Vigorso

di Alberto Borghi

La “fabbrica” del futuro al servizio dell’uomo.


Estate 2008, Pechino.
Dalla coltre di smog che assedia la megalopoli filtra la luce artificiale che fa risplendere lo stadio colmo di spettatori accaldati ed eccitati per uno degli eventi clou della XXIX Olimpiade: la gara dei 400 metri piani. Gli atleti si posizionano sulla linea di partenza, in attesa che lo starter dia il via libera all’adrenalina. Uno di loro spicca, pare riflettere la luce dei fari. Eppure non è un’impressione dettata dalla tensione del pre-gara. Davvero bagliori di luce promanano dalle sue gambe sotto forma di riflessi.
A meglio guardare, non sono gambe dalle sembianze umane, bensì proiezioni del futuro nel presente di tutti noi, spettatori inconsapevoli, incuriositi ed intimoriti. Sono due protesi, due lame pronte a tagliare il vento, ad aggredire la pista, a balzare in cerca della vittoria. Il brusio degli spettatori diviene clamore, ora tutti lo riconoscono: è lui, Oscar Pistorius, l’atleta bionico. Pare quasi un sogno, vedere un uomo che ha perso le gambe quando ancora era un neonato lottare per la medaglia d’oro contro “quelli normali”. Ed infatti è un sogno. L’atleta con le protesi non è stato ammesso dalla IAAF a competere con gli atleti normodotati e dovrà “accontentarsi” di partecipare alle Paralimpiadi. Eppure, Pistorius non è affatto un’eccezione, un miracolo della tecnica applicato al singolo sportivo famoso. Tutt’altro. Basta recarsi al Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio per comprendere che l’uso delle protesi anche assai complesse è di prassi per chiunque, vittima di una mutilazione d’arto, si presenti alla porta della struttura altamente specializzata nella campagna bolognese che ha sede in Villa Zanardi.
Già convalescenziario, la villa venne acquistata dall’INAIL nel 1943, divenendo quasi subito sede provvisoria del Centro Traumatologico Ortopedico di Bologna, trasferitosi in cerca di requie, lontano dai continui bombardamenti delle forze alleate sulla città. È nel 1961 che avviene la trasformazione in Centro di Rieducazione funzionale, con propria officina ortopedica, che troverà in Johannes Schmidl un nume tutelare (fino al 1992). Il Centro, sotto la sua guida, sviluppa il progetto delle protesi mioelettriche, coperte da brevetto (che verrà poi successivamente ceduto a titolo gratuito all’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Il Centro (dal 1984 acquisisce la denominazione, ancora attuale, di Centro per la sperimentazione ed applicazione di protesi e presidi ortopedici) impressiona il visitatore fin dal primo passo compiuto oltre la sua porta d’ingresso. Non solo perché le ampie vetrate consentono a chiunque di ammirare i tecnici al lavoro in una delle officine ortopediche, proprio adiacente alla reception, quasi a voler esaltare l’integrazione tra i diversi locali e l’interazione tra le diverse funzioni del centro. Ma anche per l’immagine (che verrà confermata nei fatti) di estrema professionalità e cortesia che traspare da ogni minimo dettaglio della struttura. Si ha la netta sensazione che negli operatori sia ben radicata la dedizione al servizio e la soddisfazione che da esso traggono.
Già elencando i responsabili del Centro presenti all’incontro con “Vedere Oltre” (Dr.ssa Simona Amadesi, Capo Settore Comunicazione e Marketing, Ing. Rinaldo Sacchetti, Direttore Tecnico, Prof. Tancredi Andrea Moscato, Primario Fisiatra, Dr.ssa Francesca Baldassarri, Psicologa, Dr.ssa Ilaria Giovannetti, Assistente Sociale) si può bene comprendere la specificità del Centro protesi INAIL: la multidisciplinarietà.
Il trattamento protesico-riabilitativo prende avvio con la prima visita cui l’infortunato si sottopone non appena ammesso nel Centro.

Ad essa partecipano, appunto, ben cinque figure di specialisti: tecnico ortopedico, medico, fisioterapista, psicologo ed assistente sociale, infermiere, un itamente all’Operatore Sanitario Assistenziale.In quel frangente, il medico redige la cartella clinica del paziente ed il piano di trattamento sanitario e riabilitativo; il tecnico ortopedico individua i presidi più idonei, costruendoli; il fisioterapista segue il paziente nella fase di addestramento all’uso della protesi; lo psicologo e l’assistente sociale lo assistono nella gestione delle inevitabili problematiche derivanti dalla mutilazione nonché nel reinserimento nella vita quotidiana; infine, l’infermiere assiste quotidianamente il paziente nel periodo di degenza nel Centro, svolgendo funzioni di particolare delicatezza (si pensi solo alla cura delle ferite e dell’igiene personale).
Il trattamento conosce vari momenti di verifica, sempre in equipe, fino al momento della dimissione del degente (ma anche successivamente, con sostituzione periodica della protesi). Dimissione che solitamente non avviene molti mesi dopo, bensì, in media, da 15 a 60 giorni dopo la sua accettazione. Se si considera che il Centro ha 90 posti letto (oltre al day hospital e numerosi ambulatori), la qualità ed efficacia del trattamento terapeutico rappresentano l’unica modalità per riuscire ad assistere con successo circa 14.000 pazienti ogni anno (di cui 10.500 con mutilazioni agli arti inferiori), non solo assicurati INAIL, bensì anche inviati dalle ASL, oltre ad una quota di stranieri. Il lavoro del Centro INAIL di Vigorso non si conclude con le dimissioni dell’assistito. La filosofia è pur sempre quella di consentire all’infortunato il reinserimento nella società, e quindi anche nel mondo del lavoro, garantendogli la più ampia autonomia possibile. Di conseguenza, il Centro si prende cura anche di pratiche burocratiche quali l’eliminazione delle barriere architettoniche (in ambienti civili e di lavoro), acquisizione della patente di guida speciale, adattamento dei veicoli alle esigenze di chi utilizza le protesi, riqualificazione professionale, ecc. E la dimensione dell’intervento assume un connotato di completezza se si considera che il Centro realizza anche protesi per la pratica di attività sportive, seguendo da vicino numerosi atleti impegnati nelle Paralimpiadi (che peraltro vennero inaugurate proprio nel 1960 a Roma, anche grazie al Centro di Vigorso) come nelle competizioni amatoriali.
La sfida quotidiana alla perdita di un arto (ma anche ai casi di malformazioni congenite e paraplegie) viene vinta, quindi, grazie all’approccio interdisciplinare ma anche alla ricerca scientifica, che, come si è detto, è sempre stata una prerogativa del Centro di Vigorso. Ricerca che si autofinanzia, ma che si avvale, oltre che delle risorse interne, anche delle collaborazioni con altri enti, pubblici e privati, ottenendo continui riscontri che si traducono in fondi provenienti da enti locali (ad esempio la Regione Emilia-Romagna) e sovranazionali (Unione Europea). E la partecipazione ad eventi fieristici di rilevanza mondiale come Expo Sanità (a Bologna, fine maggio) vede il Centro quale protagonista.
Quando il pilota bolognese di Formula 1 Alessandro Zanardi perse tutti e due le gambe in un terribile incidente in una gara del campionato Champ Car, tutti lo diedero per spacciato, condannato a vivere solo di ricordi. Invece, ancora oggi corre su monoposto a velocità impensabili per ognuno di noi. Dietro questo successo c’è certamente la fortissima determinazione di Zanardi, ma anche quella degli uomini di Vigorso, che rendono possibile ad ogni infortunato che accede al Centro INAIL di vincere la propria sfida alla menomazione per

Foto - Centro Protesi INAIL

Foto - Amputato negli arti superiori alla guida di un’auto con comandi speciali

Foto - Amputato negli arti inferiori alla guida di un’auto con comandi speciali

Foto - Atleta disabile

un ritorno alla normalità (e non tutti normalmente corrono a 300 all’ora negli autodromi o in 10’91’’ i 100 metri piani). Paradossalmente, è anche grazie al lavoro di ricerca del Centro di Vigorso che ora è possibile dichiarare che un atleta dotato di due protesi alla stregua di Pistorius risulti da queste avvantaggiato rispetto agli atleti normodotati, tanto performanti esse sono.
Tuttavia, non bisogna farsi ingannare: quanto affermato dalla IAAF è soltanto un’altra ingiustizia che tenta di imporre ai “diversi” di rimanere confinati in un recinto (nel caso di Pistorius, il “vantaggio” sul rettilineo è comunque inferiore ai deficit che si registrano in partenza ed in curva).
La vera gara contro la menomazione la si vince ogni giorno. Al di là della retorica, fuori dal raggio di azione dei riflettori. Dedicando se stessi e la propria professionalità a colmare i vuoti che, improvvisi, abbracciano i mutilati.
È la competizione che si svolge ogni giorno al Centro INAIL di Vigorso, dove tutti quelli che vi partecipano ottengono una medaglia che ha il colore di una protesi ed il bagliore della possibilità di essere nuovamente se stessi.