Le forme dell’Amore negli stati dell’essere

Il percorso della vita tra sentimento e ragione, esperienza e speranza
Loretta Secchi

... Così dunque non è vero che ogni amare ed ogni Eros sia bello e degno di essere elogiato: lo è, piuttosto, l’Eros che incita ad amare in modo bello...” (Platone, Simposio, IV sec. a.C.)

Traendo linfa dalla Grecia antica, la cultura rinascimentale afferma l’idea di un Amore che è rigenerazione dell’essere, bellezza e bontà insieme, neoplatonica nascita dell’”Humanitas”, natura in forma di “Coincidentia oppositorum”: unione di spirito e materia. La duplice natura di Amore, a ben guardare, è una potente metafora della doppia natura 

della pulsione amorosa e conoscitiva, incisivamente espressa nelle allegorie botticelliane, vere e proprie narrazioni che si offrono all’osservatore come un trattato filosofico di complessa decifrazione, e rappresentazioni per immagini di un atemporale, eppure intuibile, messaggio simbolico. Nella Classicità, come nel Rinascimento, Amore è compenetrazione di esperienza sensoriale e intellettuale, di sentimento e spirito, ma il percorso che conduce a tale esito presuppone una coscienza del sentire che è intuizione del vero, del buono e del giusto. All’umano si offre un cammino esistenziale e metafisico che è al tempo stesso esperienziale e interiore, e per questo richiede un Amore “praticato”, di natura sensibile e gnostica.

Amore dormienteA tal proposito vale conoscere, sia pur in sintesi, le ragioni dell’esistenza di ben cinque forme di Amore spiegate come descrizione delle metamorfosi dei sentimenti e stati dell’essere. Iniziamo dalla divinità minore Pothos, rappresentazione lirica del desiderio amoroso e dell’anelito verso la perfezione del sentimento. Nelle copie romane che possediamo, della statuaria greca, Pothos è raffigurato come colui che, trasognato, volge lo sguardo al cielo, immergendosi nella speranza di ricongiunzione a un amore lontano. Va detto che in questa espressione del desiderio amoroso non vi è pulsione sensoriale fine a se stessa, piuttosto aspirazione, sentimento, nostalgia di qualcosa che è andato per sempre perduto o si teme di perdere e si vorrebbe ritrovare. Pothos è dunque il Dio intimista e sognante, colui che pur nel presente è proiettato in un altrove. Himeros è invece rappresentazione della passione momentanea, quindi del desiderio fisico presente e non maturo che chiede di essere immediatamente soddisfatto.

Liseros sarebbe la forza che spegne l’amore pulsionale, in alcune interpretazioni si identifica con la forza femminile che contrasta la veemenza maschile ma la complessità della correlazione tra forme dell’amore e loro trasposizione nei livelli di consapevolezza umana, è tale da imporci di evitare ogni riduzione di senso di queste mitografie. Liseros potrebbe essere considerato, per esteso, emblema di tutto ciò che, esistente in natura, e destinato a estinguersi, rinasce.

Cupido che fabbrica l'arcoEros è la forza vitale per eccellenza, il Dio dell’amore fisico, ciò che induce con passione ad andare verso una meta, quale ad esempio la bellezza. Eros, il Dio che muove e orienta, è sempre sorretto dalla motivazione e dalla passione, quindi dalla spinta attiva. Eros però è anche il desiderio irrefrenabile, visione in seguito spiritualizzata dai lirici greci, a partire dal VII/VI secolo a. C., senza che ciò alteri le caratteristiche crudeli e ingestibili del Dio.

Eros dunque, manifestandosi improvvisamente, agita in modo scomposto e persino cupo le sue vittime e per questo dal Medioevo sarà rappresentato bendato, a sottolineare come l’amore cieco possa essere fonte di incondizionata dedizione ma possa condurre anche a un destino funesto. La cecità di Eros, menzionata nella letteratura classica, ma iconograficamente rappresentata nelle arti figurative solo dal Trecento in poi, va letta nelle implicazioni di sorpresa e incognita proprie all’idea di forza costruttiva e distruttiva dell’Amore sensuale: dimensione carica di energia vitale a rischio di insidia. Ciò che nell’Eros delle Teogonie classiche si descrive, subirà così una straordinaria trasformazione per opera di Platone che nel dialogo Simposio spiegherà come Eros rappresenti esattamente la ricerca di completezza determinata dalla tensione amorosa e le mille astuzie a cui gli amanti si piegano, pur di raggiungere i loro obiettivi. In una disamina profonda e toccante, Platone illustra come Eros sia all’origine di ogni percorso conoscitivo, richiedendo all’essere di attraversare i tumulti dell’esperienza amorosa sensibile, sostarvi il necessario per convertirla in sentimento, e infine trascenderla, senza elusioni, senza illusioni. Sembra questo il percorso della vita, tra possesso e abbandono degli attaccamenti, appropriazione e restituzione di se stessi.

Cupido - Particolare de la Primavera di BotticelliAnteros è Amore reciproco, Amore corrisposto: fratello inseparabile di Eros è colui che ne permette la crescita e lo sviluppo. Moralizzato dall’iconografia tardo rinascimentale e barocca, Anteros è colui che ruba le armi a Cupido/Eros per evitare nefaste unioni, lo lega a una colonna o a un albero per temperarne la natura irruenta. Nella visione più ampia e autentica, di derivazione classica, Anteros è soprattutto la sintesi di tutte le metamorfosi amorose attraverso le quali si passa dalla conoscenza dell’atto amoroso, alla coscienza dell’essenza di Amore. Anteros è infine il traguardo a cui ogni essere dotato di anima e corpo idealmente tende: tra sentimento e ragione, esperienza e speranza.