Buio in sala

di Silvia Colombini

Quando la cecità accende la fantasia di chi fa cinema e di chi va a guardarlo.
Da Audrey Hepburn a Vittorio Gassman, tutte le star che ci hanno fatto sognare al cinema.


Cinema. Luogo oscuro dove ci sediamo per veder proiettate, come per magia, le nostre emozioni più segrete che improvvisamente scopriamo essere condivise da altri.

Foto di Audrey Hepburn

Da chi le interpreta, da chi è seduto al nostro fianco, da chi le ha filmate su una pellicola che Pasolini definiva “consistente come le ali di una farfalla”, e che come una farfalla si fa seguire guidando il nostro sguardo verso nuove fantasie. Mondo di luci e ombre, di persone che fingono di essere altre persone, di uno schermo dove scorrono illusioni, il cinema sembra subire una particolare e paradossale fascinazione con il tema della cecità anche perché forse, come dice Woody Allen, non occorre vedere per creare, perché un regista mette in scena una sua visione interna. Universi paralleli che vivono di immagini immaginate, cecità e cinema da sempre intrecciano i loro destini.

Foto tratta dal film "Anna dei miracoli"

“È una fortuna essere ciechi, perché i ciechi non vedono le cose come sono, ma come immaginano che siano.“ Così Vittorio Gassman nei panni del capitano Fausto Consolo, il protagonista del film Profumo di donna (Dino Risi, 1974), regala al cinema uno dei suoi personaggi non vedenti più famosi. Tratto dal romanzo di Arpino “Il buio e il miele”, vincitore del David di Donatello per la miglior regia e miglior attore e candidato all’Oscar, il film italiano è stato poi ripreso da Hollywood nel 1992 con Al Pacino nei panni che furono del mattatore Gassman. Dal thriller alla commedia, dal romantico al film d’azione, non c’è genere cinematografico che non abbia messo al centro della storia un personaggio non vedente. Il primo fu Charlie Chaplin.
In quello che è considerato il suo capolavoro Luci della città (City lights, 1931), fa innamorare Charlot di una fioraia cieca. Romantico, divertente e pieno di grazia il film, muto, riesce a commuovere in maniera autentica, raccontando solo grazie alla colonna sonora ed alle immagini una poetica

storia d’amore. In tempi più recenti invece, con A prima vista (At firtst sigh, Irwin Winkler 1999), la relazione tra il cieco Val Kilmer e Mira Sorvino assume toni più melensi nel tipico stile americano, mentre ne Il cuore altrove (Pupi Avati, 2003), l’amore tra la ragazza cieca e il professore è funzionale anche a descrivere la società italiana dei primi anni venti, con i suoi pregiudizi ed il suo provincialismo. Ha i toni del melodramma, ma senza pietismi e con la forza della storia vera, anche il pluripremiato Anna dei miracoli (The miracle worker, Arthur Penn 1962).Il celebre film è ispirato alla vita della scrittrice sordomuta e cieca Helen Keller, che nella propria autobiografia The Story of My Life ha raccontato l’esperienza vissuta da bambina accanto alla sua insegnante Annie Sullivan. Entrambe le attrici protagoniste, Anne Bancroft nel ruolo di Anne e Patty Duke in quello di Helen, vinsero l’Oscar per la loro toccante interpretazione. Dall’America al Giappone, dove l’eclettico Takeshi Kitano nel 2003 affronta come regista e attore la cecità in Zatoichi. Il suo samurai cieco, personaggio leggendario della tradizione giapponese che combatte contro le ingiustizie, è lo strumento utilizzato dal regista per una critica alla superficialità del nostro mondo, dove le immagini nascondono la verità profonda delle cose, visibile ormai solo ad occhi chiusi e mente aperta. Il cinema quindi non si limita a raccontare personaggi non vedenti commoventi o in difficoltà, ma ne fa eroi che proprio in virtù della loro menomazione, lottano e non subiscono i soprusi di una società ostile. In Daredevil (Mark Steven Jhonson, 2003), il protagonista è addirittura un supereroe. Il film è infatti la trasposizione del fumetto della Marvel e racconta le gesta dell’avvocato Matt Murdock, privo della vista, ma dotato di sensi acutissimi. In Furia Cieca (Blind Fury, Phillip Noyce 1989), il mitico Rutger Hauer nasconde una spada nel suo bastone da passeggio, è esperto di arti marziali e combatte contro sicari feroci. Lo stesso comportamento coraggioso della fragile Audrey Hepburn che ne Gli occhi della notte (Terence Young, 1967) si difende da tre delinquenti che cercano una partita di droga nascosta in casa sua. Per un’arte che ha fatto del vedere la sua principale modalità espressiva, è davvero

Locandina del film "Profumo di donna"
singolare quindi la quantità di film prodotti: dai comici Hollywood Ending (Woody Allen, 2002) e Non guardarmi, non ti sento (Arthur Hiller, 1989), dall’horror The village (M. Night Shyamalan, 2004), al dramma di Dancer in the dark (Lars von Trier, 2000), alla biografia di Ray Charles Ray (Taylor Hackford, 2004).

Locandina del film "Ray"
Per arrivare ai due successi annunciati in uscita a breve. Uno è il film Cecità del regista brasiliano Fernando Meirelles tratto dal capolavoro del premio nobel José Saramago in cui la cecità diventa una metafora per raccontare la fragilità della condizione umana e l’incapacità di vedere davvero chi ci sta vicino. L’altro è il nuovo film di Pedro Almodovar Abbracci spezzati (Los Abrazos Rotos) in cui il regista spagnolo, ispirandosi ad una malattia che l’ha costretto a letto al buio per molti mesi, racconta come il dolore e l’oscurità possano diventare energia per l’immaginazione.
Se il cinema, da sogno fatto di luce e di movimento, raccontando il mondo di chi non vede diventa emozione pura, è forse perché davvero tutte le visioni più profonde dell’animo umano non hanno bisogno di occhi per farsi vedere, per farsi sentire, per parlare dell’esperienza che ci accomuna tutti. Quella della vita immaginata, alla fine tanto più vera di quella di ogni giorno.

Locandina del film "Zatoichi"