Cavalcando nuove esperienze
di Irene Schiff
Tutto è cominciato mettendo insieme le idee di un gruppo di genitori.
“Prima di cominciare avevo tanta curiosità, ma anche un po’
di paura e così all’inizio ho lasciato che i miei compagni salissero
sul cavallo e io mi sono limitato a camminare di fianco a loro; poi ho voluto
provare anch’io e alla fine non sarei più voluto scendere”.
Chi parla è il simpatico Giulio, uno dei quattro partecipanti alla
settimana di equitazione per ragazzi e ragazze ipovedenti o non vedenti. Quattro
vitalissimi undicenni, due femmine e due maschi, pieni di curiosità,
voglia di sperimentarsi ma anche, ovviamente, frenati da alcuni timori. Per
quasi tutti loro, si trattava della prima esperienza, ma dopo cinque giorni
sapevano sellare, pulire, guidare il proprio cavallo sia in maneggio che in
passeggiata e, come se non bastasse, sapevano compiere dei piccoli caroselli
e giochi di squadra pur sempre sotto la vigile e affettuosa sorveglianza dei
loro Istruttori. Tutto è cominciato mettendo insieme le idee di un
gruppo di genitori, idee subito accolte con grande disponibilità dall’Istituto
dei ciechi Francesco Cavazza nella persona del suo Direttore Mario Barbuto
e attuate grazie all’Associazione Aiasport nel vasto e verdeggiante
maneggio “Il parco dei cavalli-Gese” di San Lazzaro.
Chi vi scrive ha iniziato più di venti anni fa a lavorare in questo
settore quando era più credibile dire di avere appena incontrato un
marziano piuttosto che pensare che un portatore di handicap potesse praticare
l’equitazione! Di ragazzi e ragazze ne ha quindi visti tanti, eppure,
ogni volta è una grande emozione assistere al rapporto affettivo e
produttivo che si instaura fra una persona diversamente abile ed il cavallo.
L’ippoterapia è una tecnica antichissima, se ne parla già
nel IV sec. a.C., ma solo di recente è tornata ad essere praticata
e con molte soddisfazioni. Ma che cosa ha di tanto speciale il cavallo per
cui Camilla, Debora, Giulio e Matteo, le nostre amazzoni e i nostri cavalieri,
hanno deciso di provare dapprima per una settimana e poi di voler rendere
più costante questo appuntamento trasformandolo in un incontro settimanale
per il 2004-2005? Chiediamolo direttamente a loro. “Ciò che mi
è piaciuto di più?” dice l’affettuosa Camilla, “fare
le passeggiate nei sentieri in salita perché sentivo che il cavallo
era forte, ma nello stesso tempo ero io che, in groppa a lui, gli dicevo dove
doveva andare”. “Per me”, aggiunge Matteo il chiacchierino
della compagnia,
“è stato divertente distendermi sulla sua schiena e mettermi
in ginocchio sulla sella come un atleta del circo. Abbiamo anche intervistato
il veterinario e l’artiere, l’uomo che accudisce i cavalli, e
abbiamo imparato tante cose nuove”. E per gli aspetti più tecnici?
Dapprima si è puntato sull’ORIENTAMENTO. Era essenziale infatti
per i ragazzi capire dove si trovavano e riuscire a muoversi in modo autonomo
tra la scuderia, la selleria ed il maneggio. Si è poi passati all’ASPETTO
più propriamente SPORTIVO; avvicinamento al cavallo, salita, regole
fondamentali per la conduzione; quando si è in sella, fare partire
il cavallo, farlo girare nella direzione voluta, fermarlo, non è poi
così semplice. Inoltre tutti noi, ed in particolare le persone con
deficienze visive, sfruttiamo il contatto dei piedi sul terreno per orientarci,
ma in sella al cavallo ciò diventa impossibile.
Non è possibile neanche toccare pareti o mobili, altra tipica fonte
di informazione, perché le mani sono occupate a tenere le redini; la
cognizione della propria posizione nello spazio quindi, deve essere assolutamente
chiara. Non é un lavoro semplice anche se gli ipo e i non vedenti ci
sono ben abituati.
I nostri cavalieri hanno anche costruito un modellino del maneggio; c’è
stata la collaborazione di tutta la squadra degli Istruttori, capitanata dal
fisioterapista Claudio Bonazzi, ma le dritte sono state tutte loro. Per rendere
meglio l’idea dell’orientamento, sono stati usati molti materiali
tipici del posto: per realizzare un terreno sabbioso, è stata utilizzata
la sabbia dello stesso terreno, per indicare la grande quercia alla cui ombra
cavalli e cavalieri si riposavano o svolgevano attività didattiche,
(queste solo i cavalieri!), sono state utilizzate pezzi di corteccia e foglie
di quel preciso albero che, ovviamente, sono state raccolte dai ragazzi stessi.
E il DIVERTIMENTO? Con quattro partecipanti così non è certo
mancato! E Aramis, Cico, Linda e Margherita, i quattro sensibili e pazienti
destrieri, cosa ne pensano? A tradurre in parole la compostezza dei loro movimenti,
la pacatezza con cui si lasciano abbracciare, pulire, condurre, la contentezza
che dimostrano quando sgranocchiano rumorosamente le immancabili carote portate
dai loro cavalieri, non si sa se da questa esperienza siano rimasti più
contenti i cavalli o i cavalieri. Per quanto riguarda la STIMA DI SE STESSI,
emozione e cognizione fondamentale per tutti ed in particolare per i diversamente
abili, credo che il commento migliore sia l’affermazione che proprio
per questo motivo abbiamo lasciato per ultima, detta con tanta fierezza dalla
dolce Debora, la quarta partecipante del gruppo mentre era tutta affaccendata
a dissellare il proprio cavallo: “IO so andare a cavallo, i miei compagni
no”