Toglietemi tutto, ma non il mio Braille
di Alessandro Bergonzoni
Tutto può
succedere in una notte buia e tempestosa.
Normale notte di novembre. Un’ombra sinistra, se non proprio mancina,
appare dietro una porta a vetri dell’ingresso. Con una certa facilità,
anche se non so quale, s’intrufola una figura d’uomo alta, con un
passamontagna in testa che mi pare però senza aperture per gli occhi,
ma soltanto con aperture per naso e orecchie.
Particolare: il losco ha con sé un bastone bianco. Si porta verso la
cucina inciampando su una bugia, infatti per terra non c’è nulla;
sale le scale ma pesta il cane, Pelochiaro, che comincia ad abbaiare come un
ossesso. Vedo che il ladro cerca di distrarlo facendogli l’imitazione
di un osso, poi di una cagna, di una zuppa, di una cuccia; ma Pelochiaro continua
ad abbaiare.
“Buono Blek… buono Flic, buono Dick… Bobi… Berny…
Ringo…”
Decisi di intervenire: “Vuole che glielo suggerisca o ci arriva da solo?”
“Voglio arrivarci da solo: Zora?”
“No.”
“Bill?”
“No.”
“Full?”
“Ci siamo quasi.”
“Fullson…”
“Si chiama Pelochiaro…”
“Be’, non c’ero andato lontanissimo…”
Mi avvicinai a quell’uomo e lo presi sotto braccio: “Lei è
un ladro, vero? Un ladro non vedente…Venga con me, l’aiuto io.”
L’ho accompagnato nel villino dei vicini di cui tenevo un duplicato delle
chiavi e di tutto il resto.
“Mi segua. Questa è la cassaforte: la roba più importante
penso sia tutta lì…”
“Ma lei è di una gentilezza estrema, non so come io…mah!”
“Si figuri… se non ci si dà una mano tra persone di cuore…
ma non perda tempo… furti, furti a man bassa… ne approfitti!”
Mentre il cieco arraffava io mi sono messo al pianoforte e ho intonato senza
volere il valzer delle candele, così anche se il cieco non poteva vedere
le candele almeno poteva sentire la musica.
“Credo di aver finito… se lei però magari dà un’occhiatina
in giro… sa…”
“Capisco” dico io. “Sì, ha dimenticato questi candelabri
e l’orologio a cucuzzolo.”
“L’orologio a cucuzzolo?”
“Sì, è un pezzo unico: è una sveglia del Quattrocento
a forma di montagnetta innevata.”
(Ovvio che stavo inventando, ma lui non poteva saperlo: non poteva leggere nel
pensiero, dato che il pensiero Braille non l’ha ancora inventato nessuno).
L’ho riaccompagnato al suo cane, gliel’ho montato in groppa e con
una pacca nel culo (del cane, s’intende) l’ho congedato augurandogli
buona fortuna e dimostrandogli infinita stima, perché certo aveva scelto
un mestiere non facile come, chessò, quello di un tiratore con l’arco
senza braccia, di un maniaco senza manie, di un pilota di formula Uno che non
conosce la formula e via dicendo. Li ho visti sparire nella notte tutti e due
a occhi spenti.