Alberto Borghi
L’arte
quale fenomeno di comprensione dell’universo percettivo dei non vedenti
e strumento di riabilitazione: questo il tema del Convegno internazionale Toccare
ad Arte. Percezione tattile e cognizione della forma artistica nel non
vedente e ipovedente. L’atto interpretativo e la sua funzione riabilitativa,
organizzato dall’Istituto dei Ciechi F. Cavazza, dall’Unione Italiana
Ciechi, dalla Federazione Italiana Istituzioni Pro Ciechi e dalla Biblioteca
Italiana per i Ciechi Regina Margherita di Monza, svoltosi nelle giornate del
30 e 31 ottobre presso la Sala Conferenze di Bologna del CNR con il patrocinio
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Consiglio regionale dell’Emilia
Romagna, della Provincia e del Comune di Bologna, dell’Alma Mater, del
CNR di Bologna e Provveditorato agli Studi di Bologna.
Al convegno hanno partecipato numerosi esponenti della comunità scientifica,
nonché operatori di istituzioni museali di tutto il mondo ed educatori
impegnati sul fronte dei problemi legati ai non vedenti e ipovedenti. Le tematiche
affrontate hanno suscitato notevole interesse, data la multidisciplinarietà
degli apporti forniti dai relatori, tutti convergenti verso l’obiettivo
principale della ricerca al centro del convegno.
Il punto di partenza della ricerca risiede inevitabilmente nello studio e nell’analisi
del differente schema percettivo proprio di chi è gravato da menomazione
visiva rispetto a chi, invece, può fruire delle informazioni raccolte
dall’occhio.
La scienza oculistica e neurologica forniscono basi imprescindibili per comprendere
il normale meccanismo di elaborazione dei dati legati ai cinque sensi e, di
conseguenza, per poter cogliere il differente processo percettivo dei non vedenti.
Tuttavia, occorre rifarsi a metodologie e strumenti di tipo psicologico per
riuscire a penetrare una realtà che, comunque, rimane vincolata alla
sfera delle emozioni e delle sensazioni. Rilevano le esperienze empiriche compiute
dagli studiosi di settore, di cui si è anche trattato al convegno, al
fine di valutare quale tipo di interazione si innesca tra la percezione operata
attraverso i sensi superstiti e la corretta comprensione della realtà
oggettiva.
Nell’universo che si presume avvinto dall’oscurità risaltano,
invece, doti di grande fantasia ma anche capacità di tradurre in pratica
idee e immaginazione.
Soggetti non vedenti possono produrre plasticamente le principali emozioni umane
modellando funzionalmente gli elementi espressivi facciali (naso, bocca, sopracciglia,
occhi) con materiale gommoso, ottenendo risultati anche più realistici
di quelli realizzati da soggetti vedenti bendati. E nel contempo, gli stessi
soggetti incontrano difficoltà a riconoscere analoghe espressioni facciali
con l’uso del tatto.
La problematica della cecità risalta in misura peculiare nei soggetti
in età scolare, soprattutto con l’adozione delle tecnologie multimediali
anche nelle scuole. Inoltre, gli operatori devono preoccuparsi della differente
tecnica educativa da adottarsi nei casi di handicap visivo sopraggiunto o presente
nel soggetto fin dalla nascita.
Ecco che l’arte assurge a strumento possibile di riabilitazione, in quanto
disciplina umana dedicata alla imitazione di dati sensibili, eppure astratta.
L’opera d’arte è elaborazione della realtà, ma creazione
intellettiva, originante nella mente e scaturente mediante diverse modalità
nella medesima realtà, nuova e diversa. Un cerchio che si chiude perfettamente
nella normalità dei casi, ma che, per un non vedente, necessita di un
veicolo espressivo-interpretativo.
Spiegare il processo creativo comporta la sua comprensione e la sua traduzione
pratica. Universalmente riconosciuto come lo strumento principale per l’attuazione
di tale processo, il tatto è il senso cui il non vedente si affida ogniqualvolta
necessiti di fare propria una esperienza materiale ignota per riconoscerla e
impadronirsene, per poi utilizzarla a proprio piacimento.
L’uso proprio e ragionato del tatto costituisce il primo passo verso una
libertà di manovra consapevole che sfocia nella libertà di scegliere.
I musei di tutto il mondo hanno imparato dagli stessi utenti non vedenti a riconoscere
gli strumenti migliori per la più corretta interpretazione delle opere
esposte e a selezionare le modalità più idonee da applicarsi in
ambienti frequentati anche da un pubblico non gravato da handicap visivi.
Tali esperienze, risultate molto stimolanti sia per gli operatori che per l’utenza,
sono state oggetto di analisi approfondita nella seconda parte del convegno,
con interventi di rappresentanti, tra gli altri, del Metropolitan Museum of
Art di New York, Musee du Louvre di Parigi, Museo Egizio di Torino. Hanno riferito
delle loro esperienze specifiche anche gli esponenti del Museo tattile statale
Omero di Ancona e del Museo Anteros, gioiello dell’Istituto
F. Cavazza.
Ma non solo. È da segnalarsi, tra le tante iniziative presentate, una
realizzazione davvero interessante: la audio-guida tattile dei monumenti di
Bologna, realizzata da Fabio Fornasari appositamente per i non vedenti, con
il ricorso a tecniche di apprendimento specifiche, quale, ad esempio, la percezione
aptica delle basi degli edifici con riconoscimento dei differenti materiali
utilizzati nella costruzione.
Il convegno è risultato un’importante occasione di confronto tra
esperti ed operatori, nonché un laboratorio ove ideare nuove strategie
che consentano anche a chi non può vedere attraverso la vista
di rappresentare la realtà oggettiva e, soprattutto, la realtà
delle emozioni, acquisendo la capacità di esprimerla liberamente.