Quando il futuro ti piomba addosso te ne accorgi per caso

di Francesco Levantini

Mobile Wireless Accessibility: oltre il desktop... “Harry Potter e la Mappa del Malandrino”.


Mi è capitato una mattina entrando in ufficio un giorno in cui, forse perchè avevo meno impegni del solito, ho perso qualche minuto per guardarmi attorno ed è stato allora che mi sono accorto di qualcosa di strano. I miei colleghi invece di parlare al telefono lo “guardavano”! SMS ho pensato, la moda del momento ma quella sensazione di Déjà vu. Ci ero già passato molti anni addietro quando entrando in ufficio avevo visto i colleghi smettere di digitare sulla tastiera e guardare un frecciolino sullo schermo guidato dal mouse. Allora erano le icone dei nascenti sistemi operativi grafici e oggi? Sono le “physical icons” (icone fisiche) dei sistemi informatici domotico/ambientali. Negli anni ‘90, quando la lettura di un documento a video risultava fastidiosa, l’utente ne catturava l’icona col mouse, la trascinava sull’icona della stampante ed il gioco era fatto.
Oggi, con iphone, Android o Microsoft Surface, quando risulta scomodo leggere l’email dal telefonino lo si appoggia sulla stampante e il gioco è altrettanto fatto! Ma il mouse non c’è più, è la mia mano a farne le veci. Il desktop non è più quello sul video fatto di pixel e di bit, ma sono gli atomi della mia scrivania reale. Se voglio condividere una fotografia con un collega vi ci appoggio il palmare e la fotografia esce immediatamente dal telefono per aprirsi sul piano del tavolo. Si lascia allargare o spostare con le mani, sono le dita dell’utente e non i bottoni del mouse o della tastiera ad agire. Foto - Modelli di telefonini

Immagine - "Harry Potter e la Mappa del Malandrino"

Ma se le icone grafiche negli anni ‘90 erano una barriera per il non vedente cosa dire delle icone fisiche di oggi? Nei sistemi domotici l’icona fisica più importante è anche la più accessibile al cieco, sono io, il mio corpo, il mio gesto.
Non è più lo screen reader che mi guida sullo schermo ma è un sistema wireless che segue la mia persona, si accorge che mi sto avvicinando all’ascensore e, quando entro, prenota il piano dove c’è l’icona fisica della mia scrivania o di quella del collega di cui ho aperto la voce di rubrica sul cellulare.
Il palmare come una vera e propria “Mappa del Malandrino” di Harry Potter dove invece di esserci rappresentati i luoghi e gli oggetti di Hogwarts, gli spostamenti di Albus Silente, di Hermione Granger o della professoressa McGranitt, ci sono i miei colleghi, la sala riunione, la coda alla macchinetta del caffé o al ristorante aziendale.
Una nuova magia fatta di device mobile di localizzazione/traccia/guida, di optical light/character recognize con cui il cieco può trovare e interagire con il vasetto dello yogurt, leggerne il gusto o la data di scadenza, scoprire il colore di una giacca o può fotografare e leggere l’immagine del documento che il collega ha aperto sulla scrivania.Siamo certo all’inizio e gli ausili del mondo delle icone fisiche non hanno ancora raggiunto l’efficienza che gli screen reader forniscono al cieco quando si muove sul desktop tra le icone grafiche. Stanno però crescendo in fretta e lo fanno con una marcia in più: le comunità di autoaiuto digitali e l’open source. Ma gli ausili non bastano, dalla società dell’informazione (il mondo sulla scrivania tramite Internet) le icone fisiche ci stanno avviando verso la società della conoscenza in cui ciò che conta è la condivisione delle proprie esperienze. Dal villaggio globale, in cui dal mio ufficio potevo leggere i giornali di New York o Sydney, col Web 2.0 stiamo tornando
all’Agorà personale, alla molto più produttiva e divertente idea di mettere la scrivania in tasca e portarla con noi nel microcosmo personale di amici e colleghi con cui viviamo e lavoriamo. Condividere esperienza e conoscenza è però molto diverso dall’acquisire informazioni: se non imparo a preparare il Tiramisù cosa me ne faccio dell’informazione della data di scadenza sulla confezione di mascarpone? Solo quando il dolce sarà pronto potrò chiamare gli amici, magari via SMS o MMS, per invitarli a cena.
Questo comporta una necessaria trasformazione del cieco: da esperto di tecnologie assistive deve diventare esperto del business più vicino alla sua vita reale, a quella dei suoi amici o colleghi.
Devono altresì cambiare le associazioni ponendo più attenzione all’integrazione che all’autonomia. Non sono le icone fisiche inaccessibili ai non vedenti, ma le scuole, le università o i master post-laurea in cui si formano i gruppi di lavoro. Il mito dell’autonomia, importantissimo nel momento formativo di un disabile, nella vita quotidiana o professionale è autarchia, “un mantello dell’invisibilità” che relega il cieco alla scrivania col desktop del computer e lo screen reader. Se aiutiamo il cieco a liberarsi di questo mantello lo strappiamo per qualche ora al giorno dal villaggio globale per riportarlo nella propria quotidianità. Oggi più digitale e tecnologica di ieri, è vero, ha qualche bit in più e qualche atomo in meno, ma certo meno virtuale e più concreta, divertente ed emozionante di Internet.
Mobile Wireless Accessibility, il progetto in cui dal 2004 sto lavorando con IBM, Asphi, Nokia e Cisco è tutto ciò. Tecnologia, il meglio che il mercato offre per l’interazione del disabile con le icone fisiche di un ufficio o di un gruppo di lavoro aziendale, ma soprattutto formazione, formazione e ancora formazione sul core business del proprio mondo professionale.