Andiamo a Canossa

Donna energica e diplomatica Matilde, Contessa di Toscana, ospitava il Papa Gregorio VII a Canossa, nel gennaio 1077, anno dell’umiliazione dell’Imperatore Enrico IV

Donna in carriera. E che carriera! Matilde, figlia di Bonifacio, nonostante corressero anni non certo ricordati per una particolare apertura alle donne (il Medioevo degli anni 1000 – 1100), svolse un ruolo talmente determinante nelle pluriennali e, spesso drammatiche, vicende fra Impero e Papato, da essere co-protagonista nello storico episodio dell’umiliazione di Enrico IV davanti a Gregorio VII, che in quell’occasione tolse la scomunica dal capo dell’Imperatore.
Era il gennaio 1077: il Pontefice era ospite di Matilde nel feudo, centro del vastissimo dominio dei da Canossa, e l’evento fu di tale portata ed ebbe tali conseguenze che ancora oggi andare a Canossa significa umiliarsi, cedere.
Purtroppo, di quel castello, lungo la valle dell’Enza nel reggiano, che fu teatro dell’episodio ora non restano che i ruderi. Tuttavia le memorie storiche cui il castello è legato, l’aspra rupe di arenaria bianca su cui si erge, circondato da un severo anfiteatro calanchivo, ne fanno un luogo di straordinaria suggestione, che vale la pena di visitare.
Ma i possedimenti dell’energica Contessa di Toscana, precorritrice delle donne in diplomazia, furono così ampi e così ricchi di castelli e fortificazioni, che non c’è che l’imbarazzo della scelta per chi volesse rendere omaggio alle memorie matildiche, ammirando non solo rovine bensì possenti o eleganti edifici.
Così è per i Carpiteti, sul Monte Banzola, lungo lo spartiacque fra le valli del Tresinaro e del Secchia: un trapezio irregolare di mura e nel mezzo, isolata, la torre del mastio; fortezza ben munita, caratterizzata da una struttura absidata, a sud, costruita in modo che gli assalitori fossero sempre costretti ad offrire un fianco scoperto al tiro dei difensori, dopo aver ospitato gran numero di pontefici e illustri prelati, fu l’estremo rifugio di Matilde.
A Quattro Castella, non lontano da Reggio Emilia, ogni anno si svolge un famoso corteo storico in costume, a ricordo dei fasti matildici. Il nome del luogo deriva da quattro rocche erette fra il 985 e il 1054, su altrettanti rilievi boscosi ugualmente alti e vicini (i monti Vetro, Bianello, Lucio e Zane) che formavano un naturale avamposto a protezione del castello di Canossa: resta, adesso, solo il castello Bianello, in cui Matilde soggiornò più volte. Adattato a residenza signorile tra il ’600 e il ’700, conserva un aspetto severo e compatto, impostato su una struttura poligonale chiusa e bastionata conmastio del XIII secolo.
Anche nella storia di Castellarano (Rocchetta e Castello, due poderose opere fortificate che conservano magicamente l’atmosfera medioevale) figurano i da Canossa; anche in quella di Marola, complesso architettonico religioso sullo spartiacque fra Enza e Tresinaro, che per tradizione si vuole fondato dalla stessa Matilde agli inizi del XII secolo; e pure nella storia di Rossena, vera e propria macchina da guerra eretta su una rupe scoscesa che la rendeva invulnerabile a nord, mentre gli altri lati erano difesi da più ordini di cinta muraria con spalti e bastioni, che ancora oggi mantengono la loro suggestione antica.
Del resto, imbattersi nelle vestigia (più o meno ben conservate) della potenza matildica non è difficile, tenendo presente che – anche se le nostre citazioni si sono limitate al territorio reggiano – i possedimenti dei da Canossa comprendevano cospicua parte della Toscana e molte terre nell’Italia settentrionale e nella Lotaringia.

Paola Rubbi