marziani
Stephen Hawking. Se arrivano i marziani per noi saranno guai
La Repubblica del 06-10-2013
di JOSÉ EDELSTEIN
Acausa della sua difficoltà a comunicare, di solito i giornalisti che vogliono intervistarlo devono
inviargli le domande con un mese di anticipo. Lui ne sceglie alcune, prepara le risposte e poi di
fronte all’intervistatore si stabilisce una conversazione fluente, ma programmata. Il mio incontro
con Hawking ha il valore aggiunto e la difficoltà che comporta il fatto eccezionale di poter
parlare con lui senza un copione, non essendo io un giornalista bensì un fisico teorico.
Quando entro nel suo studio lo trovo alla scrivania. Il più famoso scienziato del nostro tempo
porta occhiali dalle lenti molto scure. Jonathan Wood, l’assistente tecnico che custodisce con
grande cura il suo sistema di comunicazione, spiega: «Ne ha bisogno per poter usare il sistema
quando c’è molta luce». Hawking comunica grazie a un computer inserito nella sua sedia a rotelle e
a un programma speciale con il quale compone le frasi che un sintetizzatore trasforma poi in una
voce metallica dall’accento americano. Non ne vuole sapere di migliorare la qualità del
sintetizzatore, né di cambiare accento. «Questa è la mia voce», sostiene con logica schiacciante.
Lo conobbi a Santiago del Cile nel 1997. Come succede a tutti quelli che lo vedono per la prima
volta, rimasi impressionato dalla dignità e dalla forza di volontà con cui portava avanti la sua
vita. «Voglio fare le cose nel miglior modo possibile. Ovviamente, a causa della mia disabilità, ho
bisogno di assistenza, ma ho sempre cercato di superare i limiti della mia condizione e di vivere
il più possibile una vita piena. Sono più felice ora che prima della mia infermità». Il suo
rapporto con la disabilità è cambiato in modo significativo nel corso degli anni. Per molto tempo è
stato contrario a farsi identificare con essa. Poi, con atteggiamento di sfida, si può dire che le
ha voltato le spalle e ha scelto di ignorarla. «Non ho mai voluto compatirmi». Lo incontrai di
nuovo in Cile, a dieci anni da quella prima volta, navigando sui fiumi di Valdivia, un viaggio che
poi lui proseguì fino all’Isola di Pasqua. E poi al faro di Finisterre: «Sono felice di aver
raggiunto l a fine del mondo» mi disse. Con il passare degli anni, e con la crescente dipendenza da
badanti e infermiere e la consapevolezza della sua posizione privilegiata, è diventata una voce di
riferimento nella lotta per l’inserimento delle persone disabili. Ha accettato con orgoglio di
partecipare all’inaugurazione delle Paraolimpiadi di Londra. «Il loro grande successo ha dimostrato
che gli atleti disabili sono come qualsiasi altro atleta e dovrebbero aiutare a far sì che le
persone disabili siano accettate dalla società. Penso che la scienza debba fare tutto il possibile
per prevenire o curare le disabilità. Nessuno vuole essere disabile, se può evitarlo. Spero che il
mio esempio incoraggi e dia speranza ad altri che si trovano in situazioni simili perché non si
arrendano mai».
Fino all’inizio dell’ultimo decennio Hawking era in grado di muovere le dita della mano destra con
un’agilità sufficiente per usare un mouse. Con la perdita della mobilità si è dovuto ricorrere al
riconoscimento facciale. Un sensore che sporge dai suoi occhiali, come una minuscola lampada
flessibile, registra i movimenti della sua guancia. Il nuovo sistema dipende da una singola azione
e gli impedisce di navigare sullo schermo come faceva prima. La velocità di scrittura è crollata a
picco: una parola al minuto. Pur avendo trascorso anche un’intera settimana con lui, a Santiago di
Compostela, cinque anni fa, la prospettiva di affrontare un colloquio così pieno di silenzi mi
turba sempre. Mi siedo accanto a lui, e lui mi osserva attentamente. Soprattutto quando gli dico
che Maria, una bella ragazza che lo aveva avvicinato quando venne in Galizia, e alla quale avevano
diagnosticato una malattia simile alla sua, sta molto bene e mi scrive regolarmente ricordandomi di
quell???incontro per lei indimenticabile. L’effetto che fa lo sguardo dei suoi occhi chiari quando
si posa sui nostri, moltiplicato dall’immobilità del resto del corpo, è fortissimo. In quel momento
si è certi che sta comunicando con te. È un breve istante di comunione, di intensa connessione.
Quando venne a Santiago, viaggiando con una compagnia low cost per ricevere il Premio Fonseca per
la divulgazione scientifica, assaggiò ogni genere di frutti di mare nonostante la difficoltà che
comporta per lui il mangiare, dimostrando anche in questo la caparbia determinazione che tutti gli
riconoscono. Mangiò polpo e crostacei a volontà. Gli ricordo ora che in quell’occasione mi
confessò, sapendo che sono argentino, la sua passione per la carne (che ho potuto condividere a
cena a casa sua) e per il tango. Ora aggiunge anche quella «per il Papa. Sono membro della
Pontificia Accademia delle Scienze e spero di vederlo alla prossima riunione». E non so se
sorprendermi più del fatto che abbia presente la nazionalità del nuovo pontefice o che un agnostico
come lui faccia questo tipo di commento.
Si è scritto già molto sulla sua vita ed era ora che lo facesse lui stesso. Qualche settimana fa ha
presentato My Brief History, le sue memorie (in arrivo per Mondadori nella versione italiana, ndr),
e poco dopo è comparso al Festival del cinema di Cambridge per la prima di Hawking, un biopic alla
cui sceneggiatura ha collaborato lui stesso. Già trent’anni fa si propose di scrivere un libro, ma
quella volta fu per spiegare la fisica di frontiera al grande pubblico. Il processo di scrittura fu
lento e reso ancor più difficile da un terribile contrattempo. A metà del 1985, durante una visita
al Cern, una polmonite lo ridusse in fin di vita e fu necessaria una tracheotomia per salvarlo. Da
allora è rimasto muto. Nonostante questo, nel 1988 uscì "Una breve storia del tempo", libro che ha
catapultato la divulgazione scientifica nella categoria dei bestseller.
Anche se Hawking ha contribuito, insieme a Roger Penrose, a trasformare l’ipotesi del Big Bang in
una teoria scientifica, i suoi contributi più specifici hanno a che fare con i buchi neri. Già
costretto su una sedia a rotelle, scoprì che questi dovevano avere un’entropia, una sorta di
disordine interno. I contributi di Hawking hanno dato corpo a queste creature che, nell’emettere
radiazioni, evaporerebbero portando con sé tutto ciò che hanno inghiottito. Nessuna di queste
previsioni ha potuto essere verificata: più freddi dello spazio esterno, è impossibile rilevare
l’emissione termica dei buchi neri. Questo non significa che non vi siano solide prove della loro
esistenza, ma questo è il motivo per cui non ha vinto il Nobel. È stato premiato nel 2006,
tuttavia, con un riconoscimento ancor più prestigioso, la medaglia Copley, il più antico premio
scientifico. Mentre il Nobel premia ogni anno tra i sei e i nove scienziati, la Copley si concede a
una sola persona. L???hanno ottenuta Charles Darwin, Benjamin Franklin, Albert Einstein e Louis
Pasteur. E anche Giovanni Plana e Alessandro Volta.
Se la sua connessione con l’universo astratto della fisica teorica è miracolosa, non lo è di meno
la sua preoccupazione per questioni sociali che ci si potrebbe immaginare distanti da lui. Hawking
è un ferreo sostenitore dell’assistenza sanitaria pubblica e della necessità di investire nella
ricerca scientifica. Si definisce ideologicamente un socialista, ma questo non gli ha impedito di
esprimere il suo fermo rifiuto rispetto alla guerra in Iraq voluta da Tony Blair. Dice: «Il futuro
dell’umanità e della vita sulla Terra è molto incerto. Rischiamo di distruggerci a causa della
nostra avidità
e della nostra stupidità». La sua sensibilità ideologica traspare anche quando affronta questioni
diverse e apparentemente esotiche: «La scoperta di vita intelligente extraterrestre sarebbe la più
importante scoperta scientifica della storia, ma sarebbe rischioso tentare di comunicare con
civiltà extraterrestri. Se decidessero di farci visita, il risultato potrebbe essere simile a
quello che si verificò quando gli europei giunsero in America. Una vicenda che non andò a finire
molto bene per i nativi». Ai primi di maggio aveva accettato l’invito a partecipare a una
conferenza organizzata sotto l’egida di Shimon Peres, a Gerusalemme, ma un mese e mezzo prima ha
scritto agli organizzatori che rinunciava. «Stavo per andare in Israele a condizione di poter
tenere una conferenza in Cisgiordania, perché sento che le università palestinesi hanno bisogno di
contatti con il mondo esterno. Ma tutti gli accademici palestinesi mi hanno detto che avrei dovuto
sostenere il boicottag gio. Mi è dispiaciuto molto non andarci. Se lo avessi fatto, avrei detto che
Israele deve parlare con i palestinesi e con Hamas, come ha fatto la Gran Bretagna con l’Ira. Non
fai la pace parlando con gli amici, la fai parlando ma con i nemici. Sono felice che ora stiano
riprendendo i colloqui. Se questo fosse accaduto prima sarei andato in Israele».
Come spiegavo all’inizio, quando si parla con Hawking è consuetudine sederglisi accanto per poter
vedere lo schermo del computer. Nell’angolo in alto a destra, ci sono due piccoli riquadri. In
quello superiore ha le lettere dell’alfabeto, in quattro gruppi di sette lettere. In quello
inferiore, i numeri e alcuni tasti funzione. Un cursore lampeggia eseguendo una danza perpetua su
quei riquadri. Quando il sensore flessibile rileva un movimento della guancia, attiva un clic. Il
cursore rimane nel riquadro selezionato e inizia a scorrere le diverse righe. Scelta una riga, si
sposta su ogni lettera o segno. Quando comincia a scrivere si apre una finestra, attaccata alle
altre, che suggerisce dieci parole. Se sbaglia, deve aspettare che il cursore ricominci la sua
danza incessante per dirigerlo verso l’icona del cestino. Spesso la lettura della prima metà di una
frase preannuncia la fine della stessa senza possibilità di equivoci. Tuttavia, continua il suo
sforzo titanico per p ortarla a termine. Senza errori di ortografia o segni di punteggiatura
mancanti. Forse per una questione di fatica muscolare gli si socchiudono le palpebre, in un
movimento involontario che interferisce con il suo sistema di comunicazione e lo induce in errore.
Hawking sfrutta la sua gestualità limitata a sottili movimenti, impercettibili a coloro che non vi
sono abituati, per comunicare, per assentire o dissentire rapidamente. La rigidità del suo volto
scompare in modo esplosivo quando ride. Chi conosce il suo senso dell’umorismo riesce a suscitare
la sua risata con insolita facilità. In quei momenti, come quando sostiene lo sguardo, si affaccia
in tutta la sua pienezza l’essere umano che giace nelle profondità del suo corpo immobile.
Il suo spirito ludico è straordinario. Nelle sue conferenze non mancano mai momenti divertenti e
lui si gode le risate del pubblico prolungando il proprio silenzio. Sembra molto orgoglioso della
sua presenza ne I Simpson, a giudicare dai pupazzetti che ha nel suo studio. E anche della sua
partecipazione a Star Trek e a The Big Bang Theory.
Poche settimane fa ha partecipato in videoconferenza alla Comic-Con di San Diego. La sua presenza
nella cultura popolare lo ha reso un’icona. Appese alle pareti ci sono le foto di lui con Barack
Obama o Steven Spielberg, ma la vista si perde facilmente su una sensuale Marilyn Monroe avvolta in
una pelliccia bianca come la neve. Ma è Galileo Galilei a occupare, con Albert Einstein, l’altare
personale di Stephen Hawking. «Galileo è stato il primo scienziato moderno, capì l’importanza
dell’osservazione, ed Einstein è stato il più grande, ma per nostro sollievo si trovò in diversi
vicoli ciechi come la meccanica quantistica e il collasso gravitazionale». Sente che c’è qualche
tipo di causalità nel fatto di essere nato esattamente trecento anni dopo l’8 gennaio del 1642,
l’ultimo giorno della vita di Galileo.
È facile scordarsi quanti anni abbia. L’uomo che doveva morire prima di compierne venticinque ha
festeggiato i suoi settanta lo scorso anno. Circa duecentocinquanta persone ricevettero l’invito
per la cena nella splendida sala da pranzo del Trinity College, il più illustre di Cambridge. Ero
tra quelli, ma l’unico a cui lo smoking di rigore stesse con la naturalezza del vestito di tutti i
giorni era l’attore Daniel Craig. Ci fu anche un grande assente alla cena, e fu lo stesso Hawking.
Problemi di salute. Venne invece sua madre Isabel, con la quale ha mantenuto un rapporto molto
stretto fino alla sua scomparsa, avvenuta pochi mesi fa, all’età di novantotto anni.
Prima di salutarci ci trasferiamo nella Potter Room, luogo nevralgico del Dipartimento di
matematica applicata e fisica teorica, per scattare qualche foto — anche se la presenza di Hawking
in questo salone è già stata immortalata in un busto. Un gioco di luci e ombre fanno apparire reale
la statua e irreale il vero Hawking. Sembra contento di stare in posa e di rispondere alle frasi di
simpatia con la sua risata e il suo sguardo attento. Poi le voci si spengono, gli sguardi si
incrociano e i nostri passi tornano a perdersi nello stupore di quel labirinto di corridoi.
Traduzione di Luis E. Moriones
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