pensione
Il centralinista cieco che recupera la capacità lavorativa non ha diritto alla pensione di 
invalidità
Sentenza inviata da G. B. Fortini su play-pc,15\04\2015, h. 06.49.

posto la sentenza pubblicata All'indirizzo
  www.diritto.it
Il non vedente, assunto come centralinista, non ha diritto alla
  pensione di invalidità (Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 9/4/2015,
  n. 7151)

Il *Caso*: L.M., *non vedente*, viene *assunto come centralinista*,
evento a seguito del quale l'*INPS sospende l'erogazione del trattamento
pensionistico di invalidità* per superamento dei limiti di reddito da
lavoro previsti dalla legge.
La Corte territoriale ai sensi dell'art. 8, comma 1 bis, l. n. 638/1983
e della norma di cui all'art. 68, 1. n. 153/1969, con riferimento ai
soggetti affetti da cecità totale, stabilisce che il riacquisto di una
capacità di guadagno, nonché di un reddito da lavoro anche alto, non
comporta la perdita della pensione, operando il requisito reddituale di
cui all'art. 6 1. n. 638/1983 con esclusivo riferimento al diritto
all'integrazione al minimo della pensione medesima.

L'INPS ricorre in Cassazione contro tale decisione, fondando
l'impugnazione su due motivi:
*1)* "/la deroga, introdotta per i non vedenti dal combinato disposto
degli artt. 6 e 8 1. n. 638/1983 e dell'art. 68 1. n. 153/1969, alla
regola generale della non cumulabilità della pensione di invalidità con
il reddito da lavoro riguarda esclusivamente la pensione di invalidità a
carico dell'assicurazione generale obbligatoria (ovvero quella spettante
ai non vedenti che, nonostante la grave menomazione invalidante hanno
svolto attività lavorativa e versato i relativi contributi
previdenziali) e non una prestazione di natura assistenziale quale la
pensione in favore dei ciechi civili prevista dalla legge 10 febbraio
1962, n. 66/";
*2)* "/se il diritto dei ciechi civili alla pensione reversibile è
rimasto subordinato alla sussistenza di uno stato di bisogno, quale
individuato dall'art. 5 1. n. 382/1970, non è possibile estendere la
deroga di cui sopra essendo questa finalizzata a consentire al
pensionato di invalidità a carico dell' a.g.o. di conservare, la
pensione già ottenuta in virtù del versamento dei contributi
assicurativi nell'ipotesi di svolgimento di un'attività lavorativa/".

Ad avviso della Corte, *il diritto dei ciechi civili alla pensione non
reversibile è tuttora subordinato* - diversamente da quanto previsto per
l?indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti - *alla
sussistenza di uno «stato di bisogno»*, individuato nella titolarità di
redditi assoggettabili all?imposta sul reddito per le persone fisiche di
ammontare inferiore ad una determinata soglia. In quanto, la pensione
non reversibile rientra tra le prestazioni assistenziali di cui al comma
1 dell?art 38 Cost.. *Non sono, quindi, applicabili le norme dettate per
la pensione di invalidità erogata dall?INPS che consentono, attesa la
sua natura previdenziale, l?erogazione della pensione INPS in favore dei
ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa*, trattandosi di
norme di stretta interpretazione il cui fondamento deve rinvenirsi nel
secondo comma dell?art. 38 Cost. e tese a favorire il reinserimento del
pensionato non vedente nel mondo del lavoro.

*Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 9/4/2015, n. 7151*

/(Omissis)

Svolgimento del processo/

Con sentenza del 16 febbraio 2009, la Corte d'Appello di Salerno,
confermava la decisione con cui il Tribunale di Vallo Della Lucania, in
accoglimento della domanda proposta da L.M. nei confronti dell'INPS,
volta ad ottenere, in quanto non vedente, il riconoscimento del diritto
al ripristino del trattamento pensionistico di invalidità sospeso
dall'Istituto, a seguito della sua assunzione come centralinista, a
motivo del superamento dei limiti di reddito da lavoro previsti dalla
legge, dichiarava sussistere il diritto a pensione senza integrazione al
minimo e condannava l'Istituto al pagamento dei ratei maturati a
decorrere dal 28.9.1994, oltre interessi.
La decisione della Corte territoriale discende dalla ritenuta
applicabilità alla fattispecie dell'art. 8, comma 1 bis, l. n. 638/1983
e della norma di cui all'art. 68, 1. n. 153/1969, ivi richiamata, che,
con riferimento ai soggetti affetti da cecità totale, stabilisce che il
riacquisto di una capacità di guadagno, nonché di un reddito da lavoro
anche alto, non comporta la perdita della pensione, operando il
requisito reddituale di cui all'art. 6 1. n. 638/1983 con esclusivo
riferimento al diritto all'integrazione al minimo della pensione medesima.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l'INPS, affidando
l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso il M.
Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c.

/Motivi della decisione/

//

I due motivi cui l'INPS affida l'impugnazione proposta sono entrambi
intesi a censurare l'unica statuizione resa dalla Corte territoriale
sulla base di un percorso argomentativo articolato su due proposizioni,
la prima, secondo cui la deroga, introdotta per i non vedenti dal
combinato disposto degli artt. 6 e 8 1. n. 638/1983 e dell'art. 68 1. n.
153/1969, alla regola generale della non cumulabilità della pensione di
invalidità con il reddito da lavoro riguarda esclusivamente la pensione
di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria (ovvero
quella spettante ai non vedenti che, nonostante la grave menomazione
invalidante hanno svolto attività lavorativa e versato i relativi
contributi previdenziali) e non una prestazione di natura assistenziale
quale la pensione in favore dei ciechi civili prevista dalla legge 10
febbraio 1962, n. 66; la seconda, per la quale se, ai sensi dell'art. 6
d.l. n. 30/1974 convertito dalla legge 114/1974 e successivamente
dell'art. 14 septies d.l. n. 663/1979 convertito dalla legge n. 33/1980,
il diritto dei ciechi civili alla pensione reversibile è rimasto
subordinato alla sussistenza di uno stato di bisogno quale individuato
dall'art. 5 1. n. 382/1970 non è possibile estendere la deroga di cui
sopra essendo questa finalizzata a consentire al pensionato di
invalidità a carico dell'a.g.o. di conservare, la pensione già ottenuta
in virtù del versamento dei contributi assicurativi nell'ipotesi di
svolgimento di un'attività lavorativa, proposizioni cui corrispondono i
formulati motivi appunto intesi a denunciare, il primo, la violazione e
falsa applicazione degli artt. 6 e 8 1. n. 638/1983 e dell'art. 68 1. n.
153/1969 in relazione all'art 12 delle preleggi, il secondo, la
violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge 10 febbraio
1962, n. 66 in relazione all'art. 5 1. n. 382/1970 e all'art. 14 septies
d.l. n. 663/1979 convertito dalla legge n. 33/1980, come interpretato
dalla legge n. 600/1984. Entrambi i motivi, che, per quanto detto, è qui
opportuno trattare congiuntamente, devono ritenersi fondati.
Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi
civili alla cosiddetta pensione non reversibile (avente una funzione
assistenziale), introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, è rimasto
subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a
favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno,
individuato dall'art. 5 della legge n. 382 del 1970 nella non iscrizione
nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel
possesso di redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone
fisiche di un ammontare inferiore a un certo limite (art. 6 D.L. n. 30
del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974, e poi art. 14 septies
del D.L. n. 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge n. 33
del 1980), Cass. n.10335 0, Cass. n. 14811O1, Cass. n. 2419213.
In tale ultima pronuncia è stato evidenziato che la pensione non
reversibile (avente natura assistenziale) per i ciechi civili assoluti
di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione
della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno
economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante
nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente
cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto
per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo
1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5,
dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della
legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità
erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre
1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n.
638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei
ciechi (avente natura previdenziale) che abbiano recuperato la capacità
lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui
fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38,
secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato
cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione
e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica. Nello stesso Cass.
n. 875214, Cass. ord. nn. 24003-2401 114, nn. 24022-2402614, sicché
il principio può dirsi consolidato.
In tali ultime pronunce la Corte ha ribadito, valorizzando la natura di
prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi
assoluti, che ad essa non possono applicarsi le disposizioni, quali la
L. n. 153 del 1969, art. 68 (come, del resto, quella di cui al R.D.L. 14
aprile 1939, n. 636, art. 10, comma 2) e il D.L. n. 463 del 1983, art.
8, comma 1 bis, dettate nella materia delle prestazioni previdenziali
erogate dall'I.N.P.S. ed a carico dell'assicurazione generale
obbligatoria, in quanto presuppongono un rapporto contributivo (in
particolare il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla
pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati
determinati requisiti contributivi) ed hanno quale presupposto non uno
stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa. 4.-Il
ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi e, non
essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene decisa nel
merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda
proposta dal M..
Le alterne fasi del giudizio ed il solo recente stabilizzarsi
dell'orientamento di legittimità, consigliano la compensazione delle
spese dell'intero processo.

/P.Q.M./

//

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta la domanda proposta dal M. in primo grado. Compensa
le spese dell'intero processo.

/(Omissis)/
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