OTTORINO RESPIGHI:
IL RECUPERO DELL'ANTICO PER UNA NUOVA VISIONE DELL'ARTE
Figlio della cultura bolognese, per sua natura eclettica, Respighi cerca di
svecchiare il panorama musicale italiano proponendo il genere sinfonico e strumentale.
Maria Chiara Mazzi
Quando si pensa
alla musica bolognese, forse più spesso si ricordano innanzitutto i tanti
nomi dei protagonisti della musica leggera di oggi (Dalla, Morandi, Carboni
ecc.); pensando invece alla musica importante il primo nome che viene in mente
è quello di padre Martini, a cui è intitolato il Conservatorio,
e poi ai tanti personaggi illustri che pur non essendo nati a Bologna hanno
segnato la cultura della città con la loro presenza (Mozart, Rossini,
Wagner). Difficilmente si ricorda Ottorino Respighi, che invece non solo è
nato a Bologna, nel 1879, ma ha studiato e ha insegnato nel Liceo Musicale ed
è sepolto al Cimitero monumentale della Certosa.
Nato all'inizio di quella strada che ha preso da lui il nome di Largo Respighi,
e che fiancheggia il lato sinistro del Teatro Comunale, si diploma al Liceo
Musicale dove aveva studiato pianoforte, violino e composizione. Un itinerario
apparentemente comune a tanti studenti: ma Ottorino studia con Martucci e Torchi,
vale a dire con coloro che, in Italia, avevano cercato di svecchiare un po'
il panorama musicale cercando di far conoscere oltre all'onnipresente melodramma,
la musica strumentale austriaca e tedesca.
Figlio della cultura bolognese, per sua natura eclettica, Respighi non si accontenta
di questi stimoli, ma parte per la Russia, dove suona il violino al Teatro Imperiale
di Pietroburgo e studia con Rimskij-Korsakov; dopo la Russia, Berlino, anche
qui per suonare e prendere lezioni con un musicista illustre, Max Bruch. Con
queste basi sembra inevitabile la sua predilezione per il genere sinfonico e
strumentale (anche se non mancano i melodrammi, coi quali aveva iniziato la
carriera, ma che non sono rimasti in repertorio): chi non ricorda le Fontane
di Roma, i Pini di Roma e le Feste romane, forse tra le pagine italiane per
orchestra più note?
Come una carta assorbente Respighi raccoglie dalla musica europea di fine Ottocento
ciò che è utile alla creazione di uno stile strumentale italiano,
come il sinfonismo russo, la costruttività austro-tedesca, l'abilità
coloristica orchestrale francese. A questo aggiunge il recupero del gregoriano
e dell'antica musica rinascimentale, per creare un linguaggio dal sapore desueto,
nuovo, fresco, corrispettivo musicale della coeva moda architettonica e letteraria.
Proprio per questa ricerca, che fu letta in senso nazionalistico (ma che nazionalistica
non era) Respighi venne poi molto apprezzato dal Regime, e questo ha nuociuto
successivamente al giudizio sulla sua musica. Respighi morì a Roma (dove
insegnava all'Accademia di Santa Cecilia) nel 1936, quindi non poté,
come altri, mostrare una reale evoluzione stilistica: rimase però legato
a Bologna, dove aveva iniziato la sua carriera e dove diventò, a testimonianza
della sua bolognesità, socio onorario del più antico sodalizio
di bolognesi doc, la Fameja Bulgneisa. E a Bologna è sepolto, non a caso
vicino a Carducci che, come lui, aveva cercato di recuperare l'antico per costruire
una nuova visione dell'arte.