Echi di Sera


L'occasionale ritrovamento di uno spartito e l'amicizia di Giacomo conducono Anna, una musicista, in una "stanza della memoria" dove passato e presente comunicano e insieme evocano, nell'oscurità dell'ambiente, Louis Braille luminosa figura e inventore dell'omonimo alfabeto.

Alberto Borghi

Esterno giorno. Sullo sfondo, la Basilica di Santo Stefano splendida emerge dalla folla di curiosi frequentatori del prospiciente mercato dell'antiquariato. È una bella giornata di sole ed Anna si rilassa coltivando la propria passione per i volumi antichi. Il suo occhio attento di musicista cade su una pila di spartiti musicali ingialliti dal tempo. Si china per raccoglierli e li esamina più approfonditamente. Esita un istante, ma, incalzata dall'antiquario, infine li acquista.
Poche ore dopo, nel bel mezzo delle prove in cui è impegnata con il proprio quartetto di musica barocca, Anna si accorge della presenza, tra gli spartiti appena acquistati, di alcuni fogli di carta dai quali non si evidenzia alcun segno grafico. Li prende in mano e avverte la presenza di alcuni rilievi tattili sugli stessi.
Inizia così il film Echi di sera, l'ultima fatica della regista Enza Negroni, prodotto dalla Fondazione Carisbo di Bologna e dall'Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza per celebrare i meriti di Louis Braille, in occasione del 150° anniversario della sua morte. Il mediometraggio dell'artista bolognese, formatasi in seno alla fucina del DAMS, è stato realizzato con la produzione esecutiva curata da Nelson Bova di Sequence. Le riprese hanno visto come sfondo strade ed ambienti bolognesi (numerose scene sono state girate nei locali del glorioso Istituto Cavazza di via Castiglione), ma senza eccedere nell'identificazione della storia con i luoghi che ci sono tanto cari. E ciò per donare il giusto risalto alla portata universale dell'intuizione di Louis Braille, che travalica, per la sua essenza, ogni barriera geografica o culturale.
Louis Braille compie la sua apparizione nel film mentre è impegnato a suonare l'organo, di cui era un esecutore affermato e richiesto. Al suo cospetto, ascolta con fervida attenzione il dottor Pignier, direttore della Regia Istituzione dei Giovani Ciechi, ente in cui aveva trovato ricovero il piccolo Louis, successivamente all'incidente domestico a causa del quale aveva perso la vista.
Louis è un ragazzo molto intelligente ed attira subito le simpatie di Pignier e dei docenti, oltre a quelle del marchese d'Orvilliers, grazie al quale aveva potuto fare il proprio ingresso nella prestigiosa ed onerosa istituzione parigina.
Suona ad orecchio, ma non si accontenta. Deve anche comporre, tradurre in una scrittura parole ed emozioni, musica e fonemi. Gli è stato insegnato il sistema ideato da Valentin Hauy, in realtà una semplice trasposizione in rilievo tattile dell'alfabeto che non rendeva certo meno ostica l'impresa del non vedente, per tacer del numero di volumi necessari a rappresentare anche un banale testo.
Il giovane Braille incontra in istituto Charles Barbier de la Serre, un militare che aveva escogitato, per motivi bellici, un sistema di scrittura notturna, che avrebbe dovuto consentire ai soldati di scambiarsi messaggi nell'oscurità.
L'invenzione di Barbier attira l'attenzione di Louis, per via delle combinazioni di punti in rilievo utilizzate per riprodurre i diversi fonemi della lingua francese, che consentono una trascrizione rapida ed efficace di una qualsiasi frase con l'ausilio di una semplice stecca scorrevole forata.
Louis non si accontenta: sensibile e curioso, non può fare a meno della punteggiatura, né delle cifre o dei segni musicali, ignorati dalla semplicità del rimedio bellico. Riduce il numero dei punti utilizzati, realizzando un complesso di lettere costituite da combinazioni di punti, che possono essere agevolmente riconosciute al tatto. Egli usa i quattro punti della parte superiore per rappresentare le prime dieci lettere dell'alfabeto latino e si serve metodicamente dei due punti della parte inferiore per rappresentare le lettere dall'undicesima alla ventesima,
Nel 1825, a soli sedici anni, Louis Braille ha codificato l'alfabeto, nel 1828 risolve i problemi riguardanti la musica e nel 1829 completa il primo manuale del suo sistema.
Questa figura esile e pallida nel suo aspetto, risalta nei suoi toni epici mediante l'utilizzo della tecnica del flash back in bianco e nero. Frammenti di una vita dedicata agli altri si specchiano in episodi lievi eppure determinanti la sorte di milioni di persone. Come ad esempio la rivolta che scoppia tra gli allievi dell'istituto in seguito alla decisione, quanto meno improvvida e fortunatamente di breve durata, assunta dal nuovo direttore Dufau, diretta all'eliminazione del codice creato da Braille.
I vedenti non comprendono, ragionando con il proprio metro, che ciò che è intuitivo per loro non è detto che lo sia per i non vedenti. Spiccano difficoltà di comunicazione che spesso affondano le radici in ragioni che prescindono dalla mancanza di una capacità sensoriale. Emerge un'intuizione ed una sensibilità che nascono dalla ricchezza di un mondo interiore che non vuole conoscere confini.
Destini che si incontrano, che si avvolgono in spirali dai contorni indefiniti. Le emozioni che non necessitano di un alfabeto che non sia il linguaggio dell'anima.
Anna non conosce il mondo dei non vedenti. Ma parla il verbo della musica. Gli spartiti che ha ritrovato custodiscono in sé un mistero che può essere svelato a chiunque lo voglia conoscere. Un'intuizione e quel mondo sconosciuto si dischiude.
Conosce Giacomo, professore non vedente all'Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza. Una luce inedita, un'emozione senza parole, una curiosità sottile li lega, li avvince.
Louis suona l'organo, la chiesa è avvolta da un'onda di passione.
Giacomo suona il pianoforte. Non sa ancora che quegli spartiti, incompleti, sono il frutto della composizione di Carlo Grimaldi, allievo dell'Istituto Cavazza a fine '800. Ancora non sa che lui ne completerà l'opera, seduto davanti al pianoforte ed alla speciale tastiera Braille del computer.
Eppure sa che Anna è lì, ad una sola e-mail di distanza. Un invito e la cena con la pianista sarà occasione di ulteriore stimolo, artistico ed emotivo, per Giacomo. Un incontro di interessi ed emozioni. Anna è colpita dal fascino di Giacomo, dalla sua indipendenza e dalla sua brama di conoscenza che non conosce ostacoli.
Lo osserva nei suoi gesti più semplici, anche quelli che lei pensava non fossero alla portata di una persona come Giacomo. Anna continua ad osservarlo e con il tempo definisce l'essenza del giovane professore, che rifugge dalla semplicistica ricognizione di un dato oggettivo, la mancanza della vista.
La stessa curiosità che alimentava Braille spinge Giacomo ad apprendere e a creare, Anna ad approfondire la conoscenza di un sistema che consente una diversa modalità di decifrazione del pensiero e delle emozioni. Il ragazzo le parla di Louis Braille, la accompagna nelle stanze della memoria collettiva coltivata dai cultori della sua elaborazione geniale. Lei riesce a scorgerlo nell'oscurità degli ambienti non proprio salubri del collegio parigino mentre compone e suona, legge e scrive, impara ed insegna.
La sceneggiatura del mediometraggio è stata scritta a quattro mani dalla stessa Enza Negroni e da Silvia Colombini ed è stata prescelta tra molti titoli in lizza al concorso indetto dalla Fondazione Carisbo e dal Cavazza. Di certo non stupisce che la scelta sia caduta sull'opera della Negroni, sia per l' indubbia qualità del progetto che per quella della regista, resa nota al grande pubblico anche grazie al successo commerciale e di critica (ha vinto numerosi premi in ambito nazionale ed europeo) ottenuto da Jack Frusciante è uscito dal gruppo, a sua volta tratto dal best seller dello scrittore felsineo Enrico Brizzi.
Enza Negroni ha diretto per diversi anni il Laboratorio Cinematografico Pilastro del Comune di Bologna. Ha scritto e diretto sigle, reportage, documentari e cortometraggi. Il suo è un impegno civile che dal sociale trae ispirazione ed energia, senza trascurarne alcun aspetto (ad esempio, i cortometraggi dedicati ai tifosi del basket ed a quelli del calcio, realizzati grazie all'attivo contributo degli stessi).
Attualmente dirige il laboratorio di Fiction dei Laboratori Sperimentali Audiovisivi promosso dal Comune di Bologna.
L'attenzione ai particolari è stata, come al solito, elevata, soprattutto per quanto concerne l'ambientazione storica in cui Braille si esprime. Da un libraio tedesco, ad esempio, è stata ottenuta una serie di litografie di tavolette utilizzate dallo stesso Braille.
Gli attori principali (di estrazione teatrale) sono Rossella Dassu, Filippo Plancher, Marco Cavicchioli e Marco Cortinovis, con la partecipazione di Paolo Maria Veronica. La fotografia è curata da Gigi Martinucci, il suono è di Enrico Medri. Il montaggio è opera di Davide Pepe.
Non vi sveliamo il finale del film, che vi invitiamo a vedere (è previsto pure un suo passaggio televisivo, ma il cinema d'autore è arte e, come tale, va gustata nella sede più appropriata), ma ci permettiamo di ricordare che la vita di Louis Braille ebbe termine nel 1852, a soli 43 anni. La sua casa natale, a Coupvray, è ora sede di un museo permanente, visitato da molti curiosi, ma anche da molte persone che manifestano, in tal modo, la propria personale riconoscenza. Lo Stato francese ha reso pubblico omaggio alla figura di Louis Braille disponendo che il suo corpo, dapprima tumulato nel paese natale, giacesse nel Pantheon di Parigi, insieme alle personalità più illustri della nazione.

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