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Incoronazione della Vergine - Pannello centrale della Pala di Pesaro

Autore: 

Giovanni Bellini (Venezia, 1430 – Venezia, 1516)

Datazione: 

1475 circa

Collocazione attuale: 

Musei Civici, Pesaro

Tecnica e dimensioni dell'opera originale: 

Olio e tempera su tavola - 262 x 240 cm

Tecnica e dimensioni della traduzione plastica: 

Bassorilievo prospettico in gesso alabastrino; cm 68 x 63 x 19

Soggetto iconografico: 

L'evento dell'Incoronazione della Vergine nelle fonti teologiche è descritto come immediatamente successivo a quello dell'Assunzione in cielo, grazie a cui, secondo l'interpretazione di San Gerolamo, Maria viene condotta fino al trono di Dio. Il tema costituisce la scena finale dei cicli dedicati alla Madonna, dopo la morte e l'ascesa al cielo. L’iconografia dell’Incoronazione appare per la prima volta nell'arte gotica, dapprima scolpito sui portali delle cattedrali, poi dipinto sulle pale d'altare destinate a luoghi di culto mariani. Solitamente la cerimonia è officiata da Cristo, che pone la corona sul capo della Madre seduta sullo stesso trono o inginocchiata davanti a lui. Frequenti sono, tuttavia, le immagini in cui solo il Padre Eterno incorona Maria o quelle che raffigurano il Padre Eterno e il Figlio uniti in Trinità con lo Spirito Santo. La scena in genere avviene al cospetto della corte celeste ed è spesso affollata: il gruppo principale è attorniato da angeli musicanti, santi, beati, martiri, patriarchi. I santi presenti in queste rappresentazioni assumono lo stesso ruolo e significato che hanno nelle sacre conversazioni.

Descrizione dell’opera: 

Giovanni Bellini realizza l’Incoronazione della Vergine, opera principale di un articolato complesso pittorico, per la Pala di Pesaro, destinata alla Chiesa di San Francesco. L’artista ritrae la Vergine, incoronata dal figlio Gesù, alla presenza di quattro Santi stanti in piedi e in coppia, ai lati della scena principale, riconoscibili per gli attributi che ne connotano l’identità. A sinistra, in primo piano, vediamo San Paolo che impugna nella mano destra la pregiata elsa della sua spada, arma bianca che allude al martirio subito per decapitazione, oltre che al guerriero spirituale, mentre con la sinistra regge, probabilmente, il libro delle lettere scritte alle comunità cristiane. Il libro torna in San Pietro, posto in secondo piano, che non appare qui con il consueto attributo delle chiavi. A destra, in posizione simmetrica e speculare, troviamo San Francesco d’Assisi, in saio, segnato dalle stigmate, mentre nella mano destra regge la croce e nella sinistra il libro e San Gerolamo che, ritratto in veste cardinalizia, ha tra le mani un tomo di sacre scritture. Ricordiamo come l’attributo del libro alluda sempre alla sapienza, dunque al verbo divino tradotto in forma leggibile e comprensibile all’uomo. Il trono su cui sono assisi la Vergine e Gesù, posti rispettivamente a sinistra e a destra del lettore, è decorato con intarsi marmorei. La firma dell’artista “IOANNES BELLINVS”, visibile solo nel dipinto originale e posta sul gradino del trono, attesta l’autografia e la certa attribuzione del capolavoro al Giambellino. Cristo, che indossa una veste chiara e damascata, solleva la mano destra, reggente la corona, per porla sul capo chino della Vergine, la cui postura dei polsi incrociati e delle mani sul petto è segno di accettazione e obbedienza. Sul lato superiore, o trabeazione, un fregio istoriato riporta scene di guerra tra Milziade il Vecchio e i Lampsaceni. L’episodio, narrato da Erodoto, in cui si fa riferimento alla cattura e successiva liberazione del militare ateniese per volontà del Re di Lidia, Creso, è forse un riferimento a sconfitte e vittorie terrene. Chiudono il fregio due panoplie: la prima, a sinistra, presenta un corno di dovizie rovesciato, simbolo di avversità; la seconda, a destra, espone la lorica, lo scudo e il fascio, allegorie del potere riunito. Ricordiamo che il trono, dal basamento dodecagonale e dal carattere architettonico, ha braccioli alti e sullo schienale è ricavata una bucatura. Da quella finestra sullo sfondo, quadro nel quadro, si intravede un paesaggio collinoso e una rocca che, secondo alcune fonti, vale identificare con il Castello di Gradara, malgrado non si escluda del tutto una rappresentazione ideale della città di Gerusalemme e ancor più credibilmente, un riferimento di natura politica all’annessione della città di Pesaro ai possedimenti della Signoria Sforza, nota per l’edificazione di fortificazioni. La pavimentazione che introduce alla scena dell’incoronazione in presenza di una tacita conversazione tra santi e angeli è composta da pregiati intarsi marmorei e disegna geometrie che rafforzano la visione prospettica centrale, tipicamente quattrocentesca, della pittura rinascimentale. Il dipinto, nella sua solennità e monumentalità, è espressione, unitamente, di contenuti teologici e politici. Sovrasta centralmente la scena, sul limite della cornice superiore del trono, la colomba, simbolo dello spirito santo. Essa è circondata da una corona di cherubini. Allineate, stagliate su un cielo azzurro solcato da nubi, quattro teorie di angeli appaiono sospese in volo, simmetriche e speculari rispetto all’osservatore. Ogni raggruppamento è composto da tre teste alate secondo la consuetudine iconografica della raffigurazione di cherubini e serafini. L’Imago potentatis dell’Incoronazione è dunque la celebrazione di un potere civile e religioso al contempo, sormontato da l’Imago pietatis, ora rimossa dalla Pala, alla quale è utile riferirsi per considerare il messaggio di vita e morte qui contemplato. Una tacita sacra conversazione pare ingaggiata tra santi e angeli. L’accento, posto sulla natura ieratica della scena, evidenzia una dialettica esistente tra finitezza ed eternità.
Per una restituzione al tatto della qualità stilistica del capolavoro di Giovanni Bellini si consiglia di far scorrere le mani lungo il perimetro del bassorilievo, traduzione in valori plastici dell’opera pittorica, le cui dimensioni sono sensibilmente e funzionalmente ridotte rispetto all’originale e il cui grado di corrispondenza formale mira a conservare quanto più possibile un’equivalenza estetica.
In un secondo momento si propone di esplorare bimanualmente la pavimentazione che conduce al trono in cui sono assisi la Vergine e Gesù, per procedere nella lettura dei Santi a destra e a sinistra della composizione e infine culminare nella lettura dello Spirito Santo e delle teorie di Angeli. Solo dopo avere esperito il contenuto iconografico della scena, simultaneamente a una ricognizione dei soggetti principali, è possibile iniziare la lettura tattile, simmetrica e speculare della forma del trono, con l’identificazione del tema del fregio, fino a inoltrarsi nell’esplorazione tattile del paesaggio ricavato dalla bucatura, sullo sfondo del trono, così percependo la rocca e ogni dettaglio paesaggistico.
Ricordiamo al lettore che nelle traduzioni plastiche dei dipinti, i valori pittorici vengono trasformati in sensazioni tattili grazie ad un’accurata e raffinata modellazione di un prototipo in argilla da cui, per effetto di passaggi tecnologici del tutto artigianali, si perviene alla restituzione del dipinto in un bassorilievo opportunamente studiato per volumetrie e qualità tattili. Il dipinto originale rivela un cromatismo accesso e al tempo stesso approfondito nei toni, per effetto di chiari e scuri volti a conferire tridimensionalità ai corpi. Le variazioni del verde e dell’azzurro, rispettivamente riferiti al paesaggio e al cielo, sono cifra di una particolare sensibilità di Giovanni Bellini alla resa della luce e alla definizione delle profondità di campo, qui ottenute anche grazie a variazioni di densità dei valori cromatici e non solo per effetto di calcoli geometrico-matematici prospettici.

Cenni sull'artista: 

Giovanni Bellini, detto il Giambellino, nacque a Venezia nel 1438/1440 circa e si spense nella città lagunare il 29 novembre del 1516. Tra i più celebri pittori del Rinascimento italiano, lavorò ininterrottamente per ben sessant'anni traghettando la pittura veneziana, che in lui ebbe un fondamentale punto di riferimento, attraverso le esperienze più diverse, dalla tradizione bizantina ai modi padovani filtrati da Andrea Mantegna, dalle lezioni di Piero della Francesca, Antonello da Messina e Albrecht Dürer, fino al tonalismo di Giorgione.
Nelle sue opere Bellini seppe accogliere tutti questi stimoli rinnovandosi continuamente, ma senza tradire mai il legame con la propria tradizione, valorizzandolo anzi e facendone un punto di forza. Figlio di Jacopo e fratello di Gentile, si formò nella bottega paterna. I dipinti anteriori al 1460 sono caratterizzati dall'incisività del disegno e del tratto grafico nei contorni, ma già rivelano un'inclinazione per rappresentazioni intime e quasi dolenti delle figure, immerse in vasti paesaggi silenziosi. Il decennio successivo vede lo smorzarsi delle linee, che lasciano il posto a una ricerca della luce: ricchezza di toni e sfumature cromatiche contraddistinguono la pittura di questo periodo. Ma è proprio l'Incoronazione della Vergine, per la Pala di Pesaro, a segnare il raggiungimento della piena maturità e l’indipendenza artistica del Giambellino. In questa opera Bellini esprime una perfetta sintesi di colorismo e grafismo, elementi tipici, rispettivamente, della pittura veneta e dello stile fiammingo.

Dipinto: 

Incoronazione della Vergine

Contatti

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Tel: +39 051.33.20.90 Fax: +39 051.33.26.09

Mail: istituto@cavazza.it
 

Orari di apertura al pubblico:
venerdì dalle ore 9:00 alle ore 18:00
sabato dalle ore 9:00 alle ore 13:30

Per visite guidate, attività didattiche e consulenze
è richiesta la prenotazione.

Curatrice del museo:

dott.ssa Loretta Secchi

loretta.secchi@cavazza.it

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