Raccontare l’arte

di Loretta Secchi

La funzione evocativa e colmativa della parola.


“Bisogna sempre scusarsi di parlare di pittura. Ma ci sono rilevanti ragioni per non tacerne. Tutte le arti vivono di parole” così scriveva Paul Valéry nel saggio del 1920 Scritti sull’arte, e da quell’affermazione deriviamo l’idea dell’uso della parola come equivalente estetico capace di tradurre in discorso un’opera d’arte. In fondo l’ekphrasis è descrizione del visibile in parole, come spiega Umberto Eco, in un suo recente saggio intitolato Dire quasi la stessa cosa. Da alcuni mesi L’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza ha inaugurato Radio Oltre, il cui palinsesto può essere consultato visitando il sito www.cavazza.it. La programmazione culturale delle trasmissioni radiofoniche comprenderà un ciclo di quindici lezioni di storia dell’arte, centrate sull’interpretazione iconografica e iconologica della pittura, descritta nei suoi valori di forma, stile e contenuto. Le opere sono state selezionate per notorietà e talvolta per collocazione nei Musei di Bologna, oltre che per la loro presenza, in traduzione tridimensionale, all’interno del Museo Tattile “Anteros”. I dipinti, introdotti storicamente e poi descritti attraverso la ricostruzione della loro genesi, significato e aderenza alla committenza, oltre che al contesto culturale d’appartenenza, saranno illustrati insieme alla poetica e biografia del loro autore. L’utilità di questa iniziativa dimora nella narrazione dei valori estetici di un’opera d’arte, reificata nella mente, a “occhi chiusi”. La funzione evocativa e colmativa della parola, in sostituzione della percezione visiva e tattile, è una possibilità di conoscenza intellettuale e immaginativa che non deve sottrarre al piacere e al valore cognitivo della percezione sensoriale, ottica e tattile: piuttosto, può evidenziare l’importanza del rapporto tra immagine e contenuto, forma e sostanza di un’opera d’arte intesa come riflesso dello spirito di un’epoca e di una cultura. Il processo immaginativo attraverso il quale ricostruiamo un dipinto, nella sua natura iconica, prevede che in ogni caso si faccia spazio, nella mente e nel sentimento, alla connessione dei saperi, alla relazione tra memoria sensoriale e rappresentazione mentale. L’esperienza estetica è data dall’incontro di emozione e ragione, da cui deriva una conquista intellettuale che nasce dalla disposizione del nostro animo nel momento in cui apprendiamo un contenuto e lo reinterpretiamo.

È questa, anche e non solo, la forza dell’immaginazione, che non è mai sterile congettura o fantasticheria autoreferenziale: al contrario, si nutre del contatto e della ricerca di comuni denominatori tra pensiero collettivo e individuale, supportata dall’esperienza. Essa annulla, dunque, ogni separazione tra soggetto e oggetto, e porta entrambi all’unicità della comprensione, vera opera, poiché tra pensiero e arte, tra spirito e materia, vi è un’autentica vicinanza. La convergenza delle forze prodotte dall’immaginazione avvalora la traduzione della rappresentazione visiva in racconto, e decreta la simbiosi tra visione intellettiva e percezione sensibile: ma è anche necessario acquisire una competenza metodologica atta a valutare l’utilità della teoria dell’arte e degli strumenti critici necessari per maturare l’autonomia di giudizio. La descrizione puntuale, ancorché tecnica, è narrazione della poetica di un artista, del sentimento delle forme dotate di valore estetico e per questo, nel raccontare le opere d’arte, è opportuno associare la storia al pensiero di un’epoca, attualizzandone il contenuto. In un affresco a soggetto cristologico di Giotto o nella narrazione delle mitografie neoplatoniche, per effetto del raccordo tra arte, letteratura, storia e filosofia, possiamo rintracciare le forme dell’essere, quindi le categorie attraverso le quali definiamo gioie, dolori, bellezza, bruttezza, tempeste dell’animo e quiete, sentimenti che le opere d’arte accolgono e che spesso i soggetti mitologici ci descrivono con grande sensibilità. Così, attraverso la conoscenza di alcune iconografie, possiamo scorgere qualcosa che ci appartiene nel dolore composto di una madre al cospetto della morte del figlio, nella delicatezza o severità di un ritratto, nella poesia di un paesaggio, nella bellezza incantevole di una dea o nella verità che si cela in un mito. Concentrarsi sulla forza evocativa e colmativa della parola non significa eludere il valore insostituibile della percezione sensibile del visivo, piuttosto riconoscere la funzione vicariante e complementare dei sensi. L’esperienza d’ascolto nella corrispondenza della parola con il visivo, insegna soprattutto la comprensione di ciò che, restando comunque invisibile, trova la migliore rappresentazione nell’uso della metafora, rispettando il codice di rappresentazione condiviso.

Foto - Libro che racconta una serie di opere in rilievo

Foto - Lettura tattile di un rilivevo in gesso