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Mass-media e disabilita' (visiva e non solo)
Superando.it del 26-03-2015

Mass-media e disabilita' (visiva e non solo)

di Stefania Leone

L?analisi condotta recentemente dalla Fondazione Giacomo Matteotti di
Roma, sul rapporto tra media e disabilità [Rapporto 2012 ?Disabilità e
media. La rappresentazione delle persone con disabilità nel sistema
italiano dell?informazione?, N.d.R.], ha scelto come esempi alcuni
articoli che riportano storie pubblicate sui quotidiani più diffusi e
specializzati, anche quelli on line, in cui sono trattati
approfonditamente alcuni tra i temi più significativi ed emblematici
raccontati direttamente dalle persone con disabilità, in maniera
corretta e senza pietismi o sensazionalismi.
Resta poco approfondita, tuttavia, l?analisi di come e quanto la
disabilità e le storie personali vengano trattate a livello
radiotelevisivo e sui siti web istituzionali pubblici, oltreché sui
social network più diffusi. La televisione e la radio, infatti risultano
tuttora i canali di informazione più seguiti e diffusi capillarmente sul
territorio nazionale, ciò che accade sia per ragioni propriamente
tecniche, sia per il cosiddetto Digital Divide, ovvero,
fondamentalmente, il profondo gap che sussiste tra le persone
?tecnologicamente scolarizzate? e gli altri, tra cui molti disabili e
anche gli anziani, che sono oggi una parte rilevante della popolazione,
grazie al miglioramento della qualità della vita e della prevenzione
sanitaria.

Il tema della disabilità, purtroppo, non viene ancora trattato del tutto
con competenza. Spesso, infatti, le storie proposte sono relative a
?supereroi dello sport? o, al contrario, a casi di disagio sociale che
suscitano pietà e compassione negli ascoltatori; inoltre, sin troppo
frequentemente la modalità di conduzione delle trasmissioni televisive
su argomenti delicati riguardanti il tema della disabilità, non è
propriamente corretta e all?altezza delle problematiche che si vogliono
presentare, cosicché accade che in genere, a causa soprattutto di
superficialità, passino messaggi non condivisibili.
La normalità della condizione di disabilità, con le sue sfaccettature
sia positive che negative, la quotidianità che viene affrontata con
forza, ma anche con spirito di ottimismo e naturalezza, sono ancora
aspetti che ?non fanno audience? e quindi essi vengono raramente
affrontati in radio, in televisione e nello stesso web.
Partendo da un esempio pratico, cerchiamo ad esempio di riflettere sulla
responsabilità che hanno i media nella comprensione delle reali capacità
di una persona con disabilità. Se una persona non vedente viaggia da
sola in treno o in autobus, magari con un iPad su cui legge, scrive e
interagisce, chi osserva può non comprendere che le cuffie non servono a
sentire la musica, ma ad ascoltare ciò che legge e scrive e che dunque
non ci si trova di fronte a un ?falso cieco?.
Ma quanti conoscono, ad esempio, la differenza tra cecità e ipovisione?
L?ipovisione è anche detta ?cecità parziale? o ?con residuo?, ed è tale
quando si abbia un decimo di vista al massimo, compresa l?eventuale
correzione con lenti; un cieco parziale può essere in grado di fare
molte cose anche impensabili, ma la comunicazione ufficiale mostra poco
o nulla quali siano queste semplici capacità, o piuttosto le demonizza.

Oltre ai contenuti, è necessario poi approfondire anche la modalità di
fruizione degli stessi da parte delle persone con disabilità, essendo
l?accesso all?informazione e alla comunicazione un diritto sancito sia
dalla Legge 67/06 contro le discriminazioni, sia dall?articolo 30
(Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo
sport) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità,
secondo cui «gli Stati riconoscono il diritto delle persone con
disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla
vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire alle
persone con disabilità l?accesso a programmi televisivi, film,
spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili».
Ebbene, i suddetti «formati accessibili» sono relativi sia all?aspetto
tecnico dei dispositivi per la fruizione ? quindi televisione, radio,
dispositivi mobili come smarthphone, tablet e tecnologie web ? sia ai
contenuti e ai servizi erogati (contenuti web, contenuti televisivi e
radiofonici, cinematografici ecc).
Nel caso specifico della disabilità visiva, è sottinteso che la mancanza
della vista è compensata da tatto e udito, e quest?ultimo è fondamentale
per l?utilizzo di strumenti visivi come la TV e i dispositivi
elettronici e digitali.
In sostanza, per fruire dei contenuti televisivi, è importante che ci
sia un riscontro sonoro esaustivo, cosa che si risolve con le
audiodescrizioni, purché siano di facile accesso. Il cosiddetto switch
off, ovvero il passaggio del segnale televisivo da analogico a digitale,
se da un lato ha offerto la possibilità di istituire il secondo canale
audio dedicato alle audiodescrizioni, ha però aperto nuove barriere,
legate alla completa ingestibilità del decoder, e in particolare dei
menù a video e dei telecomandi che sono pieni di pulsanti
incomprensibili da parte di chi non vede, ma anche da parte delle
persone anziane e ?poco tecnologiche?.
Peccato, poi, che proprio nel menù per la selezione Lingua del digitale
terrestre e satellitare, sia ?nascosto? il secondo canale audio dedicato
alle audiodescrizioni per non vedenti, difficile da scovare, dipendendo
da marca e modello di televisore e telecomando.
In tal senso, più volte abbiamo chiesto ai principali operatori
televisivi del settore privato e pubblico, invitati in audizioni tenute
presso il tavolo del CNU (Consiglio Nazionale Utenti), se tra le
iniziative adottate a favore di persone cieche e ipovedenti vi fossero
trasmissioni audiodescritte. A nessun operatore privato risulta che la
propria emittente eroghi un tale servizio, unica prerogativa della RAI,
che in quanto rete pubblica è vincolata dal Contratto di Servizio a un
numero non ben definito di trasmissioni audiodescritte, che attualmente
non supera le dieci a settimana (di cui sette per una sola fiction),
nell?intera programmazione tra film, telefilm e fiction.
Audiodescrizioni, tra l?altro, che talvolta sono anche di qualità
tecnica discutibile.
Per quanto poi riguarda i sottotitoli, la cosa sembra essere più
sentita, sebbene risultino sicuramente pochi e scarsi per i diretti
interessati, ovvero le persone sorde.
Vale la pena a questo punto ricordare che ? sempre da Contratto di
Servizio ? la RAI avrebbe dovuto garantire l?accessibilità dei decoder,
fin dal momento della progettazione, ciò che invece non è mai stato
fatto. A tal proposito, comunichiamo con soddisfazione che siamo stati
ricevuti nel gennaio scorso dai direttori responsabili per le tecnologie
della RAI e del Centro di Ricerche RAI, ai quali abbiamo sottoposto il
problema, richiedendo una soluzione tecnica, ovvero un decoder
supportato da un sistema di TtS (Text to Speech), che risolverebbe il
silenzio tra la digitazione dei tasti del telecomando e ciò che appare a
video.

Il protocollo del TtS fu proposto nel 2009 dal Forum Europeo della
Disabilità (EDF) e ci risulta che sia il Regno Unito che la Spagna si
siano attivati per la progettazione e realizzazione di decoder parlanti.
Non si tratta, del resto, di una soluzione fantascientifica: sia i
computer che i dispositivi mobili come smartphone e tablet (o per lo
meno alcune marche) sono forniti infatti di tecnologie assistive
vocalizzanti, che permettono alle persone non vedenti e ipovedenti di
utilizzarli. Ma l?accessibilità e l?usabilità di questi strumenti non è
sempre garantita, pur essendo operative sia le sopracitate Leggi che la
Legge 4/04, meglio nota come ?Legge Stanca?, che definisce regole
tecniche per la corretta interazione di tali strumenti con le tecnologie
assistive e i contenuti del web.

Il percorso è lungo e c?è, purtroppo, ancora tanto da fare. È tanto
importante diffondere informazioni corrette e sensibilizzare tutti i
cittadini, e io non finisco di stupirmi di quanti vedenti non sappiano
nemmeno che noi, persone con disabilità visiva, siamo in grado di usare
un PC, uno smartphone,un tablet ecc.
La corretta comunicazione di tali argomenti a livello istituzionale è
certamente fondamentale, ma molto efficace è la pubblicazione ampia
delle problematiche sui media più diffusi. Ho avuto prova diretta che
quando si porta un documento a un tavolo tecnico, esso viene letto dai
membri del gruppo di lavoro e da pochi altri, e le cose restano ferme
per molto tempo. Mentre invece quando una notizia viene data in
televisione, in radio o esce su un quotidiano molto diffuso, allora può
accadere che qualcuno si senta punto nel vivo delle proprie competenze e
il problema venga affrontato a livello generale una volta per tutte.

Un?ultima riflessione riguarda la responsabilità dei media rispetto alle
informazioni concernenti le persone con disabilità, e più esattamente
quale sia il messaggio che passa nelle case degli italiani. Mi riferisco
in particolare al modo in cui vengono trattate le notizie riguardanti i
cosiddetti ?falsi invalidi?, tramite vere e proprie ?campagne? che, se
condotte malamente, rischiano di danneggiare proprio gli invalidi veri,
accusati spesso di essere ?falsi?, semplicemente perché hanno raggiunto
un livello di autonomia tale da riuscire ad attraversare la strada,
inserire la chiave nella serratura, mandare e-mail, avere un account
Facebook, vivere da soli, prepararsi da mangiare o riuscire a innaffiare
il piccolo giardino di casa. Spesso si tratta di persone cieche con
residuo visivo, anche minimo o laterale, che comunque permette loro di
svolgere delle piccole attività con tanta fatica e coraggio, e che si
trovano costrette ad andare in tribunale a dimostrare la loro innocenza.
La notizia dell?eventuale loro assoluzione ?perché il fatto non
sussiste? non viene però mai resa pubblica nei TG e neppure sui giornali
né tanto meno con gli stessi titoli ad effetto con cui erano stati
sbattuti in prima pagina.
E concludo con un?ultima provocazione: i ?veri falsi invalidi? hanno
ottenuto certificati fasulli e benefìci economici grazie all?appoggio di
Commissioni Medico-Legali corrotte presso le ASL e l?INPS: perché allora
non vengono mai menzionati i nomi dei medici e dei funzionari che hanno
firmato e sono stati complici di malefatte?

Consigliera dell?ADV (Associazione Disabili Visivi), con delega per le
Problematiche ITC (Information and Communication Technology) per la
stessa ADV e per la FISH (Federazione Italiana per il Superamento
dell?Handicap), presso i tavoli del Consiglio Nazionale Utenti, AgCom,
Sede Permanente del Segretariato Sociale RAI e Commissione Parlamentare
di Vigilanza RAI. Il presente testo costituisce il riadattamento della
relazione intitolata ?I media: strumento di inclusione e di esclusione
sociale per le persone con disabilità visiva? e presentata il 10 marzo
2015 a Roma (se ne legga anche su queste pagine), durante l?incontro
dedicato al Rapporto 2012 ?Disabilità e media. La rappresentazione delle
persone con disabilità nel sistema italiano dell?informazione?, curato
dalla Fondazione Giacomo Matteotti di Roma, con il contributo della
Fondazione Terzo Pilastro ? Italia e Mediterraneo.
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