plutone
Nel cuore di Plutone: le scoperte più importanti della sonda New Horizons
Francesco Melis in privato, 20\12\2015, h. 11.13.
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Presentati i risultati della sonda Nasa dopo l'incontro ravvicinato con il pianeta nano avvenuto a
metà luglio. Dalla scoperta di nuovi vulcani allo studio dei satelliti, ecco il nuovo volto
dell'inquilino più remoto del Sistema Solare
di MASSIMILIANO RAZZANO
20 dicembre 2015
VULCANI DI GHIACCIO, satelliti che ruotano come trottole, e mappe geologiche senza precedenti. È
questo il nuovo panorama di Plutone svelato dalla sonda New Horizons, che il 14 luglio scorso ha
incontrato il pianeta nano. Mentre il team scientifico di New Horizons continua a ricevere i dati
raccolti dalla sonda, è iniziata la valanga di pubblicazioni basate su analisi e risultati. Sono
infatti più di 50 le nuove scoperte presentate al meeting annuale della Divisione di Scienze
Planetarie dell'Associazione Astronomica Americana (AAS) che si è svolto a Washington. Risultati
che, secondo la Nasa, mettono sottosopra quel che sapevamo su Plutone e aprono scenari ancora più
intriganti per lo studio del Sistema Solare. E mentre la New Horizons si sta dirigendo a tutta
velocità ancora più lontano dal Sole, qui sulla Terra la comunità scientifica è impegnata nello
svelare la storia e la struttura di Plutone, e per aggiungere tasselli al complesso puzzle della
storia e formazione del Sistema Solare.
Un incontro storico. New Horizons, grande all'incirca come un pianoforte, è arrivata puntuale al
suo incontro con Plutone, dopo nove anni e mezzo di viaggio. Un incontro che è durato appena
mezz'ora, durante il quale la sonda è sfrecciata accanto a Plutone a circa 50mila chilometri
all'ora, passando ad appena 12.500 chilometri dalla superficie del pianeta nano. Una mezz'ora in
cui le risorse della sonda si sono concentrate nel raccogliere più dati possibili su Plutone. Dal
momento che la velocità di trasmissione dati è molto bassa, all'incirca quella di un modem di
alcuni anni fa, ci vorrà più di un anno per trasferire tutti i dati raccolti durante
quell'incontro. Ma nel frattempo, gli scienziati si sono già messi al lavoro con il bottino
raccolto finora, e le sorprese non mancano di certo. "È difficile immaginare quanto rapidamente si
sta evolvendo la nostra immagine di Plutone e delle sue lune, man mano che arrivano dati nuovi. Nel
frattempo Plutone sta diventando una celebrità del Sistema Solare", ha commentato Alan Stern,
Principal Investigator di New Horizons presso l'Università di Boulder in Colorado.
Un passato molto attivo. Uno dei risultati più interessanti riguarda lo studio della superficie di
Plutone, da cui gli scienziati hanno potuto determinare l'età delle diverse regioni. Per stimare
l'età della superficie, il team ha contato i crateri presenti nelle zone. L'idea infatti è che se
una regione è più antica, è stata più esposta al bombardamento da meteore e corpi di varie
dimensioni, e pertanto dovrebbe essere più ricca di crateri. "Abbiamo mappato più di un migliaio di
crateri su Plutone, che variano moltissimo in grandezza e aspetto", sottolinea Kelsi Singer,
giovane ricercatore presso il Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado. "Fra le altre
cose, mi aspetto che gli studi come questo ci daranno molte nuove importanti informazioni su come
si è formata questa parte di Sistema Solare".
Le regioni più giovani hanno appena 10 milioni di anni, praticamente l'altro ieri paragonato ai
tempi scala geologici. Questa regione, battezzata Sputnik Planum, è praticamente priva di crateri e
si trova nel lato sinistro della regione più chiara al centro delle immagini di New Horizons, che
per la sua forma caratteristica è stata battezzata il "cuore di Plutone". Secondo il team di New
Horizons, lo Sputnik Planum non è un'anomalia. La presenza di zone di età intermedia fa infatti
pensare che Plutone sia stato molto attivo dal punto di vista geologico, con la formazione continua
di nuove regioni. Ci sono poi anche zone molto antiche e ricche di crateri, che secondo gli
scienziati risalgono addirittura agli albori del Sistema Solare, cioè a circa 4 miliardi di anni fa.
Due vulcani di ghiaccio. Gli scienziati si sono poi concentrati su alcune regioni in particolare,
di cui hanno costruito delle mappe 3D combinando le varie immagini raccolte dalla sonda. Secondo
queste mappe dai dettagli senza precedenti, due delle formazioni più famose potrebbero essere
criovulcani, ovvero vulcani di ghiaccio che potrebbero essere stati molto attivi nel recente
passato. A differenza dei vulcani terrestri, questi criovulcani erutterebbero però un miscuglio di
materiale ghiacciato, fra cui acqua, metano e ammoniaca.
Queste gigantesche strutture, che si ergono per diverse migliaia di metri, si stendono su decine di
chilometri di superficie. Non si ha ancora la certezza che si tratti di vulcani, anche se il loro
aspetto lascia pochi dubbi, come sottolinea Oliver White del centro di ricerche Ames della Nasa:
"Se sono vulcanici, allora la depressione in cima si dovrebbe esser formata per collasso mentre il
materiale era eruttato da sotto. L'aspetto dei fianchi delle montagne potrebbe rappresentare il
flusso di qualche tipo di materiale vulcanico che è scivolato dalla cima verso le pianure
circostanti". Ma perché abbiano quella forma, o di quale materiale siano fatti quei vulcani, è
ancora presto per dirlo. Se la natura vulcanica di queste strutture fosse confermata, sarebbe un
importante passo in avanti nello studio dell'evoluzione geologica e atmosferica di Plutone.
Satelliti come trottole. I dati di New Horizons ci aiutano anche a capire meglio le lune di Plutone
e le loro proprietà. Ad esempio, quasi tutti i satelliti del Sistema Solare, compresa la nostra
Luna, hanno una rotazione sincrona, rivolgono cioè sempre la stessa faccia al pianeta principale.
Ciò non è vero per il sistema di Plutone. I satelliti di Plutone ad esempio ruotano molto più
rapidamente, e assomigliano a delle gigantesche trottole. La più rapida è Hydra, che gira 89 volte
su sé stessa nel corso di un'orbita intorno a Plutone. Il responsabile di questo comportamento
irrequieto è probabilmente Caronte, che con la sua attrazione gravitazionale altera continuamente
il moto dei satelliti più piccoli. Questo curioso moto delle lune di Plutone ci fornisce ulteriori
indizi sulla composizione delle lune stesse, che potrebbero essere nate dall'aggregazione di due o
più satelliti più piccoli.
Testimoni del passato. I dati di New Horizons hanno poi aiutato a capire meglio anche la struttura
delle regioni del Sistema Solare, in particolare della Fascia di Kuiper, la regione periferica
popolata da pianeti nani e piccoli corpi celesti. Per esempio, la scarsità di crateri di piccole
dimensioni su Plutone e su Caronte, la sua luna più grande, porta a pensare che nella Fascia di
Kuiper ci siano meno oggetti di piccole dimensioni rispetto a quanto si pensasse. Questo risultato
mette in dubbio uno dei principali modelli di formazione di questa regione, secondo cui gli oggetti
della Fascia di Kuiper si sarebbero formati dall'accumulo di oggetti più piccoli. A quanto pare
invece le cose potrebbero essere andate diversamente, e questi corpi celesti si sarebbero formati
direttamente con le dimensioni attuali. Per scoprire se questa teoria è corretta, saranno
fondamentali le osservazioni di 2014 MU69, un oggetto della Fascia di Kuiper grande 50 chilometri,
che potrebbe essere il prossimo obbiettivo della sonda agli inizi del 2019.
Gli scienziati di New Horizons stanno infatti già guardando avanti, mentre giorno dopo giorno
stanno riscrivendo la storia di Plutone e del Sistema Solare. "La missione New Horizons ha preso
ciò che sapevamo su Plutone e l'ha messo sottosopra", ha commentato Jim Green, direttore della
divisione di Scienze Planetarie della Nasa. Ma questo è il motivo per cui esploriamo, come continua
Green, "per soddisfare la nostra innata curiosità e rispondere alle domande più profonde sul perché
siamo qui e su cosa ci sia al di là del prossimo orizzonte".
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