che indicano la tessitura orizzontale e arcuata secondo la direzione di piegatura del tessuto che segue la forma del capo e risulta così restituito con nettezza di disegno. Nell’opera pittorica il turbante, di seta dorata a righe verdi e azzurre, annodato con spilla composta di due pietre incastonate con perla pendente, restituite anche nel rilievo tattile, risponde alla moda rinascimentale e compare in più opere di Raffaello, tra le quali La Velata. Nel ritratto della Fornarina, si nota come la giovane donna sia ritratta a seno scoperto, coperta da un velo delicatamente sostenuto dalla mano destra, in prossimità del petto. Un manto rosso cinge bacino e gambe della fanciulla. Sul braccio sinistro la donna porta un bracciale in cui è leggibile la firma dell’artista, su cui si legge, appunto, RAPHAEL VRBINAS, quasi un suggello d’amore. La mano si appoggia delicatamente sulle gambe, con lieve divaricazione delle dita. Ritratta di tre quarti verso sinistra, la Fornarina guarda verso la nostra destra, oltre lo spettatore. Sullo sfondo, alle sue spalle, si scorge una vegetazione rigogliosa che ritrae un cespuglio di mirto, pianta sacra a Venere. Il dipinto, quasi certamente modificato da Giulio Romano, fu conservato da Raffaello, presso il suo studio, fino alla morte, sopraggiunta poco dopo la conclusione dell’opera. Va ricordato che l’identità della modella risulta ancora oggi controversa. Prevale però l’identificazione con Margherita Luti, figlia di un fornaio di Trastevere, contrada Santa Dorotea, forse in quel periodo donna amata da Raffaello che la effigiò, appunto, col nome di Fornarina. L’opera, come si diceva, presenta un intervento dell’allievo Giulio Romano, secondo la prassi adottata nel lavoro di bottega normalmente svolto da Raffaello, e quasi certamente si colloca riconoscibile in prossimità di busto e braccia, doveva essere destinata a una collezione privata.
Dal punto di vista stilistico e cromatico questo ritratto si caratterizza per profondità dei toni e nitore delle forme: l’intensificarsi dei toni scuri sullo sfondo contrasta con l’incarnato eburneo della donna e questa nettezza di stacco tra figura e sfondo è dato dall’accuratissima e stratificata stesura della materia cromatica e dalla competenza con la quale l’urbinate rende nette e assolutamente evidenti le volumetrie del corpo, rispetto alla vegetazione retrostante.

Cenni sull'artista: 

Raffaello Sanzio nasce a Urbino, il 28 marzo 1483; tra i grandi maestri del Rinascimento è l’esponente di una pittura in cui tradizione classica e creatività si coniugano con estrema naturalezza. Allievo del Perugino, a soli diciassette anni è già citato dai contemporanei come “magister”. Agli inizi del 1504 si reca a Firenze con l’intento dichiarato di studiare le opere di Leonardo Da Vinci, Michelangelo e fra Bartolomeo. La sua evoluzione nel corso del soggiorno fiorentino può essere ripercorsa esaminando i numerosi dipinti sul tema della Madonna con il Bambino. Trasferitosi a Roma, per volontà del pontefice Giulio II, riceve una tra le committenze più importanti della sua vita, ovvero l’affrescatura delle Stanze Vaticane, opera alla quale si impegna nel 1511. Parallelamente a questa grande opera si rileva la sua cospicua attività di ritrattista, ma anche di realizzatore di opere a soggetto sacro. Nel 1514, in seguito alla morte dell’architetto Bramante, Raffaello viene nominato responsabile per la cura dei lavori nella costruzione di San Pietro, lavorando contemporaneamente alla realizzazione delle logge di Palazzo Vaticano. Oltre alle opere universalmente note, va ricordato come Raffaello sia giudicato grande ritrattista, capace di introspezione psicologica, ed eccelso pittore di soggetti sacri. Vale dunque annoverare tra i suoi ultimi capolavori la realizzazione della Trasfigurazione, opera che rimase incompiuta alla sua morte e quindi completata nella parte inferiore dal suo allievo Giulio Romano. La tela, anch’essa tradotta tridimensionalmente di recente, al fine di permetterne la conoscenza alle persone con minorazione visiva, e ubicata presso la Pinacoteca Vaticana, è un esempio della capacità costruttiva e monumentale di cui questo artista fu capace. Raffaello muore a Roma il 6 aprile 1520, a soli 36 anni, all’apice della sua gloria, ammirato dal mondo intero per come era stato in grado di incarnare sapientemente l’ideale supremo di serenità e bellezza del Rinascimento. Le sue spoglie giacciono presso il Pantheon, a Roma.

Dipinto: 

Ritratto

Contatti

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Orari di apertura al pubblico:
venerdì dalle ore 9:00 alle ore 18:00
sabato dalle ore 9:00 alle ore 13:30

Per visite guidate, attività didattiche e consulenze
è richiesta la prenotazione.

Curatrice del museo:

dott.ssa Loretta Secchi

loretta.secchi@cavazza.it

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