CIAK si gira:
seguite la mia voce!

di Alberto Borghi

Attori e registi non vedenti per raccontare l’eterno ciclo dell’amore.


Quanti di noi hanno istintivamente chiuso gli occhi nel buio di una sala cinematografica, improvvisamente sovrastati da un’emozione, che fosse paura, commozione o rabbia, rimanendo soli, in compagnia della sola voce degli attori? Provate però a pensare al contrario, ossia all’attore che recita senza vedere alcunché, né gli altri protagonisti della pellicola, né il regista e nemmeno la cinepresa. Sì, esiste un film che ha in scena solo attori non vedenti, diretti da una regista non vedente, truccati da un truccatore non vedente (che naturalmente recita!).

Immagine - Disegno di una cinepresa

O meglio, esisterà, perché è tuttora in via di realizzazione, in Israele, per mano della regista, Dina Guder, coadiuvata dalla Direttrice del Centro Servizi per i non vedenti di Ramat Gan, Yaeli Rokach. Si tratta di un’esperienza che non ha nulla di professionale, affidata solamente alla passione dei diretti protagonisti.

Immagine - Assistente che dà il ciak E che richiede un impegno fisico e psicologico importante, tanto che le riprese durano solo un paio di ore alla settimana. Ma in quelle due ore, ognuno offre il meglio di sé. Il classico ciak acquista un rilievo ancora maggiore, perché gli attori devono misurarsi con gli spazi resi ancor più delimitati dal raggio d’azione della cinepresa. E non è abusare di un’immagine retorica dire che vengono guidati dalla regista, poiché la voce assume ancor di più un ruolo di referente non solo nel processo creativo, ma pure in quello di spostamento nel set. Che la regista non veda, d’altronde, non ha poi così tanta importanza. Requisito fondante di questa figura è che trasmetta agli attori delle idee e delle emozioni, affinché questi le traspongano sulla pellicola, e, da essa, approdino infine nel cuore dello spettatore. E sarà poi sempre con le parole che lo spettatore cercherà di raccontare l’emozione vissuta davanti allo schermo, che

peraltro assai di rado coincide con quella alla base dell’idea creativa del regista. Il cinema è d’altronde pura emozione, è interpretazione del gesto, della mimica e della parola. Può anche assumere le vesti dell’opera politica, evento certamente frequente in Israele. Tuttavia, non è questo il caso, dal momento che sul palco salgono le emozioni e gli affetti. La trama ha come sfondo, infatti, la storia di due ragazzi che si incontrano e si innamorano. Lei è non vedente, lui è normodotato. Si avvicinano, si conoscono e si adattano l’uno all’altra, a fatica, ma con successo.

Immagine - Ciak

Poi, improvvisamente, anche lui conoscerà la cecità e forzatamente gli si sveleranno tante piccole verità sulla condizione di lei, sfuggite in precedenza, nonostante gli sforzi dettati dal sentimento. Si tratta di un’opera che non deve nutrirsi di curiosità perché realizzata da “diversi”, bensì per ciò che, chi si nutre di diversità, può creare e donare a tutti, con un tocco speciale.