scienze Rassegna di articoli scientifici.(4 articoli) Inviati in privato da Francesco Melis ed estratti da la repubblica. Sommario: 01.Galileo, parte il Gps italiano 02.Quella rete così perfetta, la ragnatela non ha più segreti. 03.Così si illuminano i neuroni: il cervello si accende in un video. 04."Vi racconto la grande caccia alla particella mancante" Da "Repubblica" del 20 marzo 2013 torino.repubblica.it/cronaca/2013/03/13/news/galileo_parte_il_gps_italiano_primi_test_il_sistema_funziona-54491655/ Galileo, parte il Gps italiano primi test, il sistema funziona. Sono quattro i satelliti messi in orbita per sostituire il sistema statunitense di navigazione. Da ieri trasmettono un segnale valido. Nel 2014, quando il sistema sarà completamente operativo, saranno trenta. Galileo, il sistema di posizionamento satellitare europeo, ha iniziato a 'lavorare': le prime trasmissioni sono state testate da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino e dell'Istituto Superiore Mario Boella. Si tratta del primo utilizzo del segnale trasmesso dai primi quattro satelliti messi in orbita e pensati per sostituire il sistema statunitense Gps. Come comunicato dall'Agenzia Spaziale Europea (Esa), i primi quattro satelliti, dei 30 previsti, che costituiscono il nucleo del sistema di radionavigazione satellitare europeo Galileo trasmettono da ieri un segnale valido che permette di utilizzarli per il posizionamento. Una prova fondamentale della sua operatività è arrivata dal team NavSAS (Navigation Signal Analysis and Simulation), gruppo di ricerca congiunto del Politecnico di Torino e dell'Istituto Superiore Mario Boella, che ieri è stato tra i primi al mondo in grado di calcolare la posizione basandosi unicamente sui satelliti Galileo, pochi minuti dopo l'inizio della trasmissione. Il sistema Galileo dovrebbe diventare operativo entro il 2014 e, una volta completata la costellazione costituita da 30 satelliti, permetterà agli utenti di determinare con estrema precisione la loro posizione nel tempo e nello spazio, in modo ancora più preciso ed affidabile del Gps. In questi anni Politecnico di Torino e Istituto Mario Boella, parallelamente ad altri istituti di ricerca e università italiane, hanno lavorato per sviluppare e sperimentare prototipi di navigatori satellitari e nuove possibili applicazioni basati su Galileo. (13 marzo 2013) Secondo articolo: Da "Repubblica" del 18 marzo 2013 www.repubblica.it/scienze/2013/03/18/news/ricerca_scoperto_segreto_resistenza_ragnatela-54824561/ Quella rete così perfetta, la ragnatela non ha più segreti. Sottile, quasi invisibile e resistente: la chiave per spiegare l'estrema efficienza della rete tessuta dai ragni sta nella sua iper-elasticità e nel sistema di ancoraggio che viene continuamente sollecitato, dicono gli scienziati. Con possibili applicazioni dall'ingegneria alla nanotecnologia UNA 'rete' miracolosamente efficace, quasi invisibile eppure infallibile: un piccolo miracolo della natura, che sempre più spesso ispira, nella sua perfezione, le tecnologie più avveniristiche. A svelare il segreto della resistenza delle ragnatele arriva ora il lavoro di un'équipe di Trento con i colleghi del Mit di Boston: la chiave, spiegano i ricercatori, sta nella robustezza dell'ancoraggio, una struttura complessa costruita in modo intelligente. Il lavoro, che suggerisce anche possibili applicazioni in campo ingegneristico, è finanziato dall'European Research Council e verrà pubblicato da Small. Lo studio, al quale ha partecipato Nicola Pugno del dipartimento di Ingegneria civile dell'Università di Trento, ha dimostrato che è la caratteristica iper-elastica della seta, che si irrigidisce sotto tensione, a rendere la ragnatela estremamente robusta e resistente all'impatto degli insetti. La "tela" ha anche un altro punto di forza: se il carico applicato alla ragnatela non è puntuale, come nel caso di un impatto di un insetto, ma è distribuito, come nel caso del carico del vento, gli ancoraggi saranno gli elementi strutturali più sollecitati, rilevano i ricercatori. Grazie a calcoli di nanomeccanica non lineare, simulazioni di dinamica molecolare e osservazioni sperimentali, gli studiosi hanno dimostrato che la resistenza adesiva dell'ancoraggio è massima in presenza di una certa ampiezza degli angoli alla base e che essa dipende dalla deformabilità della seta. Quindi ogni tipo di seta prodotta da un ragno per essere resistente avrà bisogno di una particolare struttura degli ancoraggi. Ancora una volta, osservando quello che la natura è già stata in grado di creare, si possono trarre utili spunti per diversi campi di applicazione: lo studio suggerisce soluzioni ispirate all'ancoraggio della seta del ragno per il progetto di ancoraggi di robustezza estrema, di grande interesse in campo ingegneristico, dai nanosistemi alle applicazioni civili, dalle superfici nanostrutturate estremamente adesive per applicazioni mediche agli ancoraggi per il cavo di ponti sospesi. (18 marzo 2013) Terzo articolo: Da "Repubblica" del 20 marzo 2013 www.repubblica.it/scienze/2013/03/20/news/cos_si_illuminano_i_neuroni_il_cervello_si_accende_in_un_video-54948017/ Così si illuminano i neuroni: il cervello si accende in un video. Studiosi statunitensi hanno osservato per la prima volta nella sua interezza il cervello di un animale vertebrato, nello specifico una larva di pesce zebra. E hanno lanciato una nuova frontiera nello studio del cervello. di ELENA DUSI ASSOMIGLIA a un cielo stellato, ma è in continuo movimento. Può sembrare anche la Terra ripresa dal cielo, con le luci che si accendono e si spengono senza pausa. Il cervello di un piccolo pesce zebra è un concerto di neuroni in continua agitazione. Non riposa neanche un istante. Ogni impulso trasmesso da una cellula si traduce in una scintilla. E oggi è la prima volta che l'organo del pensiero di un animale vertebrato viene osservato nella sua interezza, per un'ora di seguito. Il video prodotto dall'Howard Hughes Medical Institute di Ashburn, in Virginia, è stato pubblicato su Nature Methods. Per ora le riprese del cervello in diretta - un fotogramma ogni 1,3 secondi - hanno riguardato un pesciolino al livello di larva, con appena 100mila neuroni in testa. Ma è chiaro che l'ambizione dei ricercatori (enorme, allo stato attuale della tecnologia) è quella di arrivare al cervello umano, che all'interno del cranio ha un numero di cellule neurali 85mila volte superiore. L'Unione Europea a febbraio ha assegnato due miliardi di euro in dieci anni a due "progetti bandiera" che rappresentano la scienza del continente. Uno di essi è proprio la riproduzione del funzionamento del cervello umano su un computer. O, meglio, su una serie di computer collegati in serie. Pochi giorni dopo l'annuncio di Bruxelles, gli ha fatto eco Washington. La Casa Bianca ha annunciato il varo del "Brain Activity Map": la mappa del funzionamento del cervello umano. Anche se gli estremi del finanziamento non sono ancora stati resi pubblici, si tratterà di un'iniziativa da svariati miliardi di dollari e della durata di un decennio. Per la scienza Usa si tratta del progetto più ambizioso dopo il sequenziamento del genoma umano, durato per tutti gli anni '90. Il pesciolino del laboratorio di Ashburn non sa di portare sulle spalle tante aspettative. Gli scienziati Misha Ahrens e Philipp Keller lo hanno modificato geneticamente in modo che le cellule del suo sistema nervoso esprimano una proteina fluorescente nel momento in cui i neuroni si accendono. Grazie a un microscopio, i ricercatori possono osservare l'attività di 80mila delle 100mila cellule del cervello. Le altre sono in maggioranza situate negli occhi e non sono facilmente raggiungibili dallo strumento. Il lavoro di Ahrens e Keller è facilitato dal fatto che la testa del pesce zebra, quando è ancora a livello di larva, è trasparente. Studi simili condotti sui topolini di laboratorio dovevano inserire gli strumenti ottici all'interno della testa, e potevano osservare zone molto più limitate del cervello. Ma il bello del cervello è proprio il suo funzionamento corale. Studiare come le varie aree si attivano in contemporanea durante le attività più disparate, dallo studiare al ricordare, dal vivere un'emozione all'imparare un movimento nuovo, è uno dei campi più interessanti delle neuroscienze, e per il momento sull'uomo lo strumento usato più spesso per la ricerca è la risonanza magnetica. Dagli studi sui pesciolini trasparenti al trasferimento su silicio dell'architettura del cervello umano, lo studio di quell'universo meraviglioso che è il cervello è oggi l'impresa forse dagli orizzonti più vasti che la scienza si sia prefissata. (20 marzo 2013) Quarto articolo: Da "Repubblica" del 14 marzo 2013 www.repubblica.it/scienze/2013/03/14/news/cern_festeggia_bosone_higgs-54562670/ "Vi racconto la grande caccia alla particella mancante" A Roma alcuni dei protagonisti della scoperta del Bosone di Higgs: Fabiola Gianotti e Guido Tonelli. Con il fisico Luciano Maiani, direttore del Cern quando fu decisa la costruzione dell'acceleratore LHC, a presentare il libro (scritto col giornalista Romeo Bassoli) in cui narra la storia di una vera impresa di ELENA DUSI ROMA - Il Cern festeggia la scoperta del bosone di Higgs e riconferma il volto della particella mancante inseguita dai fisici per quasi 50 anni. Ma cosa c'è dietro alla macchina da scienza più grande e complessa del mondo? Oltre vent'anni di progettazione, la carriera (e la vita) di 10mila fisici di 40 paesi del mondo, strumenti così complessi che la tecnologia ha dovuto crearli ad hoc. La storia del Large Hadron Collider (Lhc), l'acceleratore di particelle che al Cern di Ginevra ha raggiunto una scoperta epocale per la fisica, è stata raccontata all'Auditorium di Roma dal gruppo di fisici che ne sono stati protagonisti: Luciano Maiani, direttore del Cern nel momento chiave in cui la realizzazione di Lhc è stata decisa, alla fine degli anni '90. E Fabiola Gianotti con Guido Tonelli, i due fisici italiani che hanno guidato i due esperimenti (Atlas e Cms) che hanno osservato il bosone di Higgs. Maiani, uno dei fisici teorici più prestigiosi del nostro paese, ha raccontato la storia della macchina incaricata di scoprire i segreti della materia e i misteri dei primi istanti dopo il Big Bang nel libro "A caccia del bosone di Higgs. Magneti, governi, scienziati e particelle nell'impresa scientifica del secolo", scritto con il giornalista Romeo Bassoli e pubblicato da Mondadori Università. "Oggi festeggiamo il successo di un'impresa - racconta Maiani - ma per costruire Lhc abbiamo dovuto prendere decisioni difficili. Nel tunnel di 27 chilometri che oggi ospita questo strumento, infatti, operava un altro acceleratore, che si chiamava Lep e che nel 2000 mostrò dei risultati inaspettati. Poteva essere il bosone di Higgs, il Cern si riempì di eccitazione e la scelta di fermare Lep proprio alla vigilia di una possibile scoperta fu tra le più difficili della mia vita. Col senno di poi, però si è rivelata giusta. Quei segnali non venivano dal bosone di Higgs. La particella si trovava a un'energia più alta. Lhc, che è più potente, è effettivamente riuscito a trovarla". Aspettare il 2008 (anno di inaugurazione della macchina, una decina di anni più tardi rispetto alle prime, ottimistiche, previsioni) si è rivelata alla fine la scelta giusta. Nonostante l'esplosione del 19 settembre di quell'anno e l'attesa del marzo 2010 per riparare tutti i magneti danneggiati, alla fine il bosone di Higgs è apparso nei rivelatori di Ginevra. In imprese scientifiche così imponenti, la caccia alla "particella mancante" non viene affidata a un solo team di ricercatori. Attorno all'anello di Lhc sono stati costruiti ben 4 rivelatori, incaricati di studiare le collisioni fra i protoni lanciati a una velocità prossima a quella della luce. Due di questi rivelatori (Cms e Atlas) sono stati dedicati alla ricerca dell'Higgs. "Ci stiamo muovendo oltre la frontiera della fisica nota - spiega Guido Tonelli - e per noi fisici sperimentali la paura di un errore è una compagna costante. Ci segue come un'ombra. Un risultato per noi è veramente tale se viene replicato da un altro esperimento, ecco perché Cms aveva bisogno del riscontro di Atlas e viceversa. Nonostante l'amicizia che mi unisce a Fabiola, la competizione fra i due team è stata veramente agguerrita". La competizione funziona se le due squadre procedono "in cieco": senza che un esperimento conosca i dati dell'altro. Questo avviene sia per evitare condizionamenti, sia per mantenere un eventuale "vantaggio" sui rivali. "Ma Atlas e Cms - racconta la Gianotti - raccolgono la metà circa della comunità dei fisici delle particelle del mondo. Ed è frequente che un membro di un esperimento sia sposato o fidanzato con un membro dell'altro esperimento. Quando nel nostro rivelatore Atlas spuntò un dato interessante, chiamai una mia collega a casa, di domenica all'ora di pranzo. Lei, che era sposata con un fisico di Cms, si dovette chiudere in bagno per parlare". La storia di Lhc racconta di scelte difficili dal punto di vista della fisica, ma anche delle relazioni internazionali (il Cern è un laboratorio mondiale, e i componenti dell'acceleratore sono stati prodotti in decine di nazioni diverse) e delle finanze (la Germania, subito dopo l'unificazione, ritirò parte del suo contributo e la Russia, subito dopo il crollo dell'Urss, non fu in grado di rispettare le scadenze per la consegna dei magneti). "Ma alla fine - spiega Maiani - imprese così importanti possono essere realizzate solo se si ha la capacità di avere una visione di lunga portata. Questo sembra impossibile in Italia. Una volta feci una relazione in Senato sui progressi della costruzione di Lhc, e un parlamentare mi si avvicinò per chiedermi: Ma davvero serviranno dieci anni per farla entrare in funzione?". (14 marzo 2013Torna all'indice