Gli “Sciamani” al Cavazza
Trovarsi improvvisamente al buio, superare il momentaneo
sgomento e cedere alla curiosità di conoscere sfiorando con le mani e
con i polpastrelli delle dita la fredda roccia.
Esorcizzare la paura con l’arte, come gli antichi sciamani
Davanti ad alcune riproduzioni
in rilievo delle più famose opere pittoriche conservate nel Museo
Anteros dell’Istituto Cavazza e alla presenza di un pubblico attento
e affascinato, il 15 dicembre dello scorso anno, lo storico dell’arte Eugenio
Riccòmini - usando il linguaggio poetico e suggestivo che gli è
proprio e che esprime una profonda cultura e una straordinaria sensibilità
- ci ha condotto per mano all’interno delle grotte da lui visitate nel
Sud della Francia.
Riccòmini ha raccontato di essersi trovato nel buio più completo
per un improvviso guasto all’impianto di illuminazione; e allora, superato
un momentaneo senso di sgomento, ha ceduto alla curiosità e al desiderio
di conoscere e di esplorare una realtà divenuta oscura e misteriosa ed
ha cominciato a sfiorare con le mani e con i polpastrelli delle dita la fredda
roccia, percependo i tratti incisi migliaia di anni fa dai nostri progenitori.
Riccòmini si è così lasciato guidare dalle percezioni tattili
per interpretare e capire quegli antichi graffiti realizzati, forse, per rappresentare
scene di caccia e riti propiziatori meticolosamente descritti lungo le pareti
della grotta.
L’esperienza tattile ha integrato e arricchito quella visiva: i bisonti,
i cavalli selvatici, i cervi, i mammuth, tracciati con tanta perizia imitativa,
sono diventati improvvisamente più vivi sotto il tocco delicato della
mano, così da rendere meglio comprensibili la fatica e ladifficoltà
dell’uomo che, fin dall’antichità, attraverso l’espressione
artistica, ha tentato di esorcizzare la paura, e di trasmettere a propria esperienza
ai più giovani.
Quegli antichi sciamani pittori, che cercavano di attirare l’attenzione
della loro tribù su una figura dipinta, superando i limiti dello spazio
e del tempo, sono così giunti fino a noi che, uomini fragili come un
tempo, ne abbiamo apprezzato l’arte.
Riccòmini ci ha dunque confermato, con dovizia di osservazioni e di considerazioni
precise e convincenti, che è possibile capire ed amare l’arte visiva
anche attraverso la percezione tattile e che i capolavori, riprodotti in forme
tridimensionali dal Museo Anteros, rappresentano un invito ad avvicinarsi
al linguaggio figurativo con tutti i nostri sensi, per meglio comprendere una
delle pressioni umane più antiche e nobili.
Ernesto Dini