Il teatro Comunale

di Maria Chiara Mazzi

Palcoscenico europeo di una straordinaria avventura musicale.

Il teatro Comunale di Bologna, oggi uno dei punti di riferimento regionale e nazionale per la produzione operistica e sinfonica, quanFoto - Esterno del teatro Comunaledo nacque a fine Settecento era solo l’ultimo dei tanti, importantissimi teatri che in città in quel secolo godevano di prestigio e spettatori quali il teatro della Sala, il teatro Formagliari e il teatro Marsigli-Rossi. Ma dal 1756, data nella quale il Senato della città decise di far costruire sul luogo del “guasto” bentivolesco un edificio adibito all’opera, è il Comunale, anche se non si chiamava così, ad attirare tutta l’attenzione: nella volontà dei committenti si doveva trattare infatti del teatro principale d’una città senza corte (pur seconda per importanza nello StatFoto - Interno in b/n del teatro Comunaleo della Chiesa), ma tra le prime in Europa per disponibilità al dialogo e scambi con l’esterno grazie alla sua posizione centrale sulle vie di comunicazione e alla presenza dell’Università.
Il progetto della costruzione fu affidato ad Antonio Galli Bibiena e subito montò la polemica, scatenata dagli architetti locali come Torreggiani e Dotti, che ebbero però poca fortuna contro uno dei rappresentanti della più celebre famiglia di architetti teatrali del mondo. Poi Bologna fece subito capire quale sarebbe stata la direzione del “suo teatro”, non smentendo quella vocazione all’apertura culturale che sarebbe stata caratteristica saliente della sua avventura musicale. Venne infatti chiamato per l’inaugurazione Christoph W. Gluck, propugnatore di una delle più celebri riforme del melodramma della storia, il quale propose per l’apertura, avvenuta il 14 maggio 1763, “Il TrionfFoto - Interno del teatro Comunaleo di Clelia”.
La crescita del teatro nell’Ottocento fu grande, favorita anche dal gran numero di professionisti dell’opera residenti a Bologna, non solo cantanti, ma anche compositori, maestri di canto, impresari, editori e giornali, anche la connessione con le altre istituzioni cittadine, innanzitutto il Liceo Musicale di cui spesso il direttore era anche guida nelle stagioni liriche e sinfoniche.
Diventò, insomma, un fulcro di eventi che raggiunse la sua massima espressione subito dopo l’Unità d’Italia dal 1860 quando, grazie anche ad un grande direttore d’orchestra come Angelo Mariani, a Bologna cominciarono ad essere proposti repertori lirici e sinfonici fino a quel momento quasi sconosciuti in Italia, come le sinfonie di Beethoven, l’opera francese di Gounod e Meyerbeer, il Verdi meno noto (quello del Don Carlo) e infine, Wagner.
Nel 1871 per la prima volta in Italia, a Bologna, sulle tavole del Comunale, risuonarono le note del “Lohegrin”, avvenimento di straordinaria portata non solo musicale, ma anche estetica e sociale.
Fu solo il primo episodio di una lunga storia di esecuzioni speciali a Bologna, dovute al coraggio dei direttori che seguirono Mariani, come Mancinelli e Martucci, i quali contribuirono allo svecchiamento dei programmi, alla conoscenza e alla diffusione della musica sinfonica austro-tedesca in un Paese come il nostro imbevuto solo di opera.
Una ricerca che culminò il 1° gennaio 1914 quando proprio sulle tavole del Comunale venne rappresentato per la prima volta al mondo fuori da Bayreuth il “Parsifal” di Wagner, punto di arrivo di un percorso che, non a caso ai margini della guerra mondiale segna il punto più alto della fama della città felsinea, riportata ai grandi fasti dell’epoca di Martini e Rossini.