Nel nome di Bologna

di Maria Chiara Mazzi

I palazzi, antichi e meno antichi, di una città come Bologna non sono solo vestigia di un antico e glorioso passato, ma testimonianza viva e attiva che questo passato è ancora presente e mantiene intatta la sua importanza.


La recente e splendida pubblicazione “Nel nome di Bologna”, promossa dalla Consulta fra Antiche Istituzioni Bolognesi ha lo scopo (che è quello stesso della Consulta) di recuperare la storia sociale negli aspetti spesso trascurati dall’ufficialità, ma esempio di come un tessuto civile non sia costituito sia dai grandi poteri (civile ed ecclesiastico) sia da una rete di istituzioni spesso di origine privata che, senza un’esplicita valenza religiosa o politica, ancora oggi testimoniano la vitalità e la vivacità della società civile.
Il volume ci mostra l’ampio ventaglio di queste istituzioni bolognesi antiche e recenti, promosse da singoli o da gruppi impegnati in prima persona anche coi loro beni, sin dal Medioevo, a dare vita quasi a un welfare “ante litteram”.
E ci fa scoprire un tessuto ricchissimo: dalle attività “ospitaliere” (per i pellegrini, i viaggiatori e gli infermi), al Monte di pietà e ai Poveri vergognosi (per lenire la piaga dell’usura o aiutare la fascia dei “nuovi poveri”), dalle congregazioni ai collegi e alle confraternite fino alle istituzioni che, soprattutto nel XIX secolo vennero incontro alle nuove emergenze sociali (Fondazione Gualandi per i sordomuti, Istituto Francesco Cavazza per i ciechi, Istituzione Asili Infantili per l’istruzione di base ai più miseri ecc.).
Istituzioni che ci ricordano che la storia non è fatta solo di grandi eventi e che grazie ai loro preziosi archivi ci consentono di ricostruire la vita quotidiana di una comunità intera nel suo complesso.

Foto - Aula del “Cavazza” a inizio Novecento