racconto Apple anni 70: un racconto. Gabriele Battaglia su universal-access, 21\07\2015, h.10.17. Leggendo un libro, ho trovato questo piccolo racconto su Apple, ve lo copio ed incollo qui, sperando di far cosa gradita. Si tratta di una storia realmente accaduta che ho tratto dal libro autobiografico, Un ponte sull'eternità, di Richard Bach. Forse qualcuno ricorderà la sua opera più famosa, che è sia un libro che un film: il gabbiano Johnathan Livingston. Ecco il pezzo. Buona lettura. *** Il giorno dopo aver gettato le fondamenta della nuova casa, mentre ero in città a far compere, l'occhio mi cadde su un'insegna: COMPUTERS PERSONALI. Entrai. «Lo so, Leslie, che mi darai dell'oca giuliva» dissi, quando fui di ritorno alla roulotte. Lei era tutta imbrattata di terra, dato che aveva lavorato all'installazione di pannelli solari in cima al colle, manovrando una minuscola scavatrice, e aveva inoltre dissodato il terreno per creare un orto e un giardino, prodigando insomma le sue cure e il suo amore al luogo ove avevamo scelto di vivere. Quant'è bella! - pensai, come se qualche tecnico del trucco cinematografico l'avesse imbrattata apposta di polvere per accentuare i suoi zigomi. Non glien'importava. Avrebbe comunque fatto la doccia, tra poco. «Lo so ch'ero andato in città per comprare una pagnotta di pane» dissi «e del latte, della lattuga e anche dei pomodori, se ne avessi trovati di buoni. Lo sai che cosa ho preso, invece?» Lei si sedette prima di parlare. «Oh, no. Non mi dirai, Richard, che hai trovato... fagioli magici?» «Un regalo per te, tesoro mio!» dissi. «Richard, per favore! Cos'hai preso? Non abbiamo spazio! Sei in tempo per riportarlo indietro?» «Possiamo sempre riportarlo indietro, se non ti piace. Ma ti piacerà, invece, anzi te n'innamorerai. Azzardo una profezia: fra il TUO cervello e QUESTA macchina...» «Hai comprato una macchina? Dal fruttivendolo? Quanto è grande?» «E un po' come un frutto. È un Apple - una mela.» «Richard, hai avuto certo un pensiero gentile, ma sei sicuro che io abbia bisogno... di una mela... a quest'ora?» «Quando uscirai dalla doccia, wook, vedrai un miracolo, proprio qui, nella nostra roulotte. Prometto.» «Abbiamo tanto di quel da fare, già, eppoi non c'è spazio... È grande?» Ma io non dissi neanche un'altra parola e lei, alla fine, ridendo, andò a fare la doccia. Portai dentro lo scatolone, tolsi la macchina da scrivere dal tavolo-mensa-scaffale, trasferii i libri sul pavimento, quindi estrassi il computer dal suo involucro di polistirene e lo collocai al posto della macchina da scrivere. Misi il tostapane e il frullatore nel ripostiglio delle scope per far posto alla stampatrice, sul tavolino di cucina. Di lì a pochi minuti, connesso a un paio di disk-drives, il videoschermo emise un morbido bagliore. Inserito un programma di elaborazione di parole in un drive, accesi la macchina. Il disco ronzò, produsse rumori stridenti affannosi per un minuto, poi tacque. Battei a macchina un messaggio; lo feci quindi ? per così dire ? assorbire dalla macchina, finché non rimase che un rettangolino di luce sullo schermo, palpebrante. Leslie uscì dal bagno, fresca e pulita, i capelli raccolti sotto un asciugamano a turbante, ad asciugare. «Okay, Richie, non reggo alla suspense! Dov'è?» Scoprii il computer, da sotto allo straccio dei piatti. «Oplà!» «Richard?» disse lei. «Cos'è?» «Il tuo... COMPUTER!» Mi guardò, senza parole. «Siediti qui» le dissi «e premi il tasto con su scritto "control" e al tempo stesso premi il "B". Questo è chiamato "Control-B".» «Così?» disse lei. Il rettangolino di luce scomparve e, al suo posto, lo schermo si riempì di parole: BUON POMERIGGIO, LESLIE! IO SONO IL TUO NUOVO COMPUTER. SONO LIETO DI AVER L'OPPORTUNITÀ' DI CONOSCERTI E SERVIRTI. MI AMERAI, CREDO. TUO APPLE. VUOI PROVARE A SCRIVERE QUALCOSA NELLO SPAZIO CHE SEGUE? «Non è un tesoro?» disse lei. E provò a scrivere qualcosa: E' GIUNTO IL MOMENTO CHE TUTTE LE BRAVE PERSONE VEGNANO «Ho fatto uno sbaglio.» «Muovi il cursore, portalo a destra dello sbaglio, poi batti il tasto con la freccetta rivolta a sinistra.» Lei così fece e l'errore scomparve. «Ha ricevuto istruzioni?» «Insegna a te lui stesso. Pigia il tasto "Escape" due volte, poi il tasto "M" alcune volte, e segui quello che ti dice lo schermo...» Queste furono le ultime parole che rivolsi a Leslie per le dieci ore successive. Lei sedeva come in trance davanti alla macchina, imparando il sistema. Poi vi inserì dei promemoria, elenchi di cose da fare, appunti e spunti. Attaccò con la corrispondenza. Il computer non usava carta finché la scrittura non era terminata e pronta per la stampa; nessun albero doveva morire per diventare carta da gettarsi nel cestino a causa di errori di stampa. «Wookie,» disse lei, dopo mezzanotte «ti chiedo scusa. Mi dispiace.» «Non c'è di che» dissi. «Di cosa ti dispiace?» «Credevo che avessi fatto una sciocchezza; ecco - mi ero detta - ci mancava solo questo, un grosso giocattolo elettrico, nella roulotte, per sloggiare noi. Però sono stata zitta perché era il tuo dolce regalo. Ebbene, mi sbagliavo! È così...» Alzò gli occhi su di me, cercò la parola e piombò su di lei, cogliendola in pieno. «È così organizzato! Cambierà le nostre vite!» Era talmente incantata dai poteri del computer che più d'una volta, nei giorni che seguirono, dovetti chiederle cortesemente se non le dispiacesse lasciarmelo usare un momentino. Anch'io volevo imparare. «Povero caro» diceva lei, distrattamente, mentre batteva sui tasti. «Naturale che tu voglia imparare. Solo qualche minuto ancora...» I minuti diventavano ore, giorni; d'interromperla, non mi andava. Di lì a non molto fui di nuovo di ritorno dal negozio Apple, con un altro computer a rimorchio. Lo dovemmo sistemare su un tavolo da disegno, nell'angolo meno ingombro della roulotte, trasformandolo nell'angolo più ingombro. Curiosità erano, i computers, ma erano anche bussole, attraverso una foresta di idee e orari e strategie che richiedevano attenzione. Inoltre, essi sfornavano dichiarazioni finanziarie in un batter d'occhio per il Fisco. Bastava pigiare un bottone per sommergere l'Ufficio Imposte di dichiarazioni e attestati. Quando la casa piccola fu terminata, eravamo già esperti tutt'e due a "guidare" quelle nostre macchine intelligenti. Le adeguammo ai nostri bisogni personali, vi installammo tabelle mnemoniche extra, le collegammo per cavo telefonico a giganteschi computers in luoghi distanti. Una settimana dopo esserci trasferiti in cima al colle, i computers lavoravano sei ore al giorno, a fianco a fianco, sulla scrivania nell'angolo della camera da letto adibito ad ufficio. Il nostro vocabolario cambiò. «Ho fatto hang, sai, wookie!» E mi mostrò un foglio pieno di sgorbi, ovvero di "formiche gelate". «A te non è mai successo?» Annuii, compassionevole. «Sì. Dipende dal disco, oppure dal drive» dissi. «No. La colpa è, nel tuo caso, della tastiera a 80 caratteri. Ricomponi, se ci riesci, oppure riversa nel mio disco. Se col mio funziona, allora non dipende dalla tastiera, dipende dal tuo disco. Forse il tuo drive è fuori fase e s'è mangiato il disco. Spero proprio di no; ma comunque si aggiusta.» «Non può dipendere dal disco, sennò avrei avuto un errore I/O» ella disse, accigliatissima. «Bisogna che stia attenta a quelle cose che potrebbero mandar all'aria tutto un programma, o far sì che il mio computer si autodistrugga. Come toccarlo, per esempio...»Torna all'indice