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Contrappunti/ L’edipica fine di Google Reader
Art. di punto informatico postato da G. Cimmino, su u-a, 19\03\2013, h.10.09.

di M. Mantellini
Con la chiusura del servizio RSS a Mountain View stanno chiudendo anche un’era aziendale. Il 
futuro, il futuro di BigG, sarà più mainstream e meno di nicchia

Roma - Urla e grida di dolore da tutto il mondo connesso. Queste, in poche parole, le conseguenze 
dell’annuncio da parte di Google della chiusura di Google Reader il prossimo 1 luglio. Al di là 
delle questioni squisitamente tecnologiche, la chiusura dell’aggregatore RSS più utilizzato del 
mondo ha molti differenti livelli di lettura.Possiamo intanto considerare la scelta di Google come 
una scelta di realtà. Certo BigG vanta numerosi piccoli conflitti di interesse nei confronti di una 
simile valutazione; altrettanto certamente il giocattolo è suo e nessuno potrà eccepire granché al 
riguardo. Scelta di realtà significa prendere atto di un fallimento dei feed RSS basato 
sull’analisi della loro parabola di utilizzo in Rete. In altre parole gli RSS, nonostante siano in 
giro da anni, non hanno sfondato, benché nel tempo siano stati ampiamente proposti dai siti 
editoriali professionali e dalle piattaforme di self publishing come strumento principe di filtro 
editoriale.Seconda motivazione possibile: in un momento di grande crisi del sistema informativo, i 
feed RSS e gli aggregatori di news sono identificati come un presidio tecnologico che ostacola la 
monetizzazione dei contenuti. Se ci fosse un dietrologo bravo oggi potrebbe sostenere che lo 
spegnimento di GReader è un piccolo favore che Google offre all’industria delle notizie. 
Personalmente non arrivo a tanto, è però un dato che i flussi RSS sono assai complessi da 
monetizzare (i tentativi in tal senso in passato sono andati in malora) e sono sostanzialmente in 
contrapposizione con l’idea sitocentrica che i grandi editori sostengono per la loro presenza 
online. In fondo Google News, che tante tensioni in Europa sta creando agli affari di Mountain 
View, è di fatto un aggregatore.Poi c’è la faccenda social network. Detto con molta semplicità: se 
gli editori temono i processi di editoria personale in Rete, l’ossessione attuale di Google 
riguarda invece il controllo dei dati degli utenti sulle reti sociali. Pensare che gli utilizzatori 
di Google Reader migrino in massa verso G+ è una follia bella e buona ma molte delle scelte più 
importanti che Google ha intrapreso negli ultimi tempi (compresi alcuni azzardati rimaneggiamenti 
nel search) sono scelte del medesimo segno ed indicano una chiara intenzione di spostare a 
qualsiasi costo i propri utenti sul social network casalingo nel tentativo di far concorrenza a 
Facebook. A tale proposito andrebbe detto chiaramente che l’immersione prolungata delle notizie 
nella melma bollente dei social network è un bel vantaggio per le piattaforme di rete sociali e una 
discreta iattura per gli editori ma questo è un altro discorso.C’è un inevitabile passatismo nel 
tentare l’apologia dei feed RSS e di Google Reader in particolare, ed è quello che sulle prime 
questo Contrappunti si era proposto di non fare. Volevo tentare una analisi fredda e distaccata 
della questione, senza cadere in sciocche nostalgie o residue speranze di rivincita da parte di un 
accrocchio tecnologico tanto affascinante quanto oscuro. Esiste del resto una sorta di crudeltà dei 
numeri con i quali occorre misurarsi. E i numeri dicono, non da oggi, che i feed RSS non saranno 
mai un presidio tecnologico per le grandi masse. Non tanto e non solo, io credo, per ragioni di 
alfabeto tecnologico quanto per tutto il lavoro intellettuale che la loro gestione impone.Molti di 
noi trovano ogni mattina apparecchiata sul desktop, sul tablet o sullo schermo del telefono la 
propria dieta mediatica compressa dentro un aggregatore di feed. Si tratta di una dieta calibrata 
fino alla singola caloria, aggiornata nel tempo, curata come si farebbe con un cucciolo. Sappiamo 
da tempo - perfino Google lo sapeva - che un simile approccio all’informazione non potrà mai essere 
ampiamente utilizzato.

Il pubblico delle news fai-da-te resterà comunque luminosa minoranza rispetto ai tanti che 
continueranno a preferire che la propria dieta sia confezionata con maggior praticità e in grande 
serie da altri cuochi. Alcuni di questi cuochi, i più innovativi sono al momento chini sui fornelli 
senza tesserino (pensate a Zite, o Flipboard, o Pulse) ed occupano uno spazio di creatività che 
certamente l’industria editoriale vorrà prossimamente rinegoziare. Altri cucinano da tempo per le 
grandi masse e la loro convivenza con le mille piccole nicchie di Internet è già da tempo 
sufficientemente complicata.In mezzo a tutta questa confusione Google ha inteso creare una grande 
discontinuità fra sé stessa e una certa idea di Rete. Quella stessa idea di Rete basata sulla 
venerazione della diversità e delle nicchie di interesse che - guarda caso - contribuì a suo tempo 
a rendere Google grande e ammirata. Non saremo forse di fronte ad Edipo che uccide il padre, ma 
certo un bel calcio nello stomaco, di quelli sciagurati e stupidi, Google al proprio genitore in 
questo caso glielo ha allungato sul serio.

Massimo Mantellini

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