Dall'assistenza alla cittadinanza attiva

di Alberto Borghi

Effetti della crisi sull'assistenza ai disabili ed ai cittadini pił deboli. Intervista ai Professori Andrea Canevaro e Giovanni Maria Mazzanti.


Ai margini del convegno "Mostrare la rosa al cieco", tenutosi a Bologna lo scorso maggio, abbiamo chiesto a due dei relatori, entrambi docenti dell'Università di Bologna, Prof. Andrea Canevaro, Ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale, Facoltà di Scienze della Formazione, e Prof. Giovanni Maria Mazzanti, Professore a contratto della facoltà di Economia, se sia possibile, in un contesto di tagli che mirano ad eliminare sprechi e disfunzioni, immaginare una rivisitazione del concetto stesso di "assistenza al disabile", con forte specializzazione delle competenze e, conseguentemente, dei servizi da offrire a tale categoria di utenti; o se, al contrario, si sia destinati ad una eliminazione sistematica e generalizzata di fondi che arrivi, in ultimo, a porsi in contrasto con i precetti costituzionali. Il quesito è posto sia all'economista che al pedagogista, in considerazione delle proprie specifiche competenze
Il Welfare in Italia oggi rimane aderente ai precetti costituzionali?
Prof. Canevaro: Possiamo considerare i precetti costituzionali come un passato da conservare. Possiamo anche considerarli un futuro da costruire. Proviamo ad andare in questa prospettiva. La nostra Costituzione pone il lavoro come elemento fondamentale. Il Welfare deve quindi connettersi al tema fondante, cioè al lavoro. Proprio il lavoro potrebbe costituire il punto di incontro di coloro che hanno un progetto e ne sono appassionati. E possono realizzare il loro progetto, la loro passione, e nello stesso tempo contribuire al bene comune. Lo stanno facendo quelle aziende che producono tenendo conto delle differenze che sono nei cicli dell'esistenza umana, compresa la differenza che comporta l'invecchiamento. Aziende che costruiscono oggetti per la qualità della vita "nonostante", nonostante un'invalidità, nonostante l'invecchiamento, ecc., hanno un valore aggiunto per il mercato e contribuiscono alla realizzazione della nostra Costituzione. Potremmo fare anche altri esempi, compresa l'edilizia, che può prevedere esigenze speciali, e con questo e per questo avere più mercato. Al centro di tutto ciò c'è la passione per il proprio lavoro, che non per caso diventa contributo al bene comune che è nel cuore della nostra Costituzione.
Prof. Mazzanti: L'Italia è il paese dell'Unione Europea con la più alta aspettativa di vita alla nascita e tra i grandi paesi a livello mondiale è seconda solo al Giappone. Un risultato straordinario frutto dell'investimento lungimirante nel nostro modello di Welfare. Il rischio oggi è quello di ricadere in precedenti modelli di Welfare di tipo corporativo che identificavano nella condizione lavorativa dell'individuo la principale porta di accesso ai servizi. La sfida è quella di continuare ad aggiornare le risposte ai bisogni in modo coerente con la vocazione universalistica e riscoprendo anche l'importanza dell'organizzazione spontanea dei cittadini in una Repubblica fondata sul lavoro.
L'attuale crisi economica può portare ad una ridefinizione del concetto stesso di equità sociale?
Prof. Canevaro: È l'occasione per farlo. L'equità sociale è l'alleanza di servizi sociali, sanitari, educativi, culturali, e delle reti sociali. Bisogna cercare di delineare, profilare l'identità competente che è un identità che collega, che integra. Abbiamo bisogno di essere parte di un gruppo più ampio, ed è il superamento della categorizzazione, ovvero del far sì che una persona con una certa disabilità, ad esempio un non udente, si senta solo appartenente al popolo dei sordi. Cerchiamo di superare questo aspetto pensando che l'appartenenza di un soggetto sordo non è legata alla sordità, ma alla cittadinanza, alla partecipazione. Le categorie diventano un elemento di un'identità plurale, competente, capace anche di organizzarsi in un'appartenenza

Foto - Prof. Andrea Canevaro

sociale.
È importante, fondamentale, cercare di fare incontrare il bisogno con la competenza. Significa superare quei meccanismi di assegnazione di operatori o di sussidi che al momento sono unicamente preoccupati di stabilire una quota oraria sulla base della possibilità di spesa, e non sulla risposta a bisogni che, se trovassero risposte adeguate, permetterebbero il passaggio dall'assistenza alla cittadinanza attiva, e da soggetto parassitario per destino, a soggetto attivo e propositivo.
Prof. Mazzanti: Per evitare che la riduzione del finanziamento pubblico si traduca in un automatico aumento delle disuguaglianze nell'accesso ai servizi occorre introdurre riforme che favoriscano l'equità. La maggior incidenza di spesa privata per l'acquisto dei servizi provoca infatti discriminazione di reddito, esclusione di parte di cittadini e una maggiore iniquità. A parità di risorse utilizzate, occorre che il sistema di incentivazione fiscale rinforzi strumenti quali le detrazioni fiscali che rispetto alle deduzioni consentono di spostare il beneficio a favore delle fasce di reddito più basse.
Come è possibile conciliare la necessità del rigore finanziario e contabile con i diritti fondamentali dei cittadini? Esiste un limite ai tagli invalicabile?
Prof. Canevaro: Si dice, e giustamente, che se tutti pagassero le tasse, si potrebbe avere meno tasse. È altrettanto e più importante fare in modo che i prelievi fiscali si convertissero in spese tracciabili. I tagli senza la tracciabilità della spesa fanno correre rischi enormi. E possono portare a spendere di più. Occorrono dinamiche virtuose. Cominciamo ad esempio dai profili professionali degli insegnanti e in particolare degli insegnanti che hanno il compito specifico della specializzazione per l'integrazione. Ma non fermiamoci lì: in parallelo cerchiamo di avere la stessa attenzione per le figure degli educatori sociali ovvero quelle figure professionali, giá evocate in questa riflessione, che non fanno parte del sistema sanitario in senso stretto, questi ultimi è bene chiamarli educatori professionali, come il decreto fatto dall'allora Ministro della Sanità Bindi aveva indicato, distinguendo gli educatori sociali che fanno parte dell'extrasanitario in un senso rigorosamente amministrativo. Certamente la cura della salute, connessa alla qualità della vita, non è un compito unicamente delle figure sanitarie ma anche delle figure sociali. Il sistema cura interagisce con il sistema educante, formando un solo sistema. È interessante utilizzare questo modo di esprimersi facendo vivere il termine 'cura' non in senso strettamente farmacologico medico ma nella accezione più ampia del "prendersi cura", dell'accrescere le caratteristiche che possono dare qualità alla vita degli individui e della società. Dobbiamo ricordare che mentre le "capacità" hanno una

Foto - Prof. Giovanni Maria Mazzanti

dimensione sostanzialmente individuale, le "competenze" sono sociali o non sono.
Prof. Mazzanti:
La buona amministrazione dei fondi pubblici e privati è un diritto dei cittadini che li facilita nell'effettivo raggiungimento di quei diritti che loro stessi nell'esercizio democratico individuano come rilevanti. Il finanziamento della spesa pubblica fa parte del patto di cittadinanza e rientra in un equilibrio in costante evoluzione. In generale, a parità di risorse pubbliche, rilevanti miglioramenti nell'offerta di servizi sia pubblica sia privata sarebbero ottenibili se nel nostro paese si creasse una maggiore organizzazione della domanda di servizi da parte dei cittadini.
Gli interventi a favore dei disabili, in particolare, possono acquisire paradossalmente una maggiore efficacia perché più mirati, a causa delle risorse ridotte?
Prof. Canevaro: La domanda fa riferimento ad un fenomeno che va chiarito. L'efficacia dell'intervento mirato è tutta da dimostrare. È utile ricordare, per mettere in guardia dai rischi dello specialismo, la storia dell'occhio della rana. L'occhio della rana ha una specialità mirata, ed è incapace di vedere ciò che non si muove, mentre vede anche il minimo movimento. La rana può morire di fame, circondata di mosche morte, se non c'è un alito di vento a muovere quel cibo prelibato. La prospettiva inclusiva non può essere riservata a categorie: è aperta a tutti. È un elemento che rinforza la necessità che tale prospettiva venga acquisita nella formazione di base di alcune professioni, possibilmente il più possibile delle professioni. Prospettiva inclusiva quindi come elemento di base e di conseguenza possibilità che nell'elemento di base che è il profilo professionale vi siano delle necessità di competenze specifiche ma non esclusive: specificità e non esclusività. La competenza chiusa rischia di creare dei danni e di non accorgersene; o per lo meno di avere delle difese tali da ritenersi non confrontabile, fuori da ogni comparazione e valutazione da parte degli esterni alla competenza.
Prof. Mazzanti: La riduzione delle risorse in sé rischia solo di aumentare la fragilità di chi può ottenere un beneficio minore dalla stessa dotazione di risorse economiche. Tale rischio è ancora più rilevante, se la maggior specializzazione si traduce in un abbandono della dimensione inclusiva, con un approccio che perda di vista il vantaggio dell'inclusione a fronte dello svantaggio immediato e futuro delle segmentazione/segregazione. Esiste invece spazio per strumenti innovativi ispirati al principio della solidarietà e della mutualità che prendano la forma di prodotti/servizi specifici pensati per disabili, finanziati da privati e integrativi degli attuali servizi offerti dal pubblico.

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