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«Mi stai registrando?» I miei incontri con i Google Glass
Corriere della Sera - 23 maggio 2013, giovedì
"Mi stai registrando?" I miei incontri con i Google Glass.
Li ho provati: un senso di isolamento.
Massimo Sideri.
BOLOGNA - Mentre indosso i Google Glass - oltre a provare un infantile delirio di onnipotenza
gadgettistica che sarebbe inutile smentire - mi viene in mente che la prima volta non si scorda
mai. Quante volte nella vita ci capita di poter testare un'esperienza, in questo caso la realtà
aumentata, del tutto nuova per l'essere umano? La prima telefonata con il cellulare? La prima volta
che abbiamo navigato su Internet? Non le ricordo, ma ricorderò la prima volta in cui ho guardato il
mondo con l'occhio di Google. Testare i Google Glass, un'esclusiva per l'Italia del Corriere , può
forse essere paragonato all'arrivo dell'iPod che anni fa rivoluzionò l'ascolto della musica. Ecco
le cose che abbiamo sperimentato per voi e che potrebbero cambiare la nostra vita.
Pre scriptum: diciamo subito che tra queste, inaspettatamente, non c'è un senso di nausea che in
molti temevano. Tutto inizia sempre con un nuovo tormentone, "Ok Glass", il comando chiave per
attivarli.
Gli occhiali "presta-vista": collegandomi a una rete wi-fi negli uffici di MusiXmatch - la società
bolognese che, dopo essere stata invitata al Google I/O di San Francisco, possiede l'unica scatola
arrivata in Italia - tento un hang out , una videoconferenza che già di per sé sarebbe una bella
esperienza. Ma la particolarità sta nel poter "prestare" la propria vista. Le persone con le quali
sono collegato - to hang out in inglese significa frequentare ma anche divertirsi - vedono quello
che vedo io, la realtà circostante. Paradossalmente possono parlare e interagire con qualcuno che
mi sta davanti. Provato è meglio che raccontato. Non avete mai sognato di controllare qualcuno come
un manichino?
Utilizzo pratico: avete presente quando vi chiamano da casa per chiedervi dove avete messo le
chiavi? Con i Google Glass potete farvi prestare gli occhi e le mani per raggiungere facilmente
l'obiettivo senza innervosirvi.
Gli occhiali sapientoni. Tra le prime funzioni che trovo nel menù a tendina che compare sulla
retina dell'occhio destro c'è la funzione search . Anche se parlando con gli occhiali vengo preso
inevitabilmente per un cretino per avere una risposta in 0,18 secondi - nuova unità di tempo per la
conoscenza - non devo raggiungere nemmeno lo smartphone nella mia tasca. Siamo ormai tutti natural
born voyeur .
L'occhiale Grande Fratello: "Mi stai registrando?". La preoccupazione di molte persone che ho
incrociato rivela la sindrome da Grande fratello. La paura di trovarsi di fronte a un occhio a cui
nulla sfugge anche se la funzione è già incorporata nei nostri smartphone. In effetti con un
semplice comando vocale o utilizzando la superficie touch sulla parte destra dell'occhiale posso
scattare fotografie e girare mini-video da 10 (o più) secondi e condividerli subito. E' la
possibilità di compiere il nuovo peccato capitale dell 'oversharing , cioè la condivisione
eccessiva, a farne un'arma a realtà aumentata (Google ha previsto un segnale luminoso per far
capire che la registrazione è attiva). Difficile onestamente capire dove finisce il gadget e dove
inizia l'arma.
L'occhiale "karaoke": i Google Glass per ora hanno poche applicazioni. Ma MusiXmatch sta già
sviluppando la sua app dedicata: l'occhiale riconosce le canzoni e trasmette sulla retina i testi
che scorrono seguendo la canzone. In Giappone faranno faville.
L'occhiale Robocop. I movimenti necessari per attivare le funzioni aiutano a farmi sentire "agile"
come Robocop. Ma la cosa più curiosa è sicuramente lo strano contrappasso che mi ha fatto
finalmente alzare gli occhi all'altezza delle persone - dopo anni di sguardi bassi per guardare
furtivamente lo smartphone - sentendomi però isolato dal mondo circostante: la realtà aumentata,
come primo test, ci dà così tante informazioni che dimentichiamo di dire: "Ciao". Ok Glass.
Massimo Sideri
@massimosider
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