lucia
"La mia vita con il viso cancellato".
Corriere della sera del 19\07\2013

GIUSI FASANO.
"Tornerò a sorridere. Ora ho una maschera, ma non mi arrenderò mai. Possono avermi cancellato il 
viso, non la voglia di ricominciare". Lucia Annibali,
36 anni, l'avvocatessa sfregiata con l'acido, racconta al Corriere quella sera di tre mesi fa, a 
Pesaro. L'uomo incappucciato che scappa via: "Mi ha guardato
un istante, ho visto che aveva in mano un barattolo...". Gli attimi di terrore: "La mia faccia che 
friggeva, e io che rantolavo. E urlavo, urlavo tantissimo".
URBINO - Un uomo incappucciato che scappa via: "Mi ha guardato un istante, ho visto che aveva in 
mano un barattolo...". Quel tizio corre giù per le scale,
i salti risuonano nella memoria: "Mi sono detta un sacco di volte che forse potevo scappare, che 
magari avrei potuto proteggermi un po' di più". Lo sconosciuto
è lontano, Lucia rivede se stessa sull'uscio di casa: "Quello mi ha lanciato addosso il liquido del 
barattolo. Ricordo la mia faccia che friggeva, rantolavo.
Ho fatto in tempo a specchiarmi un istante prima che gli occhi non vedessero più niente. Ero 
grigia, c'erano bollicine che si muovevano sulle mie guance.
Urlavo, urlavo tantissimo. Ricordo di aver tolto il giacchino di pelle per non rovinarlo... come se 
fosse importante".
Era una sera di tre mesi fa, a Pesaro. Lucia Annibali, 36 anni a settembre, la racconta come un 
guerriero racconterebbe una battaglia epica. Una lotta
contro la violenza e la miseria umana di chi l'ha sfregiata così. Contro l'acido che non è riuscito 
a deturpare la ragione.
Lucia descrive la caduta, le ferite, la sofferenza, il coraggio. Non la resa. "Non mi arrenderò 
mai, lo sappia chi mi ha fatto tutto questo. Possono avermi
tolto il viso, non la voglia di ricominciare. Sono qui, viva. Ho giurato a me stessa che ce l'avrei 
fatta e ce la farò".
L'ha giurato la sera del 16 aprile, mentre la portavano in ospedale, l'ha giurato mentre ripeteva 
alla vicina "io so chi è stato, è stato lui, il mio ex",
l'ha giurato mentre sopportava i tormenti di un collirio speciale, ogni tre ore. "Mi dicevo: 
cascasse il mondo io non posso rimanere cieca come dicono
i medici. Sarebbe troppo ingiusto. Avevo gli occhi bianchi, completamente coperti dall'acido, hanno 
creato una sostanza con il mio sangue e me li hanno
puliti, io ci ho messo la volontà di guarire".
Adesso ci vede. Si guarda sfogliando vecchie fotografie. C'è una Lucia sorridente con la madre 
Lella e il padre Luciano, avvocato civilista come lei. Una
abbracciata al fratello Giacomo, più grande di tre anni. Un'altra da piccola in tenuta invernale o 
un'altra ancora da ragazzina alla prima comunione. "Quella
non sono più io" dice. "E' la mia ex. So perfettamente che non tornerò com'ero prima, ma ci andrò 
il più vicino possibile, vedrai".
Sul tavolo è appoggiata la maschera di silicone che porta qualche ora al giorno: "Non è fantastica? 
Sembro un ladro...". Il resto del tempo ne indossa
una di tessuto. Anche la mano destra è ustionata dall'acido e coperta da un guanto dello stesso 
materiale. Tutto per tenere la pelle schiacciata e avere
un buon risultato dopo gli innesti.
E' a casa, Lucia. Nell'appartamento dei suoi genitori a Urbino. Ma è un continuo tornare in 
ospedale, a Parma. Medicazioni, controlli, fisioterapia, massaggi,
laser. E nuove operazioni all'orizzonte. "Mi ci vorrà almeno un anno per tornare con un viso, 
diciamo, armonioso. Adesso non sono un granché, mi rendo
conto, ma ho in programma un'operazione per allargarmi la bocca, così sembrerò ancora più umana e 
finalmente potrò sorridere".
Si vive di piccoli passi in avanti, e ogni volta sembra di aver scalato montagne. Il suo primo 
ottomila Lucia l'ha conquistato il giorno in cui ha osato
chiedere. Era in ospedale da settimane: "Ogni tanto mi toccavo e mi dicevo "sto' naso... mi sa che 
non c'è rimasta tanta roba..." sentivo la pelle sottile
sottile... A un certo punto, mentre ero ancora bendata, ho cominciato a fare un po' di domande. 
Come sarò? E loro: "avrai delle cicatrici". Ricordo che
ho detto: "Definisci cicatrici". E loro: "Avrai la pelle di un colore diverso, all'inizio non ti 
piacerai ma poi migliorerai". Mi sono messa a piangere
ma ho scoperto che non potevo farlo. Se avessi pianto avrei potuto rovinare la pellicola che mi 
avevano applicato. Allora mi sono detta: Lucy, sei adulta,
sopporta quello che c'è da sopportare e sono fiera di averlo saputo fare senza fiatare. Lì in 
reparto sentivo che urlavano dal dolore... Quando avevo voglia
di piangere mi saliva una rabbia... non è giusto soffrire per non aver fatto niente, non è giusto 
che io sia costretta a vedermi così".
Nel suo letto d'ospedale, con gli occhi ancora fasciati e incerti, Lucia sentiva che parlavano di 
lei in televisione. "Si discuteva del mio caso, del femminicidio.
Mi arrivavano le voci che parlavano delle indagini, degli arresti... ho sentito parole al vento che 
mi hanno offesa. L'albanese che mi ha conciata così
aveva precedenti, era stato espulso più volte eppure era a Pesaro a passeggiare liberamente".
Gli inquirenti hanno messo assieme indizi sufficienti per arrestare Luca Varani, un avvocato di 
Pesaro che aveva avuto con lei una relazione e che secondo
l'accusa l'ha perseguitata per mesi prima di ordinare l'agguato a due albanesi, in carcere pure 
loro (l'incappucciato dell'acido e un altro che ha fatto
da palo). "Del mio ex non voglio parlare", taglia corto Lucia. "Posso solo dire che un tempo ne ero 
molto innamorata e che adesso sto molto bene con me
stessa rispetto a un minuto prima dell'aggressione. Almeno è finita tutta quell'angoscia che 
potesse succedermi qualcosa". Il racconto si interrompe, Lucia
guarda le macerie della sua storia d'amore. "Voglio dirti - ed è il messaggio per un Luca che non 
esiste più - che alla fine non l'avrai vinta tu, emergo
io perché sono forte e arriverò lontanissimo, tu resterai per sempre indietro".
Lucia degli ottomila ha scalato la cima più difficile quella volta che ha deciso di guardarsi allo 
specchio: "Quando sono uscita dall'ospedale ero ancora
bendata, un giorno durante la medicazione mi stavano istruendo su come lavarmi. Mi sono fatta 
coraggio e ho chiesto all'infermiera "senti, avete uno specchio?"
Mi sono guardata ma non ci vedevo ancora tanto bene. Come al solito ho fatto un commento stupido. 
Ho detto "secondo me con la frangia starei molto meglio".
I capelli erano diventati prioritari, la mia identità. Temevano infezioni, ho combattuto per non 
farmi rapare...".
La prossima montagna sarà da affrontare in mezzo alla gente. L'Everest. Stavolta si sale in vetta 
per mostrarsi al mondo, a chi vorrebbe sapere o vedere
com'è adesso la faccia di Lucia. "Una specie di uscita l'ho fatta l'altro giorno a Pesaro con mia 
madre e mia zia" racconta lei. "Mi guardavano tutti...
Vabbè, prima o poi ci riprovo". Non è cosa facile arrivare in cima all'Everest.
Giusi Fasano
@GiusiFasano
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