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linkiesta.it: Come funziona il dissalatore dei record di San Diego
Donato Taddei in privato 21\01\2015, h. 21.23.

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Come funziona il dissalatore dei record di San Diego
Produrrà 200 milioni di litri d?acqua al giorno, ma la tecnologia rimane molto costosa ed energivora
David Talbot
In partnership con MIT Technology Review
La regione di San Diego è una delle più aride della California. Si spiega così una recente 
decisione del governo della contea: quella di costruire il più grande impianto di dissalazione 
dell?acqua di mare nell?emisfero occidentale, dal costo di un miliardo di dollari.
Il grande progetto di Carlsbad vede al lavoro quasi 500 lavoratori in elmetti gialli. Quando sarà 
terminato, l?anno prossimo, utilizzerà 400 milioni di litri al giorno di acqua dell?Oceano Pacifico 
per produrre 204 milioni di litri (54 milioni di galloni) d?acqua potabile al giorno. Coprirà solo 
il 10 per cento del fabbisogno d?acqua della contea ma sarà affidabile e a prova di siccità.
Per effettuare la dissalazione, la contea sta utilizzando soluzioni molto innovative applicate a 
una soluzione vecchia di decenni. Il processo è chiamato osmosi inversa ed è il cardine di grandi 
impianti di desalinizzazione in tutto il mondo. L?acqua viene forzata attraverso membrane 
polimeriche che consentono alle molecole di acqua di passare, bloccando però i sali e altre 
impurità inorganiche. La resa globale di desalinizzazione è triplicata dal 2000. Oggi, 16.000 
impianti sono in funzione in tutto il mondo, e il ritmo di costruzione dovrebbe aumentare mentre la 
tecnologia continua a migliorare, ma gli impianti rimangono costosi da costruire e gestire.
L?acqua di mare desalinizzata, infatti, è una delle fonti più costose di acqua fresca. L?acqua 
prodotta a Carlsbad sarà venduta per circa l?80 per cento in più di quanto la contea paga per 
l?acqua trattata proveniente dall?esterno della zona. Una ragione è l?enorme quantità di energia 
necessaria per spingere l?acqua attraverso le membrane; l?atra è la necessità di molte ridondanze 
per garantire la massima affidabilità della fornitura. 
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Circa 700 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di scarsità d?acqua, ma il numero è 
destinato a gonfiarsi a 1,8 miliardi in soli 10 anni. Alcuni paesi, come l?Israele, già fanno molto 
affidamento sulla desalinizzazione e «in molti luoghi siamo già al limite delle risorse idriche 
rinnovabili», afferma John Lienhard, direttore del Centro per la Clean Water e Clean Energy al MIT. 
«Oltre a questo abbiamo il riscaldamento globale, con condizioni più calde e secche, che ridurrà 
ulteriormente la quantità di acqua da fonti rinnovabili». Mentre la conservazione e il riciclo 
aiuteranno, non è possibile riciclare ciò che non si ha. «Dato che le città costiere crescono», 
dice, «il valore della dissalazione dell?acqua di mare è destinato ad aumentare rapidamente, ed è 
probabile che ne vedremo un?adozione diffusa».
In questo scenario c?è qualche buona notizia. La desalinizzazione non è sostanzialmente cambiata 
dal 1980. E il tempo necessario per pianificare per i grandi progetti è molto lungo (a Carlsbad 
sono voluti 14 anni). Tra poco, però la desalinizzazione sarà matura per il miglioramento 
tecnologico. Una combinazione di ottimizzazione guidata da sensori e di automazione, oltre a nuovi 
tipi di membrane e pompe, potranno permettere impianti di desalinizzazione con dimensioni la metà 
delle attuali che utilizzano proporzionalmente meno energia. Software di analisi delle immagini 
possono rilevare cosa sta succedendo all?acqua, e un algoritmo può controllare le valvola per 
aprire e distribuire soluzioni anti incrostanti nel sistema ed anticipare i problemi. Altri sensori 
e sistemi di controllo possono evitare altri problemi di contaminazione, modificando la pressione o 
il dosaggio di additivi chimici. Sistemi automatici come questi potrebbero far risparmiare tra un 
terzo e la metà dei costi di impianti di tradizionali.
Anche se i sistemi diventano più intelligenti, l?osmosi inversa è ancora un divoratore di energia. 
Carlsbad consumerà più di 35 megawatt elettrici. Circa i due terzi andranno alla pressione 
dell?acqua necessaria (L?altro terzo andrà principalmente per pompare l?acqua in salita per 10 
miglia ad un serbatoio). 
I proprietari di Carlsbad stimano che l?impianto consumerà 2,8 kWh per metro cubo per la sola 
dissalazione. Alcuni piccoli sistemi di osmosi inversa, che utilizzano processi configurati in modo 
diverso (acqua corrente in lotti piuttosto che a pompaggio continuo) stanno scendendo a 1,5-1,7 
chilowattora, ma la tecnologia non è stata dimostrata su larga scala.
Il vero problema sono le membrane. Fatte di poliammide relativamente spessa, sono le migliori che 
abbiamo in questo momento, anche se tutt?altro che ideali. Alcuni gruppi stanno però cercando 
materiali più efficienti. Al Mit, il team di un ingegnere meccanico, Rohit Karnik, sta costruendo 
membrane spesse un singolo atomo, in grafene con pori di meno di un nanometro di diametro.
I modelli al computer di Jeffrey Grossman (scienza dei materiali del MIT) hanno dimostrato che le 
membrane di grafene potrebbero ridurre l?energia utilizzata in osmosi inversa dal 15 al 45 per 
cento.
Inoltre, l?alta permeabilità potrebbe significare che molta meno superficie è necessaria per 
ottenere la stessa quantità di acqua, per cui tutto l?impianto potrebbe risultare dimezzato. 
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Finora Karnik ha fabbricato una membrana in grafene di un centrimetro quadrato e ha dimostrato che 
può selettivamente trattenere alcuni ioni presenti nell?acqua. Non è ancora dimostrato che possa 
effettivamente desalinizzare l?acqua di mare, anche solo su un banco di laboratorio. Superato 
questo passaggio, la prossima sfida è quella di rendere affidabili chilometri di membrane con 
caratteristiche costanti, e per questo probabilmente ci vorranno anni.
Altri approcci di nano-ingegneria sono allo studio. Uno prevede di aggiungere su uno strato in 
poliammide, uno strato di in polimeri idrofili, (cioè che attirano l?acqua). Le prime ricerche 
suggeriscono che queste membrane ibride possono resistere molto meglio alle incrostazioni. Ciò 
significherebbe meno tempi morti, un minor numero di sostituzioni, e un attraversamento dell?acqua 
più veloce. 
Per ora, in comuni costieri della California, l?acqua di mare è ancora l?opzione di ultima istanza, 
dopo il riciclaggio, il trattamento e riutilizzo delle acque reflue. Potrebbe non essere una grande 
soluzione, ma la realtà è che ci ritroviamo con sempre meno scelte in un mondo affamato di acqua.
(traduzione di Alessandro Ovi)
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Articolo originariamente pubblicato su MIT Technology Review
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